Davanti alla Basilica di Fonni c’erano due mendicanti. Il più giovane
prima di arrivare si era punto il petto sotto la mammella destra sfregandovi su il latte di un’erba velenosa per formarvi un gonfiore che esponeva alla folla come un tumore maligno. (1)
Il trucco aveva funzionato
e le monete cadevano, cadevano. [...] Le donne soprattutto erano generose, e un’ombra dolce velava i loro occhi ogni volta che il falso tumore del mendicante giovane appariva gonfio e scuro come un fico tra le pieghe della camicia slacciata. (2)
Tra le pagine di Canne al vento (1913) Grazia Deledda accompagna il protagonista Efix fino alle pendici del Gennargentu e ritrae la scena attraverso gli occhi di costui. Il quale, forse comprensibilmente,
provava rabbia per questo inganno. (3)
L’immagine, però, resta ambivalente. Empatizzando con la comunità dei mendicanti, l’autrice allestisce il piccolo teatro illusionistico con sapienza, insinuando una verità scomoda: forse l’autenticità della massa tumorale non va giudicata sul piano medico ma su quello dell’oppressione di classe; se la finta piaga è capace di restituire al giovane questuante una parte dei quattrini che la società gli ha sottratto (relegandolo ai margini) è il suo potere performativo a renderla autentica: seppure procurata “col trucco”, la ferita è il riflesso fedele di un cancro invisibile ma invasivo e debilitante come un vero tumore.
Il frammento mi riporta alla mente il bambino che, invitato dal maestro a parlare dei propri genitori, offre una versione edulcorata della propria condizione:
Figlio di un disoccupato alcolizzato, racconta un bel po’ di menzogne su suo padre, qualche compagno lo smaschera, e il maestro lo rimprovera di non aver detto il vero. (4)
Svelando la crudeltà nascosta dietro un certo tipo di debunking, Christian Raimo nota che
se noi disgiungiamo l’ethos dal logos – ossia se in quest’esempio non teniamo conto del nostro sentimento civile che ci fa apprezzare la non verità del bambino e considerare ingiusta la richiesta di verità da parte dell’insegnante – dimentichiamo un pezzo importante di verità. Facciamo come l’insegnante, ciechi rispetto alla verità completa della situazione: non vediamo l’affetto del padre nei confronti del bambino, non vediamo il bisogno del bambino di essere rispettato dai compagni, non vediamo l’umanità, non riconosciamo la condizione di finitezza che ci accomuna. (5)
L’idea di un falso capace di produrre effetti virtuosi agita da tempo la mia scrittura: la passione per i giochi di prestigio mi spinge a interrogarmi sui risvolti etici delle illusioni proposte fuori dal contesto teatrale, nell’ambito della vita quotidiana. Nel 2022 ho affidato alcune riflessioni su questi temi alle pagine di un saggio: Incantagioni (NERO 2022) rievoca le vite di sei veggenti dimenticate, sei donne che tra Sette- e Ottocento hanno impiegato gli strumenti dell’illusione per autodeterminarsi, trovare sostentamento e reclamare forme di potere altrimenti inaccessibili. Ciascuna di loro ha usato trucchi e sotterfugi per millantare doti soprannaturali, facendo leva sul carisma personale e manipolando le percezioni intorno a ciò che avveniva grazie (e intorno) a loro.
Quelli che individuo e racconto sono percorsi di emancipazione personale maturati al di fuori di movimenti organizzati o quadri teorici definiti: per trovare esperienze di questo tipo bisognerà guardare al Novecento. L’assenza di una regia e di una dimensione collettiva rende più arduo (ma non ci impedisce di) riconoscere, in quegli impulsi, pratiche proto-femministe il cui spirito è in profonda risonanza con le lotte che animano il presente; una per tutte: gli sforzi di Joséphine Mongruel per legittimare l’offerta di servizi medianici a pagamento (Le travail du médiumnité est un travail) anticipano di oltre un secolo le odierne rivendicazioni di alcune lavoratrici del sesso (Le travail du sexe est un travail).
Tra i testi più importanti che ho consultato durante il mio lavoro, Donne e fantastico (Mimesis 2020) di Giuliana Misserville mi ha aiutato a mettere a fuoco molte di queste dinamiche, mettendomi a disposizione strumenti raffinati con cui individuarle tra le pieghe delle cronache del tempo.
L’autrice, che si occupa di critica letteraria femminista (e anima il bellissimo podcast La mano sinistra), prende in esame il lavoro di sei scrittrici italiane come punto di partenza per indagare i temi del gotico, del fantasy e della fantascienza. Addentrandosi in uno scenario perfino più frammentato rispetto a quello illusionistico, che la costringe a chiedersi:
Che cosa lega assieme le scrittrici che hanno lavorato sui temi del fantastico a partire dal Frankenstein di Mary Shelley fino ai nostri giorni? (6)
Giuliana Misserville entra nei meccanismi delle storie, individua temi ricorrenti, prende in esame le strategie letterarie, illumina gli elementi caratterizzanti la scrittura di ciascuna autrice, li mette in relazione con il contesto sociale, culturale e politico, ricostruendo (e accompagnandoci attraverso) lunghe catene di rimandi, in cui si alternano la stretta sul dettaglio e il passo indietro per abbracciare una visione d’insieme. Alla ricerca della stessa trama sottile che ho indagato – nell’ambito dell’illusionismo – mentre scrivevo Incantagioni: quella cosa che chiama
una imponente (e forse inconsapevole [...]) tessitura work in progress. Tessitura che nel suo insieme ha contribuito a spostare sia l’immaginario sul ruolo e il posto delle donne nella nostra società [...] sia a modificare il significato di alterità attraverso una interrogazione continua sul perturbante. (7)
Essendo enorme il mio debito nei confronti delle analisi e dell’acutezza dello sguardo offerto da Giuliana Misserville nei suoi lavori, è facile immaginare quanto mi abbia lusingato il suo invito a una conversazione pubblica su Incantagioni e i relativi spin-off – da La veggente indecorosa di Lourdes (Eris 2022) a Il Museo dell’Oltretomba (2023).
Per chi vorrà partecipare, l’appuntamento è per le ore 17.30 di sabato 17 febbraio 2024 a Pisa, presso la libreria Tra le righe in via Corsica 8.
Annunciando su Facebook l’incontro Fantasmagoriche liberazioni (terzo di una serie di sei) la studiosa ha scritto:
Mariano Tomatis è magico! No, non perché si occupa di magia ma perché nella sua scrittura riesce a veicolare incanti sovrumani. Miscelandoli alla ricostruzione di tutto l’ambiente che girava attorno alle Veggenti: figure che lui estrae dalla smemoratezza della storia per riuscire a rendercele straordinariamente attuali.
Incantato di fronte alla prospettiva di confrontarci sul terreno del perturbante, ringrazio Giuliana per l’occasione offerta e per la profondità delle sue riflessioni: non vedo l’ora di incrociare le suggestioni della narrativa speculativa con quelle dell’illusionismo, concordando con l’idea che – quando è stato firmato da persone socializzate come donne – il fantastico (come la magia)
è stata un’immersione piena nel reale, per esplorarlo e scoprire qualcosa in più sulla natura del genere umano e mettere in luce significati nascosti e pensieri inespressi. (8)
1. Grazia Deledda, Canne al vento, 1913.
2. Ibidem.
3. Ibidem.
4. Franca D’Agostini, Introduzione alla verità, Bollati Boringhieri, 2011.
5. Christian Raimo, “Un antidoto al veleno della post-verità”, Internazionale (online), 21.1.2017.
6. Giuliana Misserville, Donne e fantastico. Narrativa oltre i generi, Mimesis 2020.
7. Ibidem.
8. Ibidem.
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