Secondo Mihaly Csikszentmihalyi, il modo migliore per approfondire a sufficienza una disciplina al punto da raggiungerne i confini e sperare di spingerli un po’ più in là è quello di sviluppare
una buona dose di curiosità, stupore e interesse verso ciò che le cose sono e verso il modo in cui funzionano. (1)
Per molti anni la magia degli illusionisti mi è parsa un’arte irredimibile (2) , condannata a riproporre all’infinito vecchi cliché, senza alcuna possibilità di vero progresso. Poi ho incontrato prestigiatori rivoluzionari come Penn & Teller, Max Maven, Derren Brown e Marco Tempest – tutti accomunati dal fatto di aver violato (spingendo un po’ più in là) i confini dell’illusionismo, facendo prendere alla magia direzioni del tutto inaspettate. Con una fiducia rinnovata nella possibilità di essere innovativi, ho iniziato un percorso a tentoni alla ricerca dei confini dell’arte magica contemporanea. Nel bel mezzo di questo percorso, all’improvviso ho ricevuto un invito al Science Foo Camp 2014, organizzato da Nature, Digital Science, O’Reilly e Google presso il Googleplex di Mountain View (CA). L’evento è stato il contesto perfetto per coltivare quella “dose di curiosità, stupore e interesse verso ciò che le cose sono e verso il modo in cui funzionano.”
Mi sono esibito in un live-show lampo (CLICCA QUI), ho dato dimostrazione del funzionamento di alcuni libri magico-interattivi italiani del Seicento (CLICCA QUI) e sono tornato a casa con tonnellate di materiale su cui lavorare: ho incontrato persone straordinariamente interessanti, discusso di innumerevoli potenziali ibridazioni tra la magia e altre discipline e sono stato letteralmente mesmerizzato da alcuni dei gadget e delle “performance” che mi sono stati mostrati durante le sessioni.
Volendo raccontare solo una delle molte meraviglie, è difficile decidere da dove iniziare. Scegliendo a caso uno dei tanti momenti di stupore, stavo assistendo a una sessione dedicata ai rapporti tra l’Arte e la Matematica, durante la quale Jason Salavon (SCOPRI QUI IL SUO LAVORO) stava descrivendo il concetto di “amalgamento” – una procedura informatica che consiste nel condensare tante immagini in una sola, calcolando per ogni suo punto il colore medio dello stesso punto su ciascuna immagine distinta.
La procedura mi ha immediatamente ricordato l’amalgamento più conturbante in cui mi sia imbattuto fino a oggi: realizzato nel 2002, coinvolgeva quattro distinte decadi (dagli anni Sessanta agli anni Novanta) delle fotografie centrali della rivista Playboy (i cosiddetti “Playboy centerfolds”). Stavo per alzare la mano e segnalare ai presenti il curioso caso, quando Salavon ha rivelato di essere egli stesso l’autore di quel lavoro!
Jason Salavon, Every Playboy Centerfold, The Decades (normalized) 2002.
Dato il contesto dello Science Foo, immediatamente dopo la sessione ho potuto pranzare con lui e spiegargli che mi capita spesso di sfruttare la meraviglia a scopi didattici – e in quest’ottica le sue “nuvole di conigliette” sono state utilissime durante le mie lezioni. Mi è capitato in diverse occasioni di utilizzarle per far apprezzare la differenza tra i concetti di “media” e “mediana”; mostrando il lavoro di Salavon, è immediatamente evidente che l’immagine mediana è notevolmente più sexy dell’immagine media (e lo è ancora di più se si prendono solo 119 delle 120 fotografie di una decade).
Anni Novanta: immagine media (a sinistra) vs. immagine mediana (destra).
La decade secondo Jason Salavon vs. Elisa Bridges, Miss dicembre 1994.
Insegnante presso la School of the Art Institute di Chicago, Jason è stato il perfetto interlocutore per una libera associazione di idee intorno ai lati più stupefacenti dell’arte contemporanea – dal film di Banksy “Exit Through The Giftshop” al dito medio di Cattelan davanti alla Borsa di Milano – e all’idea condivisa che molte opere sprigionerebbero una maggiore potenza se solo le si portasse fuori dai musei e dalle gallerie, collocandole in contesti stranianti e inaspettati. L’idea è anche al cuore del nostro libro L’arte di stupire (Sperling & Kupfer 2014), incentrato sull’idea di esperienze magiche progettate per essere vissute nella vita di tutti i giorni, al di fuori del classico contesto teatrale.
In Italia l’idea è da alcuni anni proposta ed approfonditamente esplorata nell’ambito dell’arte contemporanea da Alessandro Dal Lago e Serena Giordano, i cui libri introducono (appassionanti) idee radicali sui modi in cui l’arte potrebbe aspirare a un livello superiore se solo le si consentisse di rompere gli argini, evadendo dagli spazi “ufficiali” e parlando a un pubblico meno élitario: per chi è sensibile alla democratizzazione della cultura, i loro ultimi libri sono dei must assoluti! (3)
1. Mihaly Csikszentmihalyi, Creativity: The Flow and the Psychology of Discovery & Invention.
2. Anche se solo da poco ho la parola per dirlo, courtesy Filippo Sottile.
3. Da Mercanti d’aura (Il Mulino, 2006) a L’artista e il potere (Il Mulino, 2014), attraverso Disimparare l’arte (della sola Giordano, ancora Il Mulino, 2012).
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