Venerdì 8 giugno 2012 • Post di Mariano Tomatis
Il 24 marzo 1973 i Pink Floyd pubblicarono The Dark Side of the Moon, uno degli album di maggior successo di tutti i tempi.
Il disco era il risultato di un perfetto equilibrio tra la sperimentazione musicale e la riflessione filosofica, centrate entrambe sulla metafora che dava titolo all’opera: il “lato oscuro della luna” come immagine del disturbo mentale - già cara a Ludovico Ariosto nel suo Orlando furioso (1532).
Per sonorità e versi, l’album si coniuga bene con l’attitudine ciclotimica - in particolare nelle vette e negli abissi dell’assolo di Clare Torry The Great Gig In The Sky, ma anche nella avvolgente Breathe (reprise):
Home, home again!
I like to be here when I can.
When I come home cold and tired
it’s good to warm my bones beside the fire.
Far away across the field
the tolling of the iron bell
calls the faithfull to their knees
to hear the softly spoken magic spells.
Il brevissimo pezzo musicale, variazione e ripresa di una traccia precedente, cerca invano una stabilità tra le tonalità maggiore e minore, descrivendo la calda e piacevole sensazione del ritorno tra le mura domestiche, mentre una campana lontana chiama a raccolta i fedeli.
Image by Gustave Doré in Lodovico Ariosto «Roland Furieux» Librairie Hachette, Paris (1879).
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