«Mmh, secondo me è un freak!» L’idea di unire illusionismo e attivismo fa sollevare il sopracciglio a molti. La distanza tra i due mondi è motivo di scetticismo; quando racconto ciò di cui mi occupo, è normale che qualcuno sussurri al vicino: «Costui ha l’aria da pazzoide!» A sollevarmi è l’idea di non essere il primo (né l’unico) a incontrare questo tipo di resistenze.
Magia come arte marziale, nelle chine di Leo Ortolani.
Fonte: Leo Ortolani, “Il grande Magazzi e la camera delle sorprese”, Ratman n. 90, maggio 2012, tavola 78.
Ian Saville è un illusionista inglese che da anni lavora per conciliare magia e militanza politica; nel suo articolo “The Development of Socialist Magic” (1) egli racconta le difficoltà incontrate nel tentativo di convincere “un-certo-tipo-di-sinistra” che si tratta di un binomio potenzialmente fertile. Per descrivere tali ostacoli, Ian fa appello alla sua storia personale.
Egli sale per la prima volta sul palcoscenico presentando alcuni trucchi magici. Poi vuole affiancare alla carriera da mago quella da attore, ma qui incontra la prima dicotomia:
Capii quasi subito che il mondo della magia si trovava in un compartimento diverso rispetto al più “legittimo” mondo del teatro. La prosa e il teatro erano in gran parte considerate “cultura alta”, mentre la magia era ritenuta una roba da show business, legata all’intrattenimento popolare, un passatempo disimpegnato – e in quanto tale relegata alla “cultura bassa”.
Sentendosi di fronte a un bivio, Ian lascia la magia per il teatro, dove incontra Bertolt Brecht e si innamora della sua visione socialista del mondo. Studiando le opere del drammaturgo tedesco, Saville capisce che è possibile
conciliare lo studio della politica, in particolare delle politiche di sinistra, con lo studio del teatro e della teoria culturale. Addirittura mi sembrava che le idee politiche più sofisticate ed elaborate fossero state proposte proprio da persone con specifici interessi in ambito culturale, in particolare in quelle aree della cultura legate alle arti performative. Ma se si poteva studiare la politica attraverso il teatro, era molto meno concepibile lo studio della politica attraverso l’analisi dei giochi di prestigio.
C’è un ulteriore ostacolo. L’idea di portare la magia in ambito politico si scontra con un certo atteggiamento puritano di alcuni ambienti della sinistra radicale:
Non era in alcun modo un atteggiamento generalizzato, ma lo si riconosceva nelle assunzioni implicite sul ruolo dell’arte nei confronti della lotta politica. Più tardi avrei scoperto che tutto ciò aveva profonde radici nella storia del Socialismo, e aveva giocato un importante ruolo nello sviluppo delle culture di opposizione, per lo meno in Inghilterra. Quando, per esempio, studiai lo sviluppo del Workers’ Theatre Movement negli anni Venti e Trenta, scoprii che la sinistra rivoluzionaria aveva maturato un certo disprezzo verso le forme di teatro più popolari come il music hall.
Philip Poole, uno dei membri del Movimento, spiega bene quell’atteggiamento:
Ci si aspettava che fossi politicamente attivo sette giorni su sette. Ricordo che una volta vidi un membro del Partito che usciva da [...] un music hall ad Hackney; io fui assolutamente inorridito all’idea che un compagno si prendesse una serata per andare al music hall... era un crimine terribile!
Il teorico del Partito Comunista britannico Maurice Dobb considerava il music hall una forma di “oppio dei popoli”, nato per distrarre i lavoratori dalla loro storica missione di sradicare il Capitalismo. Dopo il music hall venne la TV, verso la quale una-certa-sinistra continua a mostrare un atteggiamento di snobistica distanza. Saville attribuisce parte di tale scetticismo al sospetto che la trivialità sia un elemento essenziale e costitutivo delle cosiddette “arti basse”; come mi confidò Filo Sottile, per anni la magia degli illusionisti le parve una disciplina sostanzialmente “irredimibile”. (2)
Un’altra delle ragioni che spiega la distanza tra il mondo degli illusionisti e la sinistra è l’immagine borghese – quando non espressamente aristocratica – incarnata dalla classica figura del prestigiatore: da Jean-Eugéne Robert-Houdin in avanti gli illusionisti fanno di tutto per associare il proprio nome ai ricchi e ai potenti. A metà Ottocento il Professor Anderson (“The Great Wizard of the North”) sottolineava con orgoglio di aver lavorato “al cospetto di tutte le monarchie europee”; le autobiografie dei maghi confermano la stessa tendenza, riportando storie di spettacoli avvenuti nelle corti e davanti ai personaggi più ricchi e influenti. Ancora oggi gli illusionisti usano, come materiale pubblicitario, le fotografie scattate con i VIP (“Persone Molto Importanti”).
Ian Saville evidenzia il paradosso al cuore stesso dell’illusionismo:
La magia si trova in una posizione anomala e contraddittoria. È una forma di arte bassa che si traveste, adottando lo stile della classe dominante. Un’arte performativa che tiene insieme la dimensione della truffa e quella della più alta rispettabilità.
I risvolti politici della magia sono un argomento quasi assente dalla letteratura illusionistica: l’impressione è che i prestigiatori siano convinti di praticare un’arte essenzialmente apolitica. Tale posizione fa tornare in mente la riflessione di Emmanuel Carrère, secondo cui
quando uno dice di essere apolitico [...] significa soltanto che è di destra.
Gli indizi che puntano in tale direzione sono molti. Uno dei circoli illusionistici più influenti al mondo è il Magic Circle di Londra. Nato nel 1905, è ancora oggi un’associazione altamente élitaria, ispirata ai gentlemen’s club per soli uomini. Solo dal 1991 ammette le donne tra i suoi membri, e la decisione fu presa per non escludere uno dei suoi soci più prestigiosi: Fay Presto, transgender che diventò donna proprio quell’anno. La magia rivela tratti esplicitamente conservatori nella rimozione assoluta delle questioni di genere: quasi sempre la donna sul palcoscenico è un puro e semplice oggetto da segare e torturare tra gli applausi, mero strumento per dimostrare il potere dell’illusionista maschio sulla vita e sulla morte. (3)
Il “discorso illusionistico” presenta caratteri esplicitamente conservatori da oltre un secolo. Nel 1856 Robert-Houdin si presta a sostenere con i suoi spettacoli una violenta repressione coloniale in Algeria: l’idea è di riaffermare la superiorità della scienza illuministica occidentale sull’oscurantismo dei riti magici africani.
Nel 1907 l’ipotetica figura di un mago di sinistra attirava le ironie di Leslie Lambert, illusionista del Magic Circle londinese, che in una lettera al Daily Express si chiedeva:
Che vita farà un illusionista sotto un regime socialista? Potrà ancora catturare indisturbato le monete a mezz’aria, o lo Stato gliele sottrarrà impunemente, per redistribuire ciò che avrà guadagnato con questo gigantesco latrocinio?
Rispondendo al collega, Nevil Maskelyne ne condivideva la preoccupazione:
Se e quando questo Paese diventerà un regime socialista, non ci saranno più ricchezze da far apparire. I ricchi dovranno farsi crescere le ali e volare via.
Maskelyne esprime la sua preoccupazione con un’efficace metafora:
Will Socialism ever be able to square the Magic Circle?
ovvero Riuscirà mai il Socialismo a “quadrare” il Magic Circle? dove il riferimento (intraducibile) è alla quadratura del cerchio – impresa notoriamente impossibile.
Durante il congresso mondiale del FISM (Fédération Internationale des Sociétés Magiques) 2015, un incontro ultra élitario (“esclusivo” in primis per il costo esorbitante) intitolato al profitto-a-qualunque-costo, la questione politica è letteralmente esplosa, segnando uno dei momenti più epici nella storia della magia contemporanea.
Il 10 luglio 2015 la violenta intrusione delle logiche televisive (e dunque economiche) in un evento del genere ha sollevato un generale malcontento, portato sul palcoscenico da uno dei concorrenti che si è rifiutato di esibirsi. Quando era il suo turno, l’indignato Juan Mayoral ha abbandonato la bacchetta magica per terra, fatto qualche passo verso il pubblico e spiegato:
Oggi non sono un mago. Oggi ho perso i miei poteri magici. Oggi sono triste, perché non posso presentarvi la mia ultima performance. Amo la magia e amo il FISM, ma non mi sento a mio agio in questo gigantesco show televisivo. La magia, per me, è molto più di uno spettacolo per la TV. Spero di rivedervi il giorno in cui la magia e il FISM torneranno alla dimensione teatrale.
Il discorso è stato accolto con una standing ovation di 15 minuti, e sui social network si è immediatamente diffuso il meme “Siamo tutti Juan Mayoral”.
L’insurrezione è stata violentemente sedata dal FISM per il tramite di Paul Daniels, superstar della televisione inglese, che dal palcoscenico ha invitato i ribelli a non ripresentarsi in occasione delle successive edizioni della manifestazione. Aggiungendo – a ulteriore sfregio – che chi si lamenta di aver pagato 900 euro per accedervi (4) non si è mai iscritto a un golf club, altrimenti riserverebbe l’aggettivo “costoso” a cifre ben più alte. Con una totale (e imbarazzante) mancanza di prospettiva di classe, Daniels ha chiuso il discorso (tra i fischi) accusando Mayoral e i suoi sostenitori di ingratitudine e ipocrisia, dicendo in sostanza: voi venite qui, imparate da noi delle cose e con queste cose ci guadagnate pure.
Ian Saville non si limita a sottolineare le difficoltà dell’impresa di coniugare magia e militanza ma offre alla riflessione anche alcune sue potenziali prospettive.
Annuncio di uno spettacolo di magia socialista di Ian Saville.
Un elemento interessante da coltivare è l’effetto sorpresa; nessuno è abituato ad associare il linguaggio politico alle performance magiche, quindi chi lo adopera sul palcoscenico può offrire un’esperienza memorabile:
Gran parte degli spettatori [...] rispondono positivamente a questo approccio. Sebbene il linguaggio dei dibattiti e delle discussioni interne della sinistra non sia utilizzato a largo raggio, il pubblico in genere lo riconosce e si accorge immediatamente di quanto suoni assurdo quando è collocato in un contesto originale. In altre occasioni il pubblico ha una tale familiarità con quel linguaggio che – a vederlo usato in un ambito così nuovo – prova un brivido di piacere quasi tangibile, prodotto dall’effetto sorpresa.
L’idea di Saville è di usare il puritanesimo contro la sinistra che ne è affetta, sfruttandone la leva per scatenare reazioni ancora più forti:
Chi è abituato ad affrontare le campagne politiche o le attività di partito con seriosa determinazione, può vivere come un’esperienza rinvigorente la possibilità di scherzare con quello stesso gergo che, normalmente, va preso tremendamente sul serio. Si tratta di quel tipico senso di liberazione che coglie chi scopre di poter ridere di se stesso.
L’illusionista inglese sottolinea in particolare le potenzialità divulgative dell’illusionismo: sfruttando doti da ventriloquo, sul palco egli interagisce con un ritratto parlante di Karl Marx e un pupazzo che rappresenta Bertolt Brecht.
La conversazione, attraverso espliciti tratti comici, tenta di rendere accessibili e pop tematiche di solito riservate a una ristretta cerchia di intellettuali.
La performance del “mago socialista” Ian Saville è gratis, come spiega questa banconota da 0 sterline.
Il mio incontro con la Wu Ming Foundation e il Movimento No TAV ha spalancato ulteriori prospettive, suggerendo la possibilità di concepire una “via italiana” alla militanza magica – una sorta di New Italian Epic che rilanci con forza l’obliquo binomio. Vista da tale ottica, la magia non è solo un “vettore efficace” di idee da diffondere ma un vero e proprio strumento di indagine: il dibattito culturale può trarre importanti ispirazioni assumendo il punto di vista dei prestigiatori, soprattutto per quanto riguarda gli (attualissimi) intrecci di politica e comunicazione manipolatoria, suggestioni ipnotiche e storytelling emancipatorio, usi e abusi del linguaggio. Basta notare che – nell’era della post verità – la “ricerca dell’effetto” di un discorso, al di là degli elementi intrinsechi di verità, è al centro delle riflessioni tanto dei populisti quanto dei prestigiatori.
Il fatto che Torino e Londra si trovino ai vertici del mistico “triangolo della magia nera” con San Francisco è solo una bubbola esoterica. È invece oggettivo il fatto che, lo scorso 3 giugno 2017, a Torino un attentato “immaginario” – al termine dell’incontro tra Juventus-Real Madrid – abbia prodotto effetti comparabili a quelli dell’attentato “reale” che nello stesso momento colpiva Londra. L’errore principale del paradigma securitario sta nel reagire limitandosi a reprimere il terrorismo nella sua dimensione “fisica”: perquisizioni con i metal detector, incarcerazioni e respingimenti alle frontiere perdono di vista il fondamentale ruolo dell’Immaginario. È muovendosi su quest’ultimo piano che la magia può offrire un importante contributo all’azione politica e al dibattito culturale contemporanei, facendo leva sulla sua vocazione all’impossibile e ispirando pratiche che, all’esclusività e all’élitarismo, oppongano un’idea di società basata inclusione, solidarietà e senso di comunità. (5)
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2. Oggi Filo, sul proprio profilo Twitter, usa come slogan la frase: “Meno di qualsiasi cosa i divertimenti abbisognano di giustificazioni”.
3. Si vedano, a questo proposito, le questioni sollevate nel mio documentario Donne a metà.
4. “Una delle più alte cifre mai richieste per partecipare a un congresso FISM”,11.7.2015.
5. Ho preso questi appunti in margine al Festival di letteratura sociale “Letteraria 2017” a Roma presso lo spazio di mutuo soccorso Communia, dopo una lunga conversazione con Wu Ming 1, Wolf Bukowski e Giuliano Granato.
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