Mercoledì 13 aprile 2016, dopo tredici anni, torno a recitare con la mia compagnia teatrale preferita. Coordinati dal compianto Remo Chiosso, per anni abbiamo presentato spettacoli interattivi nei formati della “cena con delitto” e del “weekend con il morto”. Fino al dicembre 2003 “Luna di miele sul Nilo” mi ha visto nei panni di un mentalista a bordo di una nave: mio era lo spettacolo che, sull’Excelsa, accoglieva i commensali sul ponte, nel corso di una crociera funestata da un duplice delitto.
Tornare a recitare con i compagni di allora – Stefania Rosso, Elena Astone, Davide Viano, Sebastiano Di Bella e Alessandro Vignale – non mi offre solo l’eccitante esperienza di un viaggio nel tempo: avendo approfondito in questi anni i retroscena teorici del mentalismo, è per me l’occasione di riflettere di nuovo in prima persona sull’intima natura degli “artisti della mente”; tanto più che il giorno dopo, sempre a Torino, si esibirà (davanti a un pubblico cento volte più grande) Francesco Tesei, il più noto di tutti.
Quando è sul palco, Tesei mette in scena letteralmente se stesso: il suo non è un nome d’arte e quando racconta di sé e del proprio passato, persona e personaggio sono una cosa sola; le doti che il pubblico applaude gli appartengono, perché Francesco non recita la parte di un mentalista: egli “è” un mentalista fuor di qualsiasi finzione teatrale.
La sera del 13 aprile, quando inizierà il nostro spettacolo interattivo, l’intera sala del ristorante entrerà in una dimensione di fantasia: attori e commensali fingeranno di trovarsi sul ponte di una nave, e il Po che si scorge dalle finestre diventerà tutto a un tratto, per un gioco di “volontaria sospensione dell’incredulità”, il fiume Nilo. Il mio intrattenimento serale sarà presentato come “lo spettacolo di Alberto Marietti”, nome coniato da Remo Chiosso e mai concordato con me. Entrando in scena, potrò recitare la parte del mentalista fino al momento in cui la prima spettatrice verrà coinvolta per un esperimento di lettura del pensiero; dal quel momento in poi, nessuna recita sarà più possibile: di lì in avanti il pubblico si troverà davanti a un mentalista puro e semplice; smetterò di recitare e per qualche minuto sarò me stesso al 100%, presentando una routine identica in tutto e per tutto a quella che offrivo al pubblico quando, nei primi anni Duemila, mi esibivo nei panni di “Mariano Tomatis, mentalista”.
È chiara a chiunque la differenza tra un barbiere di Siviglia e un attore che recita la parte del barbiere di Siviglia: per questo saremmo giustamente terrorizzati all’idea di farci operare da Hugh Laurie, seppur disposti ad applaudirlo quando recita nella parte del Dottor House. Ma sebbene Realtà e Rappresentazione siano quasi sempre ben distinte, il mentalista è una figura che fa eccezione – e a ciò deve gran parte del suo fascino. Sfumare il confine tra Verità e Simulazione: questa è la vocazione principale del mentalismo, e un “artista della mente” ha tanto più talento quando è più in grado di offuscare ciò che svela qualunque scollatura tra persona e personaggio.
Eppure quel “nuovo nome” non mi starà troppo stretto. Recitare dietro lo pseudonimo di Alberto Marietti, nel finto contesto di una crociera sul Nilo, mi offrirà quella distanza ironica di cui ho bisogno per millantare doti superiori: oggi manipolerei con sincero disagio quel potere che molti spettatori mi concedevano quando “dimostravo” – usando il mio nome e cognome – la possibilità di entrare nell’incoscio altrui e influenzarlo.
Stefania Giuliani, Mariano Tomatis e Federica Pitzalis in “Luna di miele sul Nilo”, luglio 2003.
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