Giovedì 15 marzo 2012 • Post di Virginia Woolf
La bellezza del mondo, che dovrà così presto soccombere, ha due tagli, uno di gioia, l’altro d’angoscia, che ci dividono il cuore.(1)
Virginia Woolf, «A Room of One’s Own», 1929.
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(1) «The beauty of the world which is so soon to perish, has two edges, one of laughter, one of anguish, cutting the heart asunder.»
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Perché un blog sulla ciclotimia?
Giovedì 1 marzo 2012 • Post di Mariano Tomatis
Noi siamo le nostre storie. Quando raccontiamo agli altri chi siamo, comprimiamo anni di esperienze, ricordi, pensieri ed emozioni in narrative brevi e compatte.
Chi soffre di ciclotimia si sente parte di due storie parallele - l’una colorata ed entusiasmante, l’altra cupa e terribile. Incapace di prevedere i passaggi da una storia all’altra, e vivendo l’esperienza di un Io lacerato tra due mondi emotivi opposti, il ciclotimico ha difficoltà a raccontare di sé una storia unitaria.
La scoperta dell’esistenza di un disturbo dell’umore tanto misterioso e bizzarro è il primo passo verso la riappacificazione con se stessi e la costruzione di una narrativa più solida e coerente, in cui inquadrare il proprio quotidiano.
Individuare altri che vivono lo stesso problema consente di condividere le storie personali e arricchire creativamente la propria narrativa, sulla base dei diversi modi in cui le stesse dinamiche vengono affrontate. Tale arricchimento può essere reciproco, ma anche unidirezionale - nel caso i personaggi con cui si entra in contatto siano vissuti nel passato o magari siano il frutto della fantasia di un buon romanziere.
Letteratura e filosofia - ma anche cinema e televisione - sono un ricco serbatoio di stimoli utili per definire - ed estendere continuamente - un orizzonte di significati in cui collocare il proprio disturbo. Un blog può essere uno strumento efficace per collezionare e mettere in ordine pensieri, idee e risorse utili ad arricchire l’universo narrativo di chi affronta la ciclotimia.
L'ambizioso obiettivo è quello che Michael White definiva:
[...] la riscrittura della verità [percepita da chi soffre] per trasformarla in una realtà psichica più complessa e variegata, che possegga le qualità della coerenza, della completezza e della sensatezza.
Michael White, «La terapia come narrazione», Astrolabio, Roma 1992.
Image by Storm Thorgerson «On the Turning Away» (1987).
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