Il primo a salire sulla metropolitana di New York senza pantaloni fu Charlie Todd nel 2002: da allora, nel gennaio di ogni anno migliaia di persone ripetono la stuporosa impresa in tutto il mondo, condividendone lo spirito sovversivo; è il “No Pants Subway Ride”, ieri andato in scena per la quinta volta a Milano.
Da oltre dieci anni Charlie organizza esperienze di questo tipo, nell’ambito di un gruppo che ha battezzato Improv Everywhere. L’organizzazione ha la sua base a New York, ma attraverso il sito improveverywhere.com coinvolge individui in ogni parte del mondo ed è un punto di riferimento per una crescente comunità di pacifici sovversivi. L’attività del gruppo è stata di enorme ispirazione per il libro L’arte di stupire (Sperling&Kupfer 2014) che ho scritto con Ferdinando Buscema.
Alla “No Pants Subway Ride” abbiamo dedicato il capitolo 2, e dopo averne letto la ricostruzione, Charlie ha così recensito le nostre pagine:
«Fatevi guidare da Buscema e Tomatis attraverso quel mondo di inganni, scherzi, trucchi e alternate reality games in cui siete immersi a vostra insaputa. “L’arte di stupire” non solo seduce con l’idea che sia possibile incontrare la magia nella vita quotidiana, ma consente di acquisire strategie con cui modellare voi stessi nuove burle. Leggendo questo libro, sarete voi a progettare il vostro prossimo divertimento.» (Charlie Todd)
Ecco i retroscena della magic experience.
Osservando gli impiegati sulla metropolitana, G.K. Chesterton si chiedeva perché fossero così tristi e annoiati. Il personaggio di un suo romanzo aveva una teoria:
Perché sanno che il treno va dove deve andare. Perché sanno che, per qualunque posto abbiano preso il biglietto, lì giungeranno. Perché, dopo aver oltrepassato Sloane Square, sanno che la prossima sarà la stazione Victoria, e nient’altro che la stazione Victoria.
Difficile dargli torto. Il tran tran quotidiano e l’abitudine incoraggiano noia e apatia. Pochi altri luoghi, come i mezzi pubblici, offrono un punto di vista nitido sugli sguardi cupi e grigi che caratterizzano la società moderna. Secondo lo scrittore inglese, la più piccola sorpresa avrebbe scosso all’improvviso tutti i passeggeri, ricongiungendo le loro anime all’Eden: e se dopo Sloane Square non avessero trovato Victoria Station?
Oh, quale giubilo sarebbe il loro! Oh, come brillerebbero i loro occhi, come si beerebbe l’anima loro del paradiso ritrovato, se la stazione seguente fosse inaspettatamente quella di Baker Street!
In un romanzo di fantascienza il treno potrebbe imboccare un tunnel spazio-temporale subito dopo Sloane Square, attraversarlo e sbucare a Baker Street – tra lo sgomento e la sorpresa dei passeggeri. Una soluzione poco praticabile nel nostro mondo, ma c’è chi ha capito che l’idea di Chesterton non andava presa alla lettera...
Il 5 gennaio 2002 faceva freddo a New York. Nascosti sotto cappotti, sciarpe e cappelli, i passeggeri della linea 6 della metropolitana avevano trovato, in quel vagone, una temporanea protezione dal vento gelido che spirava a Manhattan. La corsa era iniziata nei pressi del ponte di Brooklyn e la prossima stazione sarebbe stata Canal Street. Ad aspettarli non c’era un tunnel spazio-temporale, ma un uomo in mutande. Costui si era coperto con cura: giacca, cappello, sciarpa e guanti tradivano una costituzione sensibile alle temperature di stagione. Semplicemente, non aveva indossato i pantaloni.
Il motivo a coccinelle che ne decorava i boxer aggiungeva un tocco surreale alla scena. Un pazzo, ovviamente: non c’era altra spiegazione. L’uomo salì sul vagone e si mise a studiare la mappa della metropolitana, incurante degli sguardi altrui. Prossima fermata, Spring Street. Qui la situazione si fece ancora più anomala, perché nello stesso vagone salì un altro individuo senza i pantaloni. Come il primo, era vestito di tutto punto solo nella parte superiore del corpo. Nulla, però, copriva il paio di boxer a pois blu che l’uomo esibiva con candore. I due folli non si conoscevano tra loro. Due turisti danesi scoppiarono a ridere. Kate, che stava leggendo un romanzo, iniziò a sentirsi a disagio. Altri trattenevano con difficoltà le risate.
L’assurdo aveva fatto irruzione nelle loro vite, rompendo il tran tran e costringendoli a riflettere sulla natura di ciò che stava accadendo. Si dice che un fatto è un caso, due sono una coincidenza, ma tre diventano una prova. L’uomo con i boxer hawaiani che salì alla fermata successiva fu la conferma, per i presenti, che l’assurdo aveva fatto irruzione nella metropolitana di New York.
Kate chiuse il libro e smise di leggere, tenendo gli occhi puntati sui tre individui seminudi, ciascuno dei quali ignorava gli altri. Ipotizzando una qualche regolarità anche in una situazione così surreale, qualcuno si chiese ad alta voce: «Chi sarà il prossimo?» Non si sbagliava: a tutte le quattro fermate successive, altrettanti individui senza pantaloni salirono sullo stesso vagone.
«Oggi c’è un convegno di uomini in mutande?» chiese un passeggero, alla ricerca di una qualche logica. L’uomo con i boxer a coccinelle rispose di no. Il passeggero insistette: «Non state andando a un convegno?» ma anche questa volta la risposta fu negativa: «Io no. Gli altri non li conosco».
La catena di follia si interruppe all’ottava fermata, dove non salì alcun uomo in mutande. Le sorprese, però, non erano finite: una ragazza, appena entrata nel vagone con un’enorme borsa, iniziò a gridare: «Pantaloni! Chi ha bisogno di pantaloni? Un dollaro il paio!» Gli uomini in mutande si avvicinarono come sollevati, e lei si premurò di aggiungere che avrebbero dovuto pagare la cifra precisa – non avendo resto a disposizione. In pochi minuti vendette tutti i pantaloni che aveva con sé. Gli altri passeggeri, intanto, avevano osservato la scena con divertito sconcerto.
La maggior parte era scoppiata a ridere. Uno aveva esclamato: «Siete dei grandi!» Una coppia aveva aggredito verbalmente uno degli uomini in mutande, minacciando di avvertire la polizia. Costui aveva replicato candidamente: «Solo perché questa mattina mi sono dimenticato di indossare i pantaloni?»
La comitiva scese alla fermata della Sessantottesima strada, lasciando gli altri passeggeri basiti e disperdendosi tra i passanti. Se c’era una logica dietro quello che era successo, nessuno avrebbe più avuto la possibilità di scoprirla. Nessuno… tranne Beth.
L’uomo dai boxer a coccinelle era, naturalmente, Charlie Todd. La combriccola degli Improv Everywhere era salita su un vagone al capolinea della linea 6. Sette di loro si erano tolti i pantaloni e li avevano consegnati all’unica donna del gruppo, che li aveva raccolti in un borsone. La scena aveva creato sconcerto tra i passeggeri presenti; un uomo indicò la scena alla moglie, che rispose sorridendo: «Ma caro, siamo a New York!»
A ogni fermata, uno del gruppo scendeva dal vagone ed entrava in quello adiacente. Essendo le due vetture isolate, i passeggeri del secondo vagone non avevano assistito alla preparazione, e davano per scontato che i vari uomini in mutande fossero in attesa ognuno in una stazione diversa. Completato il trasferimento dei sette, era il turno di colei che aveva raccolto i pantaloni: salita in corrispondenza dell’ottava stazione, aveva venduto a ciascuno il proprio indumento e tutti si erano rivestiti. Ripristinata la situazione iniziale, il gruppo aveva potuto dileguarsi in modo discreto.
Per chi si era trovato a bordo di quel vagone, quei diciassette minuti sarebbero diventati un momento ridicolmente memorabile per la sua assurdità: la missione degli Improv Everywhere poteva dirsi compiuta. La conferma sarebbe venuta da Kate, la ragazza che aveva chiuso il libro preoccupata. La scena era stata ripresa con una telecamera nascosta, ma nel 2002 YouTube non esisteva ancora. Quando cinque anni dopo gli Improv caricarono sul Web il filmato, Kate fu chiamata da un’amica che le chiese: «Non sei tu quella che legge il libro?» Cadendo dalle nuvole, la ragazza si riconobbe e lasciò sotto il video un commento entusiasta: «La vostra missione ha funzionato alla perfezione, perché da anni racconto in giro la storia di quella volta che incontrai sulla metropolitana tutti quei tizi senza pantaloni. E ora ho la prova video che è successo davvero! E capisco il senso di quel che è successo, perché me lo sono chiesta a lungo…»
Una persona più di tutte aveva vissuto l’esperienza con il «giubilo» di cui scriveva Chesterton: si chiamava Beth e si trovava per caso sul vagone invaso dagli uomini in mutande. Dopo lo sconcerto iniziale, la donna si era fatta un’ipotesi abbastanza precisa su quello che stava succedendo. Quando uno minacciò di chiamare la polizia, Beth intervenne in difesa dei sette: «Non credo che questo si possa definire disturbo della quiete pubblica. Credo che si tratti piuttosto di un happening, di una performance artistica come quelle degli anni Sessanta. Ecco cos’è, e voi dovete solo accettarlo e andare per la vostra strada».
Qualcuno le rispose: «Beh, allora vadano a teatro a farlo, non in un luogo pubblico». Ma avendo intuito i contorni dell’evento, la donna ne mise in luce l’aspetto chiave: «No. È proprio lì il bello! Il fatto che succeda in posti pubblici come questo».
Avendo assistito allo scambio, Charlie aveva capito che Beth era entrata in sintonia con lo spirito dell’iniziativa. Prima di scendere le consegnò un biglietto da visita con il logo degli Improv.
Ricevuta la conferma di aver visto giusto, dopo qualche tempo Beth contattò Charlie e gli raccontò l’avvenimento dal punto di vista dell’involontaria protagonista. Salendo sulla metropolitana, aveva trovato a bordo due uomini con i boxer che si ignoravano a vicenda. Dapprima aveva intuito quanto fosse improbabile che si trovassero lì per caso, ragionando tra sé e sé che sarebbe stato difficile incontrare un solo uomo in mutande in un posto del genere, figuriamoci due… e per di più nello stesso vagone! Ma la situazione non era solo insolita: era talmente divertente da rendere impossibile il restare seri.
Le venne in mente il Polar Bear Club di Coney Island: forse quegli individui facevano parte dell’allegra brigata di nuotatori che amano tuffarsi nelle acque ghiacciate dell’oceano durante la stagione invernale. L’arrivo della venditrice di pantaloni e la scena che seguì fece crollare anche questa ipotesi, e si disse Beth: «Questa è pura follia». Dopo qualche istante, l’illuminazione portò con sé un momento di gaudio: «Fui felicissima quando capii che di fronte ai miei occhi si stava compiendo una performance artistica». Avendo colto le intenzioni più nobili di Charlie e compagni, la donna chiudeva il suo racconto esprimendo sincera gratitudine: «Grazie al cielo ci sono gli Improv Everywhere a rendere la vita e i trasporti un po’ più interessanti».
A bordo di quel treno, anche Chesterton avrebbe applaudito di gusto.
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