Giovedì 16 maggio 2013 • Post di Mariano Tomatis
Se la ciclotimia si manifesta in maniera più o meno bilanciata tra donne e uomini, le narrative che evoca in ciascun genere sono diverse ma accomunate da un grave senso di inadeguatezza.
Nel suo libro Il silenzio degli uomini Iaia Caputo denuncia la retorica che offre diritto di cittadinanza alla sola perfezione — una condizione anni luce dalla grigia mediocrità e profonda incompletezza in cui la ciclotimia periodicamente scaglia le sue vittime. Opponendosi alla ricerca febbrile di uno status senza macchia né paura, la scrittrice propone l'erezione di monumenti che celebrino il limite e la paura:
La retorica di uno sfolgorante coraggio maschile ha fatto tra gli uomini tante vittime quante ne ha causate tra le donne quella della maternità esente da ombre e priva di ambivalenze. E magari sarebbe ora di erigere, in una furia iconoclasta e liberatoria, un monumento alla Paura: quella patita da infinite generazioni di uomini senza che fosse loro consentito di riconoscerla, dunque di nominarla. [...] Se la violenza è paura raggelata, scagliata fuori di sé contro chi si teme quanto più si immagina di non conoscerlo, nemico, straniero, donna che sia, riconoscere la paura come legittima e possibile quanta violenza potrebbe evitare?(1)
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(1) Iaia Caputo, Il silenzio degli uomini, Feltrinelli, Milano 2012.
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