Alla fine del Settecento Giuseppe Pinetti conquista Parigi: l’illusionista italiano incanta i francesi con giochi di prestigio ogni volta più sorprendenti.

Tra il pubblico, non tutti applaudono: Henri Decremps è in teatro per studiare le retoriche di un ciarlatano di grande successo.

Uno degli esperimenti coinvolge un automa di legno: la bambola reagisce alle domande dei presenti, facendo cenni con il capo e rispondendo correttamente a ogni interrogativo. L’automa è seduto su un tavolo a contatto con il fondale del teatro.

Conoscendo il trucco, Decremps sa che la posizione non è casuale: una corda parte dalla testa della bambola, attraversa le gambe del tavolo, passa sotto il palco e va a finire dietro il fondale; qui è un compare del mago a tirarla quando è necessario, facendo sì che i movimenti siano coerenti con le domande.

Descrizione di un tavolo truccato con la corda che, attraverso le gambe, finisce dietro il fondale del teatro. Particolare dalla planche 16 in Edmé-Gilles Guyot, Nouvelles récreations physiques et mathématiques, Vol. 1, Gueffier, Parigi 1769.

Qualcuno lo fece notare, e [Pinetti] rispose di aver già presentato l’esperienza dell’automa presso nobili di Prussia, Germania, Polonia, Venezia e Napoli; in tali occasioni l’aveva appoggiato su una sedia o addirittura per terra, su richiesta degli spettatori. «Qui non posso presentarvi il gioco in quelle condizioni» proseguì Pinetti, «perché il meccanismo com’è montato oggi non lo consente. Però, se volete, posso schiodare il tavolo dal palco per mostrare che non c’è alcun filo che ne attraversa le gambe.» Finse un tentativo di sollevare il tavolo, senza riuscirci, e proseguì nella farsa per convincere i più scettici di avere davvero intenzione di alzarlo. (1) 

Pinetti non può alzare il tavolo: ciò svelerebbe il trucco. Per uscire dall’imbarazzo, propone di votare. «Ho intenzione di desistere da ulteriori sforzi: mi concedete di lasciare il tavolo dove si trova?»

Sapendo che la maggior parte degli spettatori è contraria, il mago ha riempito il teatro di complici incaricati di urlare «Sì! Sì!»

Allora tutta l’assemblea si trovò divisa in due fazioni opposte, una delle quali urlava e l’altra No; e in quella sorta di battaglia, che durò un buon quarto d’ora, i compari – molto più ostinati – ebbero la meglio sulle urla degli altri. Accettando di buon grado la loro concessione, [Pinetti] fece intendere di adeguarsi al volere collettivo per puro spirito di cortesia; il tavolo restò al suo posto con le corde nascoste, ma la disponibilità offerta dal mago di spostarlo fu sufficiente e passò per una prova incontestabile del fatto che non c’erano in gioco né fili né complici nascosti. (2) 


Note

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