Giovedì 14 giugno 2012 • Post di Mariano Tomatis
Six Feet Under è una serie televisiva di grande successo andata in onda tra il 2001 e il 2005. Scritta da Alan Ball, già sceneggiatore del film premio Oscar American Beauty, è incentrata sulla morte (deve il titolo alla profondità a cui vengono sepolte le bare) e segue le vicende di una famiglia di impresari funebri. La serie prende l’avvio dalla morte di Nathaniel Fisher, raccontando tormenti e difficoltà dei suoi famigliari e dei rispettivi compagni senza rinunciare a notevoli dosi di humor nero e tematiche surreali.
Billy Chenowith, uno dei protagonisti, soffre di un severo disturbo bipolare, una patologia di cui la ciclotimia è una forma leggera. Data la notevole accuratezza con cui vengono tratteggiati i vari personaggi, le conseguenze del disturbo sulla vita di Billy e di chi gli sta vicino sono presentate con un buon livello di dettaglio e nella loro complessità - seppure con qualche cliché qui ben analizzato.
In Six Feet Under sono un motivo ricorrente i dialoghi immaginari tra i personaggi e i defunti. Come scrive il mio amico Lenny nella sua bella recensione:
I trapassati sono […] la coscienza di chi è rimasto, una voce disincantata, spesso feroce, quasi luciferina, con cui discorrere, litigare, confrontarsi, da cui sentirsi redarguire senza pietà. L’aldilà porta con sè uno stato di illuminazione che non è la pace interiore, ma solo fredda obiettività. In Six feet under non esistono Paradiso e Inferno, ma solo un mondo parallelo ed egualitario in cui finalmente si accetta ogni aspetto dell’esistenza umana, a dispetto dei tentennamenti dei vivi.
In uno dei dialoghi più disarmanti e intensi dell’intera serie(1), David Fisher immagina di incontrare il padre Nathaniel sul balcone di casa, mentre fuori piove. David è vivo ma tormentato, e il padre - defunto da tempo - cerca di scuoterlo riportandolo alla realtà.
Nathaniel: Ti sfugge la cosa importante.
David: La cosa importante è che niente è importante. Ho ragione?
Nathaniel: Non propinarmi stronzate finto-esistenziali. Da te mi aspetto il meglio. La cosa importante ce l’hai davanti al naso.
David: Mi dispiace ma non vedo proprio niente.
Nathaniel: Non sei riconoscente, allora.
David: Riconoscente? Per l’esperienza più atroce di tutta la mia vita?
Nathaniel: Ti aggrappi al dolore come se significasse qualcosa, come se valesse qualcosa. Non vale un cazzo. Liberatene. Ha milioni di possibilità e riesce solo a lamentarsi…
David: Va bene, che cosa devo fare?
Nathaniel: Tu che dici? Puoi fare quello che ti pare, somaro: sei ancora vivo! Che cos’è in confronto un po’ di dolore?
David: Non può essere così semplice.
Nathaniel: E se invece lo fosse?(2)
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(1) "La fine del mondo", Six feet under 4x12.
(2) Nathaniel: You’re missing the point. / David: There is not point, that’s the point. Isn’t it? / Nathaniel: Don’t give me this phoney existential bullshit. I expect better from you. The point is right in front of your face. / David: Well, I’m sorry but I don’t see it. / Nathaniel: You’re not even grateful are you? / David: Grateful? For the worst fucking experience of my life? / Nathaniel: You hang onto your pain like it means something, like it’s worth something. Well, let me tell you, it’s not worth shit. Let it go. Infinite possibilities and all he can do is whine. / David: What am I supposed to do? / Nathaniel: What you do think? You can do anything, you lucky bastard. You’re alive! What’s a little pain compared to that? / David: It can’t be so simple. / Nathaniel: What if it is?
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