Qualche tempo fa ci chiedevamo quale fosse il prezzo di una bacchetta magica e se non fosse auspicabile lavorare per una Biblioteca Magica del Popolo aperta e accessibile senza un costo di ingresso. Oggi la riflessione si sposta sui segreti dei maghi.
Ostacolando la sospensione dell’incredulità, conoscere il trucco di un gioco di prestigio toglie una parte del piacere che si prova davanti a un mago. Storicamente la comunità degli illusionisti si è data un criterio per tracciare un confine tra chi può conoscere un segreto e chi no: se paghi, il segreto è tuo.
Una delle prime testimonianze di questo criterio all’opera risale al 1784, quando Henri Decremps scrisse a proposito di un trucco:
Quelli che vorranno conoscerlo sono pregati di inviarci, in una busta affrancata, l’ultima pagina di questa opera per dimostrare di aver acquistato un’edizione non contraffatta, allegando la somma di 6 lire più un’opportuna affrancatura, con cui pagare il nostro segreto e le spese per trascriverlo e illustrarlo. (1)
Henri Decremps, La magie blanche dévoilée, Chez l’Auteur, Paris, 1784 (I ed. 1783), p. 113.
Leggi il libro nella Biblioteca Magica del Popolo
All’interno di una società capitalista, un filtro basato sul denaro sembra un presupposto ovvio e indiscutibile. Ma è davvero l’unico scenario possibile? Allargare lo sguardo consente di mettere a fuoco interessanti alternative.
Nel suo libro Magic and Meaning, scritto insieme a Eugene Burger, Robert Neale aveva affrontato il tema della magia uscendo dalla prospettiva occidentale ed esplorandone le caratteristiche assunte presso una comunità di nativi americani delle Eastern Woodlands, tra il Tennessee e il Kentucky. Lì non era il denaro la moneta da spendere per diventare maghi. Ecco come lo ha raccontato.
Per diventare mago bisognava ricevere il “dono del sogno”. Uno degli spiriti era considerato “maestro di illusionismo”. Solo dopo averlo incontrato in sogno […] era possibile diventare prestigiatori. Il sogno doveva ripetersi per quattro volte. Le prime tre, l’incontro doveva avvenire nell’aldilà, mentre nel corso dell’ultima si veniva ricondotti nella realtà e qui si ricevevano istruzioni su quando e come sfruttare i segreti dell’illusionismo. Non bisognava farlo troppo spesso, né per il solo gusto dell’intrattenimento, né per mettersi in mostra. Fare i maghi senza aver ricevuto il dono del sogno o senza seguire scrupolosamente le istruzioni ricevute significava, sul lungo periodo, un fallimento e addirittura il rischio di ammalarsi. Ma alcuni membri della comunità cercavano comunque di riprodurre gli effetti dei prestigiatori. Alcuni per mettersi in mostra, altri semplicemente nascondendo il fatto di non aver mai sognato lo spirito maestro.
Chi erano considerati impostori e ciarlatani? Coloro che non avevano sognato, o non avevano seguito correttamente le istruzioni ricevute in sogno. Erano molto sensibili al tema della sincerità. Per loro, il punto non era quello di conoscere bene le tecniche illusionistiche o di essere abili a utilizzarle, perché ne facevano una questione di “visione” e “disciplina”. […]
Ecco dunque qual era il criterio per distinguere tra i prestigiatori autentici e quelli fasulli. Un anziano raccontò:
Quando ero bambino, costruii una tenda e la scossi qua e là [fingendo che fossero gli spiriti a muoverla]. Ma non capivo cosa stavo facendo. Mi limitavo a copiare quello che avevo visto fare da altri maghi. Mi padre mi fermò immediatamente. Mi disse che non avrei dovuto giocare con queste cose, o mi sarebbe successo qualcosa di brutto. […]
Il tema del “sogno” come elemento per giudicare “autentica” o meno una performance illusionistica potrebbe ancora essere pertinente. Quale visione (o visioni) dovremmo aspettarci? Porsi la questione a proposito di alcuni prestigiatori contemporanei confonde ancora di più le idee. Consideriamo quattro “tipi” rappresentativi: Uri Geller, James Randi, Penn & Teller e David Copperfield. Tutti usano trucchi per ingannare il pubblico. Ma chi di loro ha ricevuto il “dono del sogno”? Qualcuno di loro? Tutti? Nessuno? Trovo difficile speculare su un argomento del genere, ma non riesco a evitare di pormi la domanda. (2)
1. Henri Decremps, La magie blanche dévoilée, Chez l’Auteur, Paris, 1784 (I ed. 1783), p. 113.
2. Eugene Burger e Robert Neale, Magic and Meaning, Hermetic Press, Seattle 1995.
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