Padova 1723. La notte tra il 14 e il 15 febbraio una pattuglia sequestra alcune armi da fuoco a quattro studenti. La mattina seguente, insieme al vicesindaco, i ragazzi si recano al palazzo del capitano in piazza dei Signori: vogliono farsi restituire quanto sequestrato. In attesa di incontrarlo, si intrattengono nella caffetteria Ragazzoni. Nello stesso momento, a pochi metri di distanza, dall’osteria delle Tre Spade sta uscendo la pattuglia della sera prima. I due gruppi si riconoscono, scoppia un diverbio – ma le forze in campo sono impari: i ragazzi sono disarmati mentre i poliziotti hanno con sé lunghi fucili.

Gli sbirri, dopo avere con ogni sorta d’ingiurie sfidati ed aizzati gli studenti, irruppero furiosamente nella bottega del Ragazzoni, inseguendoli con fucilate anche nei piani superiori della casa, dove gli studenti si erano rifugiati. Quivi uccisero con una fucilata nella testa il vicesindaco Nonio, e ferirono mortalmente al braccio sinistro e al petto lo studente vicentino, conte Gio[vanni] Battista Cogolo, che la notte appresso morì. Due studenti, per scampare la morte, saltarono da un poggiuolo nella piazza [...] E tale fu la sete di sangue di quei ribaldi, che con una fucilata uccisero Giovanni Vedovato, figlio di Francesco, oste delle Tre Spade, il quale dal poggiuolo della sua casa gridava si sonasse a campana martello perché la gente accorresse in soccorso delle vittime. (1) 

Il caso passerebbe forse sotto silenzio se tra le vittime non ci fosse un conte: la famiglia vicentina Cogolo si assicura che i responsabili vengano arrestati e processati, invocando un “pronto, strepitoso ed esemplare rimedio”. Diciannove poliziotti finiscono dietro le sbarre.

Il clima in città è pesante: gli studenti disertano in massa le lezioni, minacciando di trasferirsi a Venezia; è un’azione politica efficace: l’Università è costretta a farsi portavoce delle istanze dei ragazzi presso il governo locale. Ottenendo l’appoggio popolare, un collettivo di studenti pretende la revoca del divieto di portare armi: i ragazzi vogliono potersi difendere dagli eccessi di violenza della polizia.

Nell’attesa che sia fatta giustizia, gli studenti impiegano l’arma della poesia per raccontare il sopruso. In città, il genere dei carmi in latino maccheronico era nato alla fine del XV secolo ed era spesso usato per attaccare qualche studente o professore dell’Università. Intitolata alla “strage degli innocenti del 15 febbraio 1723”, una lunga e sboccata poesia racconta gli eventi nel dettaglio, restituendo in modo vivido la sfilza di epiteti usati dai ragazzi per insultare la polizia (merdae buli diventerà bullshit):

Sbiri, merdae buli, de furcha batochii, sucidume soli, nati de stercore porci, de putanarum grandarum ventre cagati. (2) 

Il processo si chiude il 24 settembre 1723. Il tribunale assolve sette imputati ma vieta loro di rimettere piede a Padova. L’assassino del vicesindaco viene impiccato a Venezia tra le colonne di San Marco. Gli altri undici vengono incarcerati, scontando pene variabili che arrivano all’ergastolo.

Per sottolineare la severità e l’efficacia dell’intervento giudiziario, sulla caffetteria Ragazzoni viene fissata una lapide che tramanderà il fatto ai posteri:

Per il grave et atroce delitto commesso da diversi sbirri lì 15 febbr[ai]o 1722 (3)  contro alcuni Scolari nell’interno di questa abitazione, furono dall’Eccelso Consiglio di X a 24 settembre 1723 tutti li sbirri rei al numero di 12 a misura delle loro differenti rilevate colpe condannati rispettivamente al patibolo della forca, alla galera et all’oscuro carcere, a tempo et in vita con strettissime condizioni; il che resti a perpetua memoria e della pubblica Giustizia, e della Pubblica costante protezione verso la prediletta insigne Università dello Studio di Padova.

Nel 2018 l’iscrizione è ancora al suo posto, ma ricorda una Giustizia che arriva dall’alto. Più efficace nella sua ruvidezza, il carme popolare merita di essere recuperato, a riprova della possibilità di usare la scrittura come arte marziale.

Leggi Stragges Innocentium Anno Domini 1723
15 Februarij Paduae secuta
(1723)
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Per approfondire

• Il caso è ricostruito in dettaglio da Antonio Medin nell’articolo “Studenti e sbirri in Padova la sera del 15 febbraio 1723. Documenti e poesie contemporanee” in Atti e Memorie della R. Accademia di Scienze Lettere ed Arti in Padova, Anno 366, Vol. XXIII, Giovanni Battista Randi, Padova 1907, pp. 89-103. Scarica da qui l’articolo.

• Visita il luogo del delitto con Google StreetView; la caffetteria Ragazzoni è oggi un’oreficeria.

Scarica da qui il carme Stragges Innocentium Anno Domini 1723 15 Februarij Paduae secuta (1723).


Note

1. Antonio Medin, “Studenti e sbirri in Padova la sera del 15 febbraio 1723. Documenti e poesie contemporanee” in Atti e Memorie della R. Accademia di Scienze Lettere ed Arti in Padova, Anno 366, Vol. XXIII, Giovanni Battista Randi, Padova 1907 (link).

2. Stragges Innocentium Anno Domini 1723 15 Februarij Paduae secuta, vv. 131-3. Il carme è conservato nel volume 144 dell’archivio della famiglia Savonarola ed è interamente riprodotto in Medin 1907, pp. 118-23 (link).

3. Secondo il calendario veneziano, corrispondente al 1723.

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