Lo scorso 21 giugno 2016 il Sole e la Luna si sono dati un appuntamento speciale. Nel giorno più lungo dell’anno, la Luna si è mostrata in tutta la sua luminosità: la coincidenza tra plenilunio e solstizio d’estate non si verificava dal 1967 e si ripresenterà solo nel 2062. A voler celebrare l’evento, un poeta potrebbe scorgervi un incontro galante: i due corpi celesti si danno convegno in cielo nel momento di massimo splendore. La descrizione solleverebbe qualche perplessità solo se scritta in lingua tedesca: il Sole, infatti, avrebbe un trucco leggero e lineamenti muliebri, la Luna eleganti baffi e un grosso sigaro in bocca; perché die Sonne (“il Sole”) è una parola femminile e der Mond (“la Luna”) è maschile.
Citando il verso tedesco di Heinrich Hoffmann
die Sonne lud den Mond zum Essen (“il Sole invitò la Luna a cena”) (1)
Umberto Eco fa notare (2) quanto sia strana, per un lettore italiano, la corrispondente illustrazione:
Lo scambio tra maschio e femmina passa inosservato nella traduzione (se per Hoffmann è una donna a invitare un uomo a cena, in italiano i due generi sembrano capovolti) ma esplode letteralmente nell’immagine, che ritrae la Luna in abiti maschili e cilindro in mano, il Sole con labbra visibilmente femminili. Sarebbe forse da tradurre anche l’illustrazione, ridisegnandone i dettagli? E che dire del titolo del libro Besuch bei Frau Sonne – letteralmente “Visita alla Signora Sole”?
Inés la maga non poteva scegliere un’occasione più propizia per presentare il suo spettacolo di illusionismo: il 21 giugno 2016 l’artista spagnola ha messo in scena “Pinetti smascherato” a Roma nella cornice del Teatro di Villa Torlonia, un gioiello ottocentesco realizzato sul modello dei teatri all’italiana del Seicento.
Culmine di un’esperienza formativa svolta nell’alveo dell’Accademia di Spagna – il progetto Historia del Ilusionismo en Roma – La creación de un espectáculo (“Storia dell’illusionismo a Roma – La creazione di uno spettacolo”) – lo show ha intrecciato sapientemente intrattenimento, gusto per la Storia ed estetica settecentesca. Lo spettacolo è un sofisticato omaggio al più grande mago del XVIII secolo, l’italiano Giuseppe Pinetti; filologicamente accurata, la sorprendente performance è andata in scena proprio nel luogo che il mago di Orbetello avrebbe scelto per una propria esibizione: platea e palcoscenico del teatro sono circondati da ritratti di Apollo e delle Dodici Ore, da allegorie e maschere teatrali entro scomparti in stucco bianco e dorato.
Gli arredi di scena, rigorosamente in legno, favoriscono l’impressione di trovarsi in una macchina del tempo puntata sulla Parigi del 1784.
Tutti i giochi presentati (ma nel Settecento sarebbero stati chiamati “intrattenimenti fisici”) sono coerenti con il contesto del XVIII secolo, e le numerose incisioni d’epoca proiettate sul fondale contribuiscono rievocare l’atmosfera alle soglie della Rivoluzione Francese.
In un omaggio alle piazze toscane dove Pinetti ha visto nascere la propria passione per l’illusionismo, Inés apre con un numero che coinvolge delle banconote: esse si moltiplicano e spariscono di continuo, a evocare scambi truffaldini tra i banchi di un mercato; sullo sfondo, l’immagine di un ciarlatano di strada ricorda al pubblico le umili origini della magia dei prestigiatori.
Il classico numero della corda tagliata e ricomposta è l’occasione per introdurre il passaggio dell’illusionismo dai marciapiedi ai salotti: con i professeur de physique la magia entra in un circuito più borghese, dove gli appassionati accolgono “dimostratori di scienza dilettevole” nei propri improvvisati cabinet di fisica.
La magia stuzzica anche il senso dell’udito quando Inés carica e avvia un autentico automa settecentesco: il suono degli ingranaggi accompagna la maturazione di tre arance sui rami di un piccolo albero metallico; scelto e sbucciato un frutto a caso, esso contiene – perfettamente integra – una banconota bruciata un attimo prima; il numero di serie corretto dimostra che non è avvenuta alcuna sostituzione. Oggi quasi del tutto dimenticato, il numero della “palingenesi” (la rinascita dalle proprie ceneri) era un must degli spettacoli settecenteschi.
Mettendo in scena un numero descritto con splendide illustrazioni nel 1785 (3) , Inés si fa legare le dita dei pollici – ma mostra di sapersi muovere e di poter interagire con uno spettatore come se avesse le mani libere; Houdini deve ancora nascere quando Pinetti presenta il numero di escapologia di fronte ai regnanti di tutta Europa.
Omaggiando il titolo di “matematico” che il mago italiano si attribuiva in tutte le pubblicazioni, la maga spagnola dà prova di straordinario acume elaborando in pochi secondi un quadrato magico: la sequenza di numeri ottenuta rivela un crescendo di proprietà aritmetiche sorprendenti.
Inés sa che Pinetti è universalmente noto per un gioco di prestigio in particolare: egli era in grado di ritrovare una carta scelta da un mazzo colpendola con un proiettile esploso da una pistola.
Senza sottrarsi alla sfida creativa offerta da una (complessa) performance del genere, l’artista “risolve” la stranezza di un’arma in scena (in un’epoca in cui nessuno gira più con pugnale e fioretto) proponendo il gioco con la giusta dose di umorismo – ancorché in maniera letterale: è uno sparo violento quello che rimbomba in teatro, attraversa il mazzo lanciato in aria e colpisce la carta scelta un attimo prima, fissandola su un supporto a pochi metri di distanza. Ad aiutare Inés in scena è un assistente (una volta tanto) maschio, che svolge il proprio compito in maniera servizievole e discreta: Emanuele Franculli è un illusionista di Roma che, per una sera, ha rinunciato alla luce dei riflettori e si è prestato alla spiazzante inversione dei generi, operando sul palco e dietro le quinte perché ogni oggetto sia al suo posto quando la maga spagnola ne ha bisogno.
Riproponendo un episodio occorso nella Parigi del 1784, Inés “diventa” Pinetti e fa indossare una parrucca dell’epoca a uno spettatore, che dovrà interpretare la sua nemesi: Henri Decremps è l’odiato giurista che tentò in ogni modo di danneggiare la carriera dell’italiano, svelandone pubblicamente i trucchi.
Dopo aver messo in scena la liberazione di un anello da due fettucce di stoffa, l’illusionista fa leggere allo spettatore il capitolo del libro di Decremps che ne svela il segreto. Lo spettacolo diventa un classico tutorial per illusionisti e il pubblico è ammesso per un attimo dietro le quinte, dove al centro non c’è più la magia ma il tecnicismo che la rende possibile. Lo “smascheramento” che dà il titolo alla serata non è, però, in grado di spegnere l’incanto: nel bel monologo finale Inés sottolinea il primato della meraviglia sull’analisi razionale e fa notare che
cercando di uccidere la magia di Pinetti, Decremps finì per renderlo immortale.
Pur con la difficoltà di esibirsi in una lingua che non è la sua, nel corso di 80 minuti Inés propone al pubblico uno spettacolo divertente ed estremamente godibile, basato su un solido impianto narrativo e sorretto da un testo asciutto ed emotivamente coinvolgente. Giocando sull’aspetto a prima vista rassicurante della sua figura, l’illusionista condisce l’interazione con il pubblico con qualche battuta irriverente, spiazzando gli spettatori e allineandosi al carattere del mago italiano: Pinetti era universalmente noto per la capacità di passare con disinvoltura dall’ironia più tagliente al più raffinato savoir faire.
Nel suo show Inés coglie pienamente il potenziale simbolico di una donna che opera prodigi, capovolgendo la classica dinamica teatrale dell’uomo-mago che sfrutta il corpo femminile per affermare il possesso di doti sovrumane. Quando chiama sul palcoscenico un uomo, l’inversione che si presenta agli occhi del pubblico è perturbante come l’illustrazione dei versi di Hoffmann: con lei è un maschio a mostrare imbarazzo sotto i riflettori; è lui la vittima delle battute a sfondo velatamente sessuale che Inés gli rivolge, conquistando il favore del pubblico, giocando con i simboli e gli stereotipi di genere – e mostrando quella che Lorella Zanardo chiamava
una consapevolezza potente e granitica del gioco medesimo (4)
La magia di Inés non è quella di un’asessuata Mary Poppins: facendo tesoro del carisma e della presenza scenica che ne hanno decretato il successo televisivo nel proprio Paese, ma senza usare il corpo come mero strumento di seduzione, l’artista spagnola mette in crisi i colleghi illusionisti maschi sottraendo dallo show di magia ogni ostentazione di virilità e machismo. Depurata da tali ingredienti, la sua performance non si limita a un tour guidato in una vaga Meraviglia disneyana ma fa appello alle potenzialità più profonde dell’arte magica – sfidando i pregiudizi e titillando l’immaginario maschile e le sue insicurezze con una figura che ostacola qualunque interpretazione rassicurante.
Se fino a oggi ci siamo chiesti se una donna potesse presentare con successo uno spettacolo di illusionismo (5) , da domani dovremo seriamente interrogarci sui segreti che si nascondono dietro l’estro teatrale e creativo di Inés; nel percorso verso la parità di genere, per una volta siamo noi maschi a dover colmare il gap che ci separa dal suo enorme talento.
Biglietto dello spettacolo “Pinetti smascherato” di Inés Molina Fuentes.
- Leggi anche “Inés la maga e Giuseppe Pinetti: la magia del Settecento, oggi a Roma”
- Alla magia del Settecento Mariano Tomatis ha dedicato il libro Mesmer. Dall’età della Pietra all’età dell’Anima (2016)
Da sinistra: Diego Allegri, Luigi Boscia, Mariano Tomatis, Inés Molina Fuentes, Alain Iannone ed Emanuele Franculli.
1. Heinrich Hoffmann, Besuch bei Frau Sonne, Ruetten & Loening, Francoforte 1924.
2. Umberto Eco, Dire quasi la stessa cosa, Bompiani, Milano 2003, p. 323.
3. Henri Decremps, Supplément a “La magie blanche dévoilée”, Chez l’Auteur, Paris 1785, p. 24.
4. Lorella Zanardo, Il corpo delle donne, Feltrinelli, Milano 2010, p. 197.
5. Domanda retorica, ovviamente: la risposta è positiva, e gli esempi di valide artiste in Italia e nel mondo non mancano. Mi limito a segnalare Tina Lenert e le protagoniste del Laboratoire Marie Nozière andato in scena a Torino nel gennaio 2015.
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