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17 febbraio 2013

La macchina della verità

Una macchina della verità degli anni Sessanta perfettamente funzionante. Le incursioni domenicali nei mercatini delle pulci possono riservare sorprese.

Prodotto in Italia dalla Mattel, Lie Detector era un gioco in scatola a metà tra Indovina chi? e Cluedo. Prima di iniziare a giocare si estraeva a sorte, all’insaputa di tutti, un colpevole. La sua scheda perforata veniva inserita nella "macchina della verità" e le carte "testimonianza" distribuite tra tutti i partecipanti.

A sinistra, la scheda perforata corrispondente al regista. I quattro possibili orientamenti determinavano diversi colpevoli. A destra: immagine del regista.

Ciascuna carta testimonianza conteneva un’affermazione sul colpevole e presentava un foro.

Secondo la segretaria d’azienda, il colpevole era calvo. Secondo la modella, era grasso.

Le testimonianze potevano essere verificate con la macchina della verità, appoggiandole a una griglia composta da 25 fori e introducendo un punteruolo nell’unico foro lasciato libero sulla carta. Un ago si spostava a destra o sinistra a seconda che l’affermazione fosse vera o falsa:

La testimonianza della segretaria fa spostare l’ago verso sinistra: è VERO, il colpevole è calvo.
La testimonianza della modella fa spostare l’ago verso destra: è FALSO che il colpevole è grasso.

Scartando, uno dopo l’altro, i vari sospettati sulla base delle caratteristiche individuate grazie alla macchina, l’indagine si stringeva intorno al colpevole. Il primo giocatore a scoprirlo era proclamato vincitore.

Sulla scatola del gioco c’era scritto "Funziona senza bisogno di batterie", ma non potevo credere che - a mezzo secolo di distanza - i suoi ingranaggi di plastica funzionassero ancora a dovere. E invece, dopo aver introdotto l’ago nel foro della falsa testimonianza, sono stato sorpreso da un suono che svelava la bugia: l’ago si è spostato a destra, e il trillo della campanella di una bicicletta mi ha lasciato a bocca aperta.

L’ingegnoso meccanismo portava la firma di John W. Ryan, che l’aveva brevettato nel 1964.

W. Ryan et al., Toy Lie Detector, brevetto n. 3127176, 1962-1964 (patent).

Completamente meccanico, non richiedeva l’uso della corrente elettrica, basandosi esclusivamente sull’interazione di due schede perforate - quella del colpevole e quella della testimonianza.

Il punteruolo era sempre inserito nell’unico foro lasciato libero dalla testimonianza. Se nel suo percorso riusciva a raggiungere il fondo della macchina, attraversando un foro nella scheda del colpevole, l’ago si spostava a sinistra nel settore "vero". Se invece il punteruolo incontrava un ostacolo, l’ago si muoveva a destra, nel settore "falso" e si produceva il suono di una campanella.

Essenzialmente il dispositivo era un lettore di schede perforate con due possibili output: la deviazione a sinistra di un ago per segnalare la verità, la deviazione a destra e il trillo di una campanella per indicare la menzogna. Grazie a una fine progettazione, i suoi responsi erano corretti al 100%. L’interazione tra le due schede e il punteruolo produceva un risultato sempre coerente con le frasi e i nomi riportati sui cartoncini, proponendo una modalità di gioco più sofisticata rispetto ai due giochi cui si ispirava. Rispetto a Cluedo, la procedura di eliminazione successiva si basava sulle caratteristiche fisiche dei sospetti - come nelle vere indagini - e non su una mera esclusione sulla base delle carte via via mostrate. E a differenza di Indovina chi?, le risposte agli interrogatori provenivano dalla macchina, elemento estraneo ai giocatori, la cui "conoscenza" era registrata su una memoria di massa cartacea - la scheda perforata.

Questo post è stato pubblicato da Mariano Tomatis il 17 febbraio 2013

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