La sera del 3 marzo 2015 Striscia la notizia ha rivelato – in anticipo di due giorni – il vincitore di Masterchef. Per non farsi rovinare la sopresa, molti fan del talent show hanno evitato di guardare il TG satirico e, nei due giorni successivi, si sono tenuti lontani da giornali e social network: troppo alto il rischio di imbattersi nel nome del primo classificato. Quando migliaia di persone optano per una resistenza attiva di questo tipo siamo di fronte a un fenomeno interessante da esplorare.
Avendo Google sul telefonino, possiamo accedere a qualunque informazione a tutte le ore del giorno. Pete Holmes ha ironizzato su tale potenzialità spiegando che avere sempre a disposizione il popolare motore di ricerca ci fa credere di sapere tutto, ma invece di renderci più intelligenti, ci ha tolto qualcosa:
Avere Google sul telefono è come avere un saputello ubriaco in tasca. Non c’è spazio per la curiosità e per il mistero! Appena ti viene in mente una domanda («Come si fa il vetro?») lui inizia a urlarti la risposta. E ora tu sai. Ma il tempo che separa l’istante in cui non sappiamo e quello in cui sappiamo è così breve che la sensazione di conoscere è indistinguibile da quella di non conoscere. Quindi la vita non ha più senso!
Due secoli fa il poeta John Keats era stato ancora più radicale, scrivendo che – per essere pienamente autentico – l’uomo deve sviluppare la «capacità negativa»: l’abilità di «rimanere nell’incertezza, nel mistero, nel dubbio, senza l’impazienza di correr dietro ai fatti e alla ragione». Esortando a un simile atteggiamento, lo scrittore inglese non incoraggiava l’ignoranza, ma esaltava i risvolti creativi del mistero: resistere alla tentazione di trovare la scatola giusta e di approdare subito a una risposta, consente di esplorare con più attenzione l’immensa rosa di soluzioni possibili, probabili, assurde o inconcepibili, che possono rivelarsi mattoni preziosi per creare qualcosa di nuovo e originale.
La resistenza degli spettatori di Masterchef ha un interessante precedente. Il 2 febbraio 2010 andò in onda la prima puntata dell’ultima stagione di una delle serie più intricate e misteriose di tutti i tempi. Nata da un’idea di J.J. Abrams e scritta da Damon Lindelof e Carlton Cuse, Lost esplorava le vicissitudini di un gruppo di sopravvissuti a un disastro aereo su un’isola sperduta nel Pacifico. Gli enigmi proposti e le questioni filosofiche e metafisiche aperte nel corso delle prime cinque stagioni stimolarono infinite discussioni e analisi – soprattutto su Internet – creando una gigantesca aspettativa nei confronti della sesta e ultima serie. Molti si aspettavano che la stagione finale avrebbe fornito una spiegazione a tutti i misteri sollevati.
La puntata fu proiettata in anteprima a Oahu, nei pressi del set hawaiano dove si era svolta la maggior parte delle riprese. Uno degli spettatori la riprese di nascosto con un telefonino, caricandola subito dopo su YouTube. Con ventiquattro ore di anticipo rispetto alla messa in onda televisiva, il mondo intero avrebbe potuto conoscere come si apriva l’attesissima sesta stagione di Lost.
Contro ogni previsione, la maggior parte dei fan vinse la tentazione di vedere la puntata su Internet, dando vita a una gigantesca e sorprendente dimostrazione di «capacità negativa» collettiva.
Resistere alla scorciatoia offerta dal Web, seppure per un solo giorno, era uno sforzo ripagato dall’emozione di sincronizzarsi con un rito collettivo che comprendeva milioni di appassionati in tutto il mondo. Il momento era così sacro da esigere l’alta definizione offerta dalla televisione; quella caricata a bassa definizione su YouTube non era che l’ombra corrotta della puntata ufficiale.
Perfino gli uomini del marketing della Abc, la rete che aveva prodotto la serie, si dissero sconcertati: «Non ci era mai capitato di vedere una serie che, come Lost, portasse i fan a un livello di coinvolgimento tale da rifiutare coscientemente di avere anticipazioni rispetto alla première ufficiale».
Per due giorni i fan di Masterchef si sono ribellati al meccanismo del tutto-e-subito: per evitare di conoscere in anticipo il nome del vincitore hanno dovuto cambiare abitudini, disertare i social network e ignorare i giornali. È stata necessaria una resistenza attiva per riprendersi il Tempo e non lasciarsi dettare i ritmi dai mezzi di comunicazione: invece di consumare in un attimo il piacere della scoperta, hanno messo in pausa il mondo per rimandare a giovedì 5 marzo la degustazione della puntata finale, culminante con la rivelazione del vincitore.
Nell’era di Internet è sempre più necessario riprendersi i tempi e riscoprire il valore della lentezza e il gusto dei preliminari. Ciò è vero negli ambiti più disparati – dal Sesso all’Illusionismo. Ne ho scritto sul mio Te lo leggo nella mente, mettendo in guardia gli aspiranti mentalisti dal rischio-spoiler:
L’avvento di Internet ha reso accessibili [tutti i trucchi] con pochi clic, abbattendo l’aura esoterica che per anni aveva avvolto i sotterfugi più ingegnosi. Come un adolescente di fronte a un film pornografico, chi si avvicina al mentalismo è esposto – tutto in una volta – al materiale più hard, perdendo l’innocenza prima di avere apprezzato il lento e piacevole indugio dei preliminari. Resistere alla tentazione del «tutto-e-subito» è un’impresa. Il rischio è di cadere in una bulimia incontrollata, accumulando informazioni di tutte le qualità, senza alcun criterio che consenta di separare la mediocrità dall’eccellenza. Nel mare magnum di trucchi venduti su eBay, svelati su YouTube, commentati su Twitter e condivisi su Facebook, il mentalista è abbandonato a se stesso, senza l’indicazione di un percorso di crescita artistica coerente. (1)
Invece di maledire YouTube, dove tutti i trucchi sono svelati, l’illusionista contemporaneo dovrebbe interrogarsi sul potere seduttivo che Lost e Masterchef esercitano sui propri fan: in che modo le due serie plasmano un uditorio che si oppone spontaneamente a conoscere in anticipo i segreti? Quali narrative alternative potrebbero indurre gli spettatori a inceppare i ritmi imposti per assaporare il gusto del Mistero in tempi più dilatati?
1. Mariano Tomatis, Te lo leggo nella mente, Sperling & Kupfer, Milano 2013.
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