Quella di Monica R. Bedana è la recensione che, a oggi, coglie più a fondo lo spirito del mio La magia dei libri (Editrice Bibliografica 2015) - sottolineando l’idea chiave che “Rivoluzione è anche condivisione” e accostando le mie pagine a quelle di un ben più celebre volumetto: “Un libretto rosso (verde pallido, in realtà) che non ha scritto Mao ma che porta alla stessa rivoluzione, spiegando come la magia ne sia la palestra.”
Se i maghi non vengono da città magiche, che maghi sono? E quindi Mariano Tomatis, storico della magia, illusionista e autore de La magia dei libri (pubblicato da Editrice Bibliografica) non può che vivere a Torino, la città dei misteri e dei prodigi, dei Templari con la Sindone e il Graal, di Nostradamus che vi soggiornò, dei numeri e dei trentaré punti magici sul territorio di Augusta Taurinorum, di Gustavo Rol (sulla cui figura ha scritto un libro onesto), delle magie del Musiné, del Pirchiriano e della Sacra di San Michele, degli UFO e degli extraterrestri. Come dire, un talento nutrito da un ambiente ideale.
Cercare di dire chi e cosa sia Mariano è inscindibile dalla conoscenza della sua opera di wonder injector; sarà il lettore, stravolto dalle scoperte rivoluzionarie che i suoi libri e i suoi spettacoli contengono, ad allargare da sé l’orizzonte provinciale e stereotipato con cui abbiamo guardato finora all’esercizio dell’illusionismo. Spetta a noi capire che lo sfondo di quest’arte non sono più i conigli che escono dai cilindri, le donne tagliate in due dentro le scatole, le statue della libertà che scompaiono; Tomatis ci indica che acquisire consapevolezza della dimensione sociale della magia equivale a pensare la realtà in un altro modo, ad illuminarne i frammenti in ombra proprio grazie al trucco svelato ma non privato della meraviglia. E dopo aver guardato in faccia il reale attraverso il velo squarciato non si può che rifiutare lo status quo e capovolgerlo. La magia, oggi, è una nuova presa della Bastiglia, sono le tende degli Indignados alla Puerta del Sol; il modo in cui ciò avviene lo si può capire, e impossessarsene senza segreti, sulle pubbliche piazze, come è successo nelle manifestazioni organizzate dall’autore a Torino, Carpi, Mantova. Significativa poi la stretta collaborazione di Mariano con il collettivo Wu Ming, iniziata con l’uscita del loro libro L’armata dei sonnambuli, che di mentalismo, ipnosi e suggestione contiene molto.
La magia dei libri è un volumetto leggero e denso, didattico ma partecipativo, coinvolge il lettore in ogni attività di chi manomette le pagine per estrarne stupore. Un libro soprattutto generoso, perché Mariano lo correda di una serie preziosissima di note e rimandi a molto materiale disponibile in rete su cui documentarsi e praticare, con filo diretto alla “Biblioteca Magica del Popolo”, una raccolta di centinaia di libri di illusionismo curata da Tomatis e di libero accesso attraverso la pagina web personale dell’autore. Rivoluzione è anche condivisione.
Ne La magia dei libri scopriamo che pirateggiare un libro non è cosa che abbiano inventato i book hackers moderni: nel Cinquecento e nel Seicento ci avevano già pensato in tanti, mentre nei secoli successivi i flick books incontreranno nuove fonti d’ispirazione nel teatro e nel cinema, per ricreare su carta tutta l’illusione del movimento. Le cose che si possono fare con un libro di questo tipo non hanno quasi nulla in comune con la lettura: le piroette, gli svuotamenti, i siparietti, i tagli a pettine, gli angoli smussati, le stampe a dorso, le linguette estraibili... I risultati di questa non-lettura, a cui il lettore-spettatore partecipa attivamente soffiando tra le pagine, tirando e combinando pezzi di carta, lanciando dadi, ricostruendo, formulando ai libri domande cosmiche che otterranno sempre risposta certa, toccano in pieno le questioni più sensibili dell’attività umana. Dai flick book come quello che nel Seicento il picaro Simplicio portava per le piazze germaniche, si potevano estrarre minestre di fagioli e bambini in carne e ossa subito disposti a mangiarle; era l’illusionismo come rivendicazione del pane, un libro da guardare che, se si vuole, diventa strumento politico.
Con i flap books al lettore-spettatore bastava sollevare una linguetta per entrare nella storia, far progredire un’azione; sono libri vivi come il teatro, dove si stava scavando nella profondità, nella prospettiva, per combattere la piattezza (impossibile non pensare al Teatro Olimpico di Vicenza come a un flap book palladiano), libri provvisti di siparietti dietro i quali avvenivano velocissimi cambi d’abito.
È Dürer a inaugurare la stagione dei pop books che oggi incantano i bambini – e non solo. Seguono la stessa scia gli atlanti di Mercator o dell’Astronomicum Caesareum di Apiano, quelle cartografie con elementi mobili ed esterni al libro stesso che tante volte ho toccato, spostato su altri cieli e altri mari, da adultissima, nella biblioteca antica dell’università di Salamanca, senza sapere che si trattasse di un libro hackerato. Era così anche il grande atlante anatomico di Vesalio, i pop books della storia della medicina sono spettacolari, parti del corpo umano, un occhio, un cuore, un orecchio, che balzano fuori dalla carta.
E poi i fortune books, i libri di sorte, ai quali si pongono domande spinose sul senso dell’esistenza (ma anche sul sesso del figlio in arrivo, o sull’esito di una lite con un parente, o sul destino del solito amore) e con una serie di rimandi dopo aver aperto il libro a caso, producono risposte strabilianti. Sono libri che vanno letti un po’ come Rayuela, il gioco del mondo di Cortázar, senza seguire la trama lineare ma lanciandosi in percorsi alternativi, sterrati, frondosi, tortuosi. Solo che i libri di sorte, al contrario di ciò che Cortázar sosteneva dei libri in generale, necessari a spingere l’uomo a farsi domande, servono invece a dare risposte. Tomatis suggerisce un modo per reiventare i fortune books oggi, col lettore consapevole del meccanismo che si cela dietro le risposte, ma pronto a lasciarsi prendere dai pensieri scomodi annunciati dagli oracoli, a smarrirsi su sentieri ignoti. E se ogni sabotaggio di un libro celebra la disobbedienza, non può essere un caso che due dei migliori pirati di libri tra la fine del Cinquecento e il Seicento fossero veneziani: Horatio Galasso e Andrea Giusti, cittadini di quella Serenissima che snobbava il Papa e faceva affari col moro, l’esotico, l’oriente, il diverso. L’unico neo, tra tante scoperte, il fatto che sia tutta inglese la terminologia attuale per definire queste meraviglie dell’ingegneria libresca, quando invece mi viene in mente che potrebbe valere benissimo il latino.
Last but not least, il ruolo della donna nella magia e nei libri manomessi. La donna, oggetto tout court e oggetto di manipolazione anche in questo campo e nessuno prima di Mariano Tomatis ci aveva indotti a pensarlo. Uno dei numeri più classici dell’illusionismo, la valletta obbediente del mago, segata a metà nella cassa, cos’altro è se non machismo e violenza? I flap books dell’Ottocento, che celebravano la morale borghese opponendo le storie di brave bambine modeste e studiose a quelle di ragazzine intente a imbellettarsi davanti a uno specchio, erano anche costruiti come potenti metodi di denuncia dell’ipocrisia. Oggi, sempre troppo spesso, perfino i libri perdono il potere di denunciare e spingono invece a tavoletta sull’ipocrisia (come non ricordare la recente campagna pubblicitaria di De Agostini, il perizoma di pizzo sul sacco da boxe, “da come tenersi in forma a come tenersi un marito”). I maghi (anche del marketing) sono temuti, mentre le streghe finiscono sempre sul rogo. Basti pensare che il primo fortune book scritto da una donna, Le risposte di Leonora Bianca, nel 1565, quando i libri di sorte erano già stati messi all’indice, venne pubblicato per una falla del sistema editoriale: sfuggì ai censori perché all’epoca i libri delle donne, considerate autori poco autorevoli, venivano anche meno controllati. L’unico caso nella storia in cui la discriminazione ha favorito la diffusione della cultura, del pensiero sovversivo.
La magia dei libri è un libro magico in sé perché contiene, nel suo minuscolo di quasi opuscolo, centinaia di altri libri. È un libro che spiega in qualche modo il trucco senza portarci via la meraviglia (e questo è quasi un miracolo). È un libretto rosso (verde pallido, in realtà) che non ha scritto Mao ma che porta alla stessa rivoluzione, spiegando come la magia ne sia la palestra. E se davvero crediamo, come Flaiano, che «il libro è l’unico oggetto inanimato che possa avere dei sogni», La magia dei libri di Mariano Tomatis ci spinge a farli nostri.
Leggi la recensione sul blog “Sul romanzo”
Un piccolo, grande, magico libro rivoluzionario(in ogni senso) di @marianotomatis :ne ho scritto per @sulromanzo http://t.co/AQbruV4wJa
– Monica R. Bedana (@MonicaRBedana) July 6, 2015
• Scopri il blog di Monica R. Bedana
Tutti i post sono distribuiti con Licenza Creative Commons BY-NC-SA 4.0