A chi gli chiedeva come si diventa maghi, G.K. Chesterton (1874-1936) suggeriva di ispirarsi a David Copperfield. No, non a quello che ha fatto sparire la Statua della Libertà: Chesterton si riferiva al protagonista del romanzo di Charles Dickens (1812-1870).
Secondo Chesterton, la Londra ritratta nel libro di Dickens ha qualcosa in più di quella vera:
Questo è il segreto dell’inquietante realismo con cui Dickens riesce sempre a rivitalizzare gli angoli oscuri e grigi di Londra. Nelle descrizioni di Dickens ci sono dettagli – una finestra, o una cancellata, o la toppa di una serratura – in cui egli inietta energia vitale. In questo modo le cose sembrano più autentiche di quelle reali. (1)
Un esempio di tale evocazione? Dickens racconta di quella volta che entrò in una caffetteria e si spaventò a vedere il nome del locale al contrario:
Sulla porta c’era una targa ovale di vetro con le semplici parole COFFEE ROOM scritte sopra, in modo che potessero essere lette dalla strada. La conseguenza era che a me, che stavo dentro il caffè, queste parole apparivano come MOOR EEFFOC e ancora adesso il veder talvolta delle iscrizioni a rovescio mi produce una singolare scossa al sangue. (2)
Basta uno specchio – suggerisce lo scrittore inglese – per trasfigurare il quotidiano e renderlo insolito. Secondo Chesterton, l’espressione MOOR EEFFOC condensa egregiamente la regola fondamentale per iniettare magia nel mondo:
Le lettere dell’iscrizione sono quelle banali che formano le parole COFFEE ROOM; attraverso la mente dell’artista esse, pur restando identiche, compongono le parole MOOR EEFFOC, parole misteriose e temibili, simili a quelle che una mano soprannaturale scrisse sulle mura del Re. Sostituite ambienti, persone, fatti comuni a tutti noi; guardateli attraverso il vetro della fantasia di Dickens e otterrete delle creature, dei luoghi in tutto simili, se presi uno per uno, a quelli che conosciamo… ma che avranno acquistato un senso o di sovrumano buonumore o di tremenda inquietudine. (3)
L’effetto MOOR EEFFOC colpì anche J.R.R. Tolkien (1892-1973). Secondo l’autore del Signore degli Anelli – che ne parla nel suo saggio “Sulle fiabe” – esso consiste nel individuare il lato bizzarro delle cose che ci sembrano ovvie, osservandole all’improvviso da un altro punto di vista; un atteggiamento del genere consente «il recupero della freschezza della visione.» (4)
Coltivare tale freschezza rende magico l’ordinario, portandone alla luce gli elementi sorprendenti. Secondo il padre della psicologia positiva Mihaly Csikszentmihalyi, acquistare uno sguardo vigile – sintonizzato sugli elementi di stupore del quotidiano – è una chiave per il benessere. Analizzando gli ingredienti che contribuiscono alla felicità, lo studioso ha chiamato “flusso” la condizione mentale di chi è completamente coinvolto in un’attività e ne trae gratificazione. Per entrare nel flusso dobbiamo deviare l’attenzione da noi stessi e dalle nostre preoccupazioni. Concentrandoci sul mondo circostante e i suoi dettagli, non sprechiamo energie psichiche per soddisfare i capricci del nostro ego:
Avere il controllo della mente significa che letteralmente qualsiasi cosa succeda può essere fonte di felicità. Sentire la brezza in un giorno afoso, vedere una nuvola specchiarsi sulla vetrata di un grattacielo, stilare un contratto, guardare un bimbo che gioca con il cane, bere un bicchiere d’acqua possono essere vissute come esperienze profondamente soddisfacenti, che rendono la vita più bella. Acquisire questo controllo, però, richiede determinazione e disciplina. (5)
Per favorire il “flusso” sono emerse discipline come la meditazione, lo yoga e il tai chi. Accanto a esse c’è chi ha concepito esperienze magiche che incoraggiano la stessa capacità, premiando chi è in grado di esercitare un buon livello di attenzione e offrendo stimoli sorprendenti quando meno li si aspetta. È il caso di una serie di installazioni che i creativi di yet | matilde hanno collocato… nei gabinetti di un ristorante!
In pochi posti siamo distratti come nelle toilette pubbliche, luoghi sempre uguali dove svolgiamo attività che non richiedono alcuno sforzo intellettuale. Per aiutarci a disinnescare il pilota automatico e riprendere il controllo dell’attenzione, gli artisti torinesi hanno installato accanto al lavandino una misteriosa scultura, composta da lettere illeggibili. Quando mi ci sono imbattuto, per un istante mi sono chiesto come decifrare il codice contenuto in quelle strane forme. Solo dopo qualche secondo ho capito che lo specchio era la chiave per risolvere l’enigma: nel riflesso, la scritta era perfettamente leggibile.
Installazione di yet | matilde presso il ristorante “Alla Lettera”, piazza Bodoni, Torino. La citazione è di Edith Wharton (1862-1937).
L’attimo in cui il cervello fa clic! – e improvvisamente tutto diventa chiaro – porta con sé un’impressione di risveglio dal torpore; in quel momento magico, “le cose sembrano più autentiche di quelle reali.”
Esperienze di questo tipo sono al centro di alcune storie che ho raccontato con Ferdinando Buscema tra le pagine del libro L’arte di stupire (Sperling&Kupfer 2014), in libreria dal prossimo 1° aprile. Leggendolo in anteprima, Mihaly Csikszentmihalyi ha commentato:
“L’arte di stupire” è un’opera originalissima, che introduce una prospettiva magica nella vita quotidiana. Avrebbe potuto essere scritta nel Medioevo, ma le sarebbe mancato il supporto delle scienze moderne che gli autori sintetizzano così bene. Scritta oggi può beneficiare della profonda conoscenza storica e filosofica che Tomatis e Buscema portano all’argomento. In ogni caso, ora che questo libro è stato scritto, per il lettore la vita non sarà mai più noiosa.
1. G.K. Chesterton, Charles Dickens, in Collected Works 15, p. 65.
2. Cit. in ibidem.
3. Ibidem.
4. J.R.R. Tolkien, “Sulle fiabe” in Albero e foglia, Bompiani, Milano 2000, p. 79.
5. Mihaly Csikszentmihalyi, Flow, Rider, Londra 2002, p. 213.
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