La notte del 14 aprile scoppia una rissa a bordo di un barcone di migranti. Dodici persone finiscono tra le onde, morendo annegate: sono di nazionalità nigeriana e ghanese. Sui giornali, la storia funziona meglio abolendo le sfumature: l’ideale è uno schema semplice, che contrappone buoni e cattivi. Ecco, dunque, le parti in campo: assassini musulmani da un lato, vittime cristiane dall’altro.
Chi ha buona memoria riconosce nella vicenda un tòpos: uno degli enigmi matematici proposti da Luca Pacioli (1445-1517) nel 1478 nel codice Vaticano Latino 3129 coinvolge un barcone e trentadue passeggeri – due cristiani e trenta ebrei – tra cui si organizza un’estrazione a sorte di coloro che dovranno sacrificarsi per salvare l’imbarcazione. Il problema fa parte di una più ampia categoria di indovinelli in cui vengono eliminati via via oggetti o persone disposti in circonferenza, il più antico dei quali fu enunciato da Giuseppe Flavio (37-100) nel De bello Judaico. Il principio matematico sullo sfondo è stato ampiamente sfruttato dagli illusionisti: in una variante, io l’ho utilizzato venerdì scorso in chiusura del mio Laboratorio magico «L’oracolo di Napoleone».
Scrivendo nel Quattrocento, il francescano non si sforza di celare il suo antisemitismo, mettendo in scena due cristiani che – grazie alla matematica – riescono ad avere la meglio sugli altri membri dell’equipaggio. Il cristiano che elabora la strategia finge di essere “teso al bene comune“, ma in segreto mira al proprio tornaconto e a quello dell’unico altro individuo che condivide la sua religione:
C’è una nave su cui viaggiavano dei mercanti: di questi 30 erano ebrei e 2 erano cristiani. Mentre navigavano sopraggiunse una tempesta, perciò, affinché non morissero tutti, occorreva alleggerire la nave di qualche passeggero. Benché vi fossero degli ebrei, anch’essi avevano timor di Dio e non volevano far violenza a qualcuno gettandolo in mare per forza; i poveri mercanti cristiani, dal canto loro, vedendosi in minoranza temevano di essere sopraffatti, ma, come è detto, non accadde. Prese invece la parola uno degli ebrei e disse alla compagnia che sarebbe stato meglio morissero solo alcuni anziché tutti, e che avrebbero dovuto tirare a sorte per decidere chi buttare a mare per primo. Così mentre pensavano in che modo sorteggiare, si fece avanti uno dei mercanti cristiani, buon matematico, che disse, come teso al bene comune: «Mettiamoci in cerchio e, partendo da uno di noi, contiamo ripetutamente fino a 9. Quelli cui toccherà il 9 verranno buttati in acqua.» Tutti di dissero d’accordo. Subito i due cristiani, essendo della medesima fede, si tennero vicini: quello che aveva parlato cominciò a contare, e contò in modo tale che il 9 toccò sempre agli ebrei e mai a loro due; così i 30 ebrei furono gettati tutti in acqua e restarono sulla nave solo i due cristiani. Da dove cominciarono a contare e in che modo procedettero perché il 9 non toccasse mai a loro? (1)
In cinquecento anni siamo passati da cinici calcolatori a vittime: a non cambiare mai è l’infame frame dello scontro di civiltà.
1. Trascritto in Dario Bressanini e Silvia Toniato, I giochi matematici di fra’ Luca Pacioli, Dedalo, Genova 2011, pp. 68 e segg. Il problema successivo propone un barcone più bilanciato tra ebrei e cristiani: «Accadde ancora che, sempre su una nave, si trovarono insieme 15 mercanti ebrei e 15 mercanti cristiani, e ancora, sopraggiunta una tempesta, si misero d’accordo per il sorteggio: si sarebbero contati ripetutamente da uno a nove e a chi fosse toccato il nove sarebbe finito in mare. Anche loro si disposero in cerchio meglio che poterono e alla fine erano ordinati questo modo: per cominciare c’erano 4 cristiani, poi 5 ebrei, 2 cristiani, 1 ebreo, 3 cristiani, 1 ebreo, 1 cristiano, 2 ebrei, 2 cristiani, 3 ebrei, 1 cristiano, 2 ebrei, 2 cristiani, 1 ebreo, e così furono tutti in cerchio. Si cominciò a contare da uno dei mercanti cristiani in modo che il nove toccò sempre agli ebrei e a nessun cristiano, sicché i mercanti ebrei, che erano 15, furono gettati tutti in acqua e rimasero solo i cristiani. Da chi si cominciò a contare?»
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