Il matrimonio è un eroismo gentile
Venerdì 28 settembre 2012 • Post di Alain De Botton
Chi è ciclotimico raggiunge più facilmente la consapevolezza di un tratto tipicamente umano: l’essere il risultato di una miriade di “forze ormonali, sentimentali, contraddittorie che ci spingono in centinaia di direzioni spesso impazzite e inconcludenti.” In questo brano Alain De Botton suggerisce un atteggiamento più tollerante verso le proprie contraddizioni, sostenendo che “Per fare onore ad ognuna delle nostre emozioni dovremmo rinunciare a qualsiasi possibilità di condurre una vita coerente.” Il testo è tratto dal suo How to think more about sex (The School of Life, 2012).
La società sostiene che quando una persona sposata scopre che il proprio coniuge ha una relazione ha tutto il diritto di infuriarsi e di cacciarlo di casa, di fargli a pezzi gli abiti e massacrare la sua reputazione di fronte agli amici. Si ritiene che l’adulterio dia alla parte tradita ampie motivazioni per essere furibonda e sentirsi offesa, nonché abbondanti ragioni per chi tradisce di chiedere perdono in modi estremi per il proprio orribile comportamento.
Ma ancora una volta, non potremmo suggerire che, per quanto ferita possa sentirsi la parte tradita, il furore alla notizia dell’infedeltà dell’altro non è totalmente giustificato? Il fatto che il coniuge fedifrago abbia avuto la temerarietà di concepire, per non parlare di metterla in pratica, l’idea che potrebbe essere interessante infilare la mano sotto una gonna non familiare o in un paio di pantaloni non dovrebbe sorprendere così tanto dopo dieci o più anni di matrimonio. C’è davvero bisogno di scusarsi per un desiderio che difficilmente potrebbe essere più ordinario o comprensibile? Senza pregiudizi, vedere il matrimonio come la risposta perfetta a tutte le nostre aspettative in termini di amore, sesso e famiglia è ingenuo e fuorviante, così come lo è il credere che l’adulterio possa essere un antidoto efficace per le delusioni del matrimonio.
Ciò che è decisamente “sbagliato” nell’idea di adulterio, così come in una certa idea di matrimonio, è la sua idealizzazione. Per quanto possa sembrare a prima vista un comportamento cinico e senza speranza, l’adulterio suggerisce, in realtà, la convinzione che potremmo in qualche modo magicamente riaffrontare i limiti del nostro matrimonio grazie a un’avventura al di fuori di esso. Tuttavia è impossibile andare a letto con qualcuno fuori dal matrimonio senza rovinare tutto ciò a cui teniamo all’interno di esso - così come è impossibile rimanere fedele in un matrimonio senza perdersi alcuni tra i più grandi ed importanti piaceri dei sensi.
Non c’è una risposta alle tensioni nel matrimonio, se con “risposta” intendiamo un accordo in cui nessuno dei due perda qualcosa. Ciascuna delle tre cose che vogliamo in questa sfera - amore, sesso e famiglia - coinvolge e ferisce le altre in modi diabolici. Amare una persona può inibire la nostra capacità di fare sesso con lei. Avere un appuntamento con una persona che non amiamo ma che troviamo attraente può mettere a rischio il nostro rapporto con il coniuge che amiamo ma che non ci eccita più. Avere dei figli può compromettere sia l’amore che il sesso e, tuttavia, trascurare i figli per concentrarci sul nostro matrimonio o sui nostri piaceri sessuali può minacciare la salute e la stabilità mentale della nuova generazione. Periodicamente, la frustrazione fa sorgere l’impulso di cercare una soluzione utopica a questo pasticcio. Forse, pensiamo, un matrimonio aperto potrebbe funzionare. O una politica dei segreti. O una rinegoziazione del nostro contratto su base annuale. O più strutture di assistenza per i figli. Tutte queste strategie sono destinate a fallire, tuttavia, per il semplice motivo che la perdita è scritta nelle regole della situazione. Se abbiamo delle avventure, mettiamo a rischio l’amore del nostro coniuge e la salute psicologica dei nostri figli. Se non abbiamo delle avventure, facciamo la muffa e ci perdiamo le emozioni di nuovi rapporti.
Se manteniamo segreta una relazione, essa ci corroderà dentro e ci impedirà di ricevere l’amore di un altro. Se confessiamo la nostra infedeltà, il nostro partner sarà preso dal panico e non ci perdonerà mai le nostre avventure sessuali (anche se per noi non hanno avuto nessuna importanza). Se concentriamo tutte le nostre energie sui nostri figli, essi alla fine ci abbandoneranno per fare la loro vita lasciandoci soli e disperati. Ma se ignoriamo i nostri figli a favore dei nostri svaghi sentimentali, gli lasceremo delle cicatrici per tutta la vita e ci guadagneremo il loro eterno risentimento. Il matrimonio è come un lenzuolo che non si riesce mai a tendere: quando cerchiamo di metterne meglio o a perfezione un lato, riusciamo soltanto a sgualcire o mandare per aria gli altri.
Quale atteggiamento mentale più realistico dovremmo dunque assumere in un matrimonio? Di quale tipo di promesse abbiamo bisogno? Certamente, ci vorrebbe qualcosa di molto più cauto e rilassato dei soliti luoghi comuni, come: “Prometto di essere deluso da te e da te soltanto. Prometto di fare di te l’unico depositario dei miei rimpianti, invece di distribuirli ampiamente in molteplici avventure e in una vita sessuale da Don Giovanni. Ho preso in considerazione tutte le possibilità di infelicità ed è a te che ho deciso di legarmi”. È questo tipo di promesse generosamente pessimistiche e gentilmente non romantiche che le coppie dovrebbero farsi sull’altare. Dopo di che, un’avventura sarebbe solo il tradimento di un reciproco impegno ad essere delusi in un certo modo, non di una speranza irrealistica.
Quando l’idea di un matrimonio basato sull’amore prese piede nel XVIII secolo, andò a sostituire un più antico e prosaico fondamento del fidanzamento, secondo il quale le coppie si sposavano perché avevano raggiunto l’età adeguata, ritenevano di poter tollerare l’uno la vista dell’altro, erano decisi a non offendere reciprocamente i genitori dell’altro né i propri vicini, avevano dei beni da proteggere e desideravano creare una famiglia. La nuova filosofia borghese, invece, legittimò solo un motivo del matrimonio: il profondo amore. Questa condizione doveva comprendere una serie di sensazioni e di sentimenti vaghi quanto totemici, tra cui l’incapacità degli amanti di stare senza vedersi, l’eccitazione fisica alla sola vista dell’altro, l’esser certi di pensarla in modo perfettamente concorde, il desiderio di leggersi poesie l’un l’altro al chiaro di luna e l’ambizione a fondere le proprie anime in una sola. In altre parole, il matrimonio passò dall’essere un’istituzione ad essere la consacrazione di un sentimento, dall’essere un rito di passaggio sanzionato esteriormente all’essere una risposta a uno stato emotivo motivata interiormente.
A giustificare questo cambiamento agli occhi dei suoi difensori moderni, c’era la nuova grande paura della “inautenticità”, un fenomeno psicologico in cui i sentimenti intimi di una persona, lui o lei che fosse, differivano da quelli che il mondo esterno si aspettava. Ciò che la Vecchia scuola avrebbe rispettosamente chiamato “recitare la parte” veniva ora ridefinito come “mentire”, mentre “fingere per gentilezza” diventava un più melodrammatico “tradire se stessi”. Questa enfasi nel raggiungere una coerenza tra il sé interiore e il sé esteriore richiedeva delle nuove rigorose definizioni di ciò che un matrimonio come si deve doveva implicare. Provare solo un affetto intermittente per un coniuge, avere mediocri rapporti sessuali sei volte all’anno, rimanere insieme per il bene dei figli: questi compromessi erano considerati una rinuncia a qualsiasi pretesa di essere pienamente umani.
Quando diventiamo adulti, la maggior parte di noi ha un rispetto intuitivo nei confronti dell’idea di un matrimonio basato sull’amore. Tuttavia, invecchiando, cominciamo in genere a chiederci se tutta questa storia non sia altro che una fantasia sognata qualche centinaio di anni fa da un gruppo di autori e di poeti dallo spirito adolescenziale. Una simile rivalutazione può essere provocata dalla consapevolezza di quanto possano essere caotici e ingannevoli i nostri sentimenti. A volte siamo così arrabbiati con il nostro coniuge che ci auguriamo che lo investa una macchina; ma dieci minuti dopo, ci ricordiamo che preferiremmo morire piuttosto che restare soli. I difensori del matrimonio basato sul sentimento venerano le emozioni per la loro sincerità e la loro autenticità, ma riescono a farlo solo perché evitano di guardare troppo da vicino ciò che in realtà galleggia nella maggior parte dei caleidoscopi emotivi della gente in ogni dato momento: tutte le forze ormonali, sentimentali, contraddittorie che ci spingono in centinaia di direzioni spesso impazzite e inconcludenti. Per fare onore ad ognuna delle nostre emozioni dovremmo rinunciare a qualsiasi possibilità di condurre una vita coerente. Siamo un’espressione chimica caotica, con un disperato bisogno di aderire a dei principi fondamentali durante i nostri brevi momenti di razionalità. Dovremmo essere grati, e sentirci protetti, quando ci rendiamo conto che le circostanze esterne spesso non sono in linea con ciò che sentiamo; è segno che siamo probabilmente sulla strada giusta. In un matrimonio ben considerato, i coniugi non dovrebbero rimproverarsi per le infedeltà occasionali; dovrebbero invece esser fieri del fatto che, in generale, hanno cercato di rispettare l’impegno a rimanere uniti.
Troppa gente inizia una relazione mettendo l’enfasi morale nel posto sbagliato, deridendo in modo compiaciuto il desiderio di una scappatella come se fosse qualcosa di disgustoso e impensabile. In realtà, è la capacità di restare che è al tempo stesso ammirevole e degna di rispetto, benché sia troppo spesso data per scontata e considerata come una cosa normale. Che una coppia sia disposta a vedere scorrere la propria vita dall’interno della gabbia del matrimonio, senza mettere in atto gli impulsi sessuali esterni ad essa, è un miracolo della civiltà e della gentilezza del quale entrambi dovrebbero sentirsi grati ogni giorno. I coniugi che rimangono fedeli l’uno all’altro dovrebbero riconoscere il grado di sacrificio che stanno facendo per il loro amore e per i loro figli, e dovrebbero sentirsi fieri del loro eroismo. Non c’è niente di normale o di particolarmente piacevole nella rinuncia sessuale. La fedeltà merita di essere considerata una conquista e di essere continuamente lodata - con qualche medaglia ideale e il suono di un pubblico gong - piuttosto che ridotta a una norma banale la cui violazione con un’avventura provoca la furia del coniuge. Un matrimonio leale dovrebbe mantenere la consapevolezza dell’immenso autocontrollo e della generosità che le due parti si dimostrano reciprocamente nell’evitare di avere delle relazioni extraconiugali (e, su questo tema, nel trattenersi dall’uccidersi a vicenda). Se a un partner accadesse di fare un passo falso, l’altro potrebbe rinunciare al proprio furore abbandonandosi alla stupita meraviglia di quanto a lungo siano riusciti a mantenere la fedeltà e la calma contro ogni probabilità.
Tweet |