Perché un blog sulla ciclotimia?
Giovedì 1 marzo 2012 • Post di Mariano Tomatis
Noi siamo le nostre storie. Quando raccontiamo agli altri chi siamo, comprimiamo anni di esperienze, ricordi, pensieri ed emozioni in narrative brevi e compatte.
Chi soffre di ciclotimia si sente parte di due storie parallele - l’una colorata ed entusiasmante, l’altra cupa e terribile. Incapace di prevedere i passaggi da una storia all’altra, e vivendo l’esperienza di un Io lacerato tra due mondi emotivi opposti, il ciclotimico ha difficoltà a raccontare di sé una storia unitaria.
La scoperta dell’esistenza di un disturbo dell’umore tanto misterioso e bizzarro è il primo passo verso la riappacificazione con se stessi e la costruzione di una narrativa più solida e coerente, in cui inquadrare il proprio quotidiano.
Individuare altri che vivono lo stesso problema consente di condividere le storie personali e arricchire creativamente la propria narrativa, sulla base dei diversi modi in cui le stesse dinamiche vengono affrontate. Tale arricchimento può essere reciproco, ma anche unidirezionale - nel caso i personaggi con cui si entra in contatto siano vissuti nel passato o magari siano il frutto della fantasia di un buon romanziere.
Letteratura e filosofia - ma anche cinema e televisione - sono un ricco serbatoio di stimoli utili per definire - ed estendere continuamente - un orizzonte di significati in cui collocare il proprio disturbo. Un blog può essere uno strumento efficace per collezionare e mettere in ordine pensieri, idee e risorse utili ad arricchire l’universo narrativo di chi affronta la ciclotimia.
L'ambizioso obiettivo è quello che Michael White definiva:
[...] la riscrittura della verità [percepita da chi soffre] per trasformarla in una realtà psichica più complessa e variegata, che possegga le qualità della coerenza, della completezza e della sensatezza.
Michael White, «La terapia come narrazione», Astrolabio, Roma 1992.
Image by Storm Thorgerson «On the Turning Away» (1987).
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