L’Agenzia Internazionale per la Ricerca contro il Cancro (IARC) sorge a Lione a due isolati da un reperto formidabile: l’ultima tinozza usata da Franz Anton Mesmer per le sue cure magnetiche. La IARC ha ereditato l’impegno di Mesmer a curare i tumori, superandone però l’impianto magico: l’Agenzia promuove metodi di cura e di prevenzione che si basano su controlli scientifici tra i più rigorosi del mondo.
Qualche anno fa la IARC mi ha incaricato – nella mia veste di matematico – di coordinare la raccolta e l’analisi dei dati relativi a 33 milioni di cittadini europei. In qualità di consulente del Centro di Prevenzione Oncologica piemontese ho contribuito alla stesura di un ampio “Rapporto sullo Screening del Cancro nell’Unione Europea”, ora disponibile sul sito dell’Agenzia. Il 14 febbraio 2017 l’ANSA ha diffuso la notizia, citando il cuore del mio contributo scientifico all’iniziativa.
A causa del cancro muoiono ogni anno in Europa 1,3 milioni di persone, delle quali circa la metà possono essere evitate con maggiori azioni preventive dirette a fronteggiare e mitigare il rischio. A questo scopo sono stati 33 milioni i cittadini europei che, nell’ultimo anno in Europa, hanno avuto accesso a un test di screening per i tumori della mammella, della cervice uterina o del colon retto. Il rapporto sullo screening è stato coordinato dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro in collaborazione con la Cpo Piemonte della Città della Salute di Torino e con il Finnish Cancer Registry di Helsinki.
Gli esperti dello screening di Torino, in particolare, hanno sviluppato gli strumenti per la raccolta online dei dati, basata sulla somministrazione di questionari attraverso il sito web del Cpo e sulla compilazione di tavole Excel standardizzate. Alla base del lavoro l’analisi delle procedure che governano i tre screening e della loro variabilità internazionale, che ha portato alla creazione di tabelle, i cui numeri consentono il confronto delle performance di diversi Paesi e catturano e descrivono le specificità di ciascun Paese.
“Per arrivare a tale risultato – spiega Mariano Tomatis del Cpo, che ha gestito il sistema di data management – abbiamo mirato ad una struttura dati in grado di standardizzare il più possibile il calcolo dei principali indicatori di qualità, ma che fosse al contempo abbastanza elastica da consentirle di descrivere specifiche varianti, in modo da darne conto con un approccio che chiameremmo glocal, punto di incontro dei due approcci global e local”. (ANSA).
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