Portare il dolore con melodioso lamento
Venerdì 23 novembre 2012 • Post di Mariano Tomatis
Nell’estate 1904 Franz Xaver Kappus (1883-1966) stava attraversando un momento difficile. Mentre si trovava in viaggio in Svezia, il poeta austriaco Rainer Maria Rilke (1875-1926) consigliò a Kappus di non opporsi alla sofferenza, ma di accoglierla in modo consapevole:
Ami la sua solitudine, e porti il dolore che essa le procura con melodioso lamento. È importante essere solitari e attenti, quando si è tristi: perché l’istante in apparenza vuoto e fermo in cui il nostro futuro accede a noi, è tanto più vicino alla vita di quell’altro momento chiassoso e casuale in cui esso, come da fuori, sopravviene. Caro signor Kappus, non si deve spaventare se davanti a lei sorge una tristezza, grande quanto non ne ha mai vedute prima. Perché vuole escludere dalla sua vita una qualche irrequietezza, una qualche pena, una malinconia, se ignora cosa tali stati stiano operando in lei? Se qualcosa nei suoi stati d’animo le appare malato, rifletta che la malattia è il mezzo con cui un organismo caccia l’intruso; dunque bisogna solo aiutarlo a essere malato, a vivere tutta la malattia e a farla erompere, poiché questo è il suo progresso.(1)
Tutte le “Lettere a un giovane poeta” firmate da Rilke sono un invito a cercare nella poesia una fonte inesauribile di senso:
Se la sua giornata le sembra povera, non la accusi; accusi se stesso, si dica che non è abbastanza poeta da evocarne le ricchezze; poiché per chi crea non esiste povertà, né vi sono luoghi indifferenti o miseri. E se anche si trovasse in una prigione; le cui pareti non lasciassero trapelare ai suoi sensi i rumori del mondo, non le rimarrebbe forse la sua infanzia, quella ricchezza squisita, regale, quello scrigno di ricordi? Rivolga lì la sua attenzione. Cerchi di far emergere le sensazioni sommerse di quell’ampio passato; la sua personalità si rinsalderà, la sua solitudine si farà più ampia e diverrà una casa al crepuscolo, chiusa al lontano rumore degli altri. E se da questa introversione, da questo immergersi nel proprio mondo sorgono versi, allora non le verrà in mente di chiedere a qualcuno se siano buoni versi. Né tenterà di interessare le riviste a quei lavori: poiché in essi lei vedrà il suo caro e naturale possesso, una scheggia e un suono della sua vita.(2)
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(1) Lettera di Rainer Maria Rilke a Franz Xaver Kappus, Borgeby Gàrd Flädie (Svezia), 12.08.1904.
(2) Lettera di Rainer Maria Rilke a Franz Xaver Kappus, Parigi (Francia), 17.02.1903. I due testi mi sono stati segnalati da SL che ringrazio.
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