Tra i diagrammi di Jessica Hagy, quello sul rapporto tra magia e comfort zone è tra i più noti e citati:

Jessica Hagy, 22.11.2010.

In cosa consista esattamente tale magia, però, è difficile da spiegare. Per scoprirlo, è una buona idea farsi accompagnare da una guida. Fuori della zona di comfort. Una guida specializzata. Qualcuno che l’abbia fatto in prima persona, ne abbia colto insidie e meraviglie e sappia indicarne la porta.

Per farlo ci vuole un Mago. Qualcuno che padroneggi le parole giuste (“Apriti, Sesamo”?). Il mio si chiama Roberto.

È un’entità doppia. La prima metà si firma Wu Ming 1. È uno scrittore che dichiara apertamente la cifra della sua magia:

I lettori vanno sorpresi, sfidati, portati fuori dalla loro zona di comfort. Va assecondata l’evoluzione delle aspettative. Riuscire a fare questo, a spiazzare i lettori senza che smettano di leggere, è la missione dello scrittore che ha scelto di non sedersi. (1) 

L’altra metà è il suo agente letterario: il Roberto Santachiara che si appassiona di un libro, ripercorre le tappe del suo protagonista e decide di coinvolgere l’amico scrittore in un’impresa a due.

L’oggetto della sua passione si intitola Fuga sul Kenya (1947). È ambientato nel 1943 e sembra un romanzo, ma non lo è. Scritto in prima persona, racconta la rocambolesca vicenda di tre italiani, fuggiti da un campo di prigionia per issare un tricolore a quasi 5000 metri su Punta Lenana – una cima del Monte Kenya. Conquistata la vetta, i tre tornano in cella. Quei 17 giorni di libertà verranno raccontati da Felice Benuzzi, uno dei fuggitivi, in un libro che riscuoterà un certo successo internazionale.

Santachiara ama la montagna e, a mezzo secolo dall’impresa kenyota, raggiunge Punta Lenana. Avendo letto Fuga sul Kenya, percorre una strada che potremmo dire “aumentata” – rubando l’aggettivo all’augmented reality offerta dal digitale. Ma senza intrusione elettronica: scorci, passaggi e cime sono arricchiti dalle parole di Benuzzi e dalla sua epica. L’eco dei passi di Roberto si confonde con quella dei passi di Felice. L’intreccio tra le due storie gli sembra potenzialmente fecondo.

Qualche anno dopo, organizza una seconda spedizione. Questa volta in compagnia dell’amico scrittore. Santachiara lo strappa dal comfort con un programma preciso:

Questa storia merita che qualcuno la liberi dalla polvere. […] Ho bisogno che mi affianchi uno scrittore. […] Voglio uno che debba faticare come mai in vita sua, e arrivi lassù stremato. (2) 

Con un’espressione particolarmente efficace, Wu Ming 1 definirà il folle invito «il metodo Strasberg applicato all’alpinismo» (3)  È la prima pietra di Point Lenana, il libro che i due pubblicheranno nel 2013 per Einaudi.

Fuori dalla propria zona di comfort, Wu Ming 1 è testimone delle tipiche rivelazioni magiche. La prima: non sempre la realtà è quel che sembra.

In superficie, quella di Benuzzi sembra la tipica (e un po’ vetusta) impresa patriottarda da libro Cuore:

Il colonialismo fascista. Un triestino che issa il tricolore. La fede nella vittoria. L’Eroica del repubblichino Cozzani. Il «sovrano distacco» per faccenduole come la guerra. (4) 

Ogni elemento della vicenda, però, suggerisce che c’è Altro. Wu Ming 1 ci clicca sopra, come se si trattasse di un ipertesto: segue piste, ricostruisce alberi genealogici, intervista testimoni, portando alla luce reconditi link tra una storia e l’altra. Sul suo tavolo, la vita di Felice è il cuore di un intreccio di vicende tutt’altro che private: ci sono la storia dell’alpinismo italiano, l’impresa coloniale africana, le tensioni razziali sul fronte slavo, il giogo del fascismo e gli attacchi con armi chimiche sulle note di “Faccetta nera”. Liberata dalla polvere, la fuga dei tre Houdini riporta alla luce storie dimenticate – o sepolte troppo in fretta. In molti casi, capovolge le impressioni iniziali.

Il fazzoletto? No, non è più nella mano destra. L’impresa di Benuzzi? No, non è

la solita «maschia conquista della vetta», bensì un evento che interrompeva il continuum della guerra, curando l’abbruttimento di una prigionia che della guerra (e della sua retorica) era stata logica conseguenza. (5) 

No, l’impresa non offre a Felice la vittoria suprema, l’illuminazione definitiva – obiettivi da manualistica self help. Tornato al campo, si mette a scrivere. Che arrivati in cima, la vita non si cristallizza in un’immagine che dà senso al tutto:

la vita prosegue. Prosegue e richiede che le si dia un senso. E darle un senso non è questione di beaux gestes, ma una fatica quotidiana. (6) 

Rivelazioni, capovolgimenti di prospettiva e sorprese sono tanti e tali da imporre a Roberto un percorso non lineare. Point Lenana si apre con la salita al monte Kenya, stringendosi sull’impresa dei tre ed evidenziandone i primi elementi insoliti. Poi la prospettiva si allarga. La biografia di Benuzzi è lo spunto per esplorare le storie dei luoghi coinvolti dai suoi spostamenti – da Vienna a Trieste, da Roma ad Addis Abeba. La sua passione per l’alpinismo viene collocata nel contesto della sua Venezia Giulia, del Club Alpino Italiano e delle vite dei suoi amici e mentori – su tutte, le pagine dedicate al saturnino Emilio Comici sono le più struggenti. L’avvento del fascismo e i conseguenti genocidi perpetrati dagli italiani in Africa ispirano pagine di puro orrore. Il libro segue Felice anche dopo la liberazione dalla prigionia, attraverso i vari paesi in cui lavora come diplomatico.

A sorpresa, nell’ultimo capitolo Roberto torna a Fuga sul Kenya. A ripercorrere le vicende dei tre, l’anello si chiude, ma la rilettura è “aumentata” dalle storie raccontate nelle pagine precedenti:

Rileggere “Fuga sul Kenya” adesso, sapendo tutto quello che sappiamo, è come navigare un ipertesto. Ogni parola, ogni nome, ogni riferimento en passant è diventato «cliccabile».

Esperienza magica. Mindfulness indotta dalla struttura del testo. Espressioni che a una prima lettura passano inosservate rivelano, a un secondo giro, la propria rilevanza nel disegno complessivo.

Point Lenana è stato un viaggio ben al di là della mia comfort zone. Alpinismo e colonialismo non sono mai stati in cima ai miei interessi. A uno sguardo distratto ero incapace di coglierne connessioni col mio mondo, popolato da maghi e trickster, cantastorie e contaballe. Mi ha coinvolto la definizione con cui il libro era presentato: Unidentified Narrative Object (“oggetto narrativo non identificato”). Come tecnico del mistero, l’acronimo aveva su di me un effetto perturbante.

Come da programma, l’esperienza mi ha spiazzato. Ibrido tra fiction e inchiesta, biografia e romanzo epico, le sue pagine traboccano di una magia non convenzionale.

Sam Sharpe scriveva che

Lo scopo ultimo della magia non è di ingannare il prossimo ma di incoraggiare un approccio verso la vita e il cosmo pieno di meraviglia. (7) 

Se il filosofo statunitense aveva ragione, la salita a Punta Lenana fu un’esperienza magica trasformativa per Benuzzi. Costretto in una cella di isolamento, sentiva di aver ricevuto dalla ascesa una consapevolezza nuova:

Insieme alla fiducia in voi stessi, avete ritrovato lassù, nel regno della bellezza e del silenzio dei cinquemila, quella facoltà di meravigliarsi […] che è fonte di tutto ciò che è nobile nell’uomo. (8) 

D’altronde gli studi psicologici sulla meraviglia identificano nei panorami di montagna un classico stimolo stuporoso per la loro vastità e imponenza. (9) 

Oltre a lasciarsi investire dalla meraviglia, Benuzzi si disponeva alla mindfulness – alla piena coscienza del qui-e-ora – ammettendo la propria “insuperabile inferiorità” e coltivando una certa consapevole “ignoranza”. Dal punto di vista spirituale, infatti,

per un vero alpinista […] [l’]ignoranza costituiva una vera fortuna, un dono di Dio. Ogni passo era una scoperta, un principio. Eravamo alla origine delle cose, quando i luoghi non avevano nome; ogni sguardo faceva scaturire dal nostro animo pensieri di ammirazione, di gratutidine, di riverenza. (10) 

Qua e là emergono divertenti paralleli tra la comunità degli alpinisti e quella dei prestigiatori. Li accomuna la voglia di superare l’impossibile, ottenere risultati sempre più stupefacenti, escogitando astuzie di cui si è molto gelosi. Non conoscevo il dibattito sulla liceità o meno di sparare chiodi per scalare le pareti più difficili – una scorciatoia mal vista da una parte della comunità. Tra gli illusionisti, un identico scontro ideologico è in corso da decenni tra chi è a favore e chi è contrario all’uso della tecnologia per produrre un effetto magico; il caso più recente è quello dell’inglese Dynamo, le cui imprese impossibili difficilmente si possono riprodurre live in un teatro – basandosi in gran parte su trucchi televisivi. (11) 

Meritano uno specifico approfondimento i legami tra le metafore primarie invocate dalle ascese alpinistiche e l’uso che i prestigiatori fanno del binomio alto/basso – a fini spettacolari nell’ambito di alcune illusioni, ma anche – in maniera più raffinata e subdola – per influenzare alcune scelte (12) .

Un’altra forma di magia, più oscura e fasulla, si insinua tra le pagine di Point Lenana.

A pagina 16, nel raccontare l’infame paradigma vittimario con cui noi italiani ci presentiamo come “brava gente” – cancellando la memoria di quello che abbiamo fatto patire agli altri – gli autori citano la più classica tra le formule magiche:

…tutto questo sparisce, sim sala bim (13) 

A pagina 52 entra in scena Oral Roberts, il mago/guaritore/telepredicatore che resuscitò un bambino. O qualcosa del genere. Insomma,

non lo so se era proprio morto. Di sicuro era freddo. Ma adesso scusatemi, ho impegni, sono uno che lavora, io. (14) 

A pagina 75 incontriamo Marshal Dumba, l’uomo in grado di sparire. Ma i suoi sono poteri tutt’altro che mistici: Dumba è l’organizzatore di una versione kenyota della “419 Scam” – una nota truffa, diffusa un po’ in tutto il mondo.

A pagina 216 è il turno di Julius Evola, l’occultista che teorizzò l’esistenza di una sorta di Enervit paragnostico nell’articolo “Note per un allenamento psichico in montagna” – da cui perfino la redazione sentì il dovere di dissociarsi prudentemente.

A pagina 280 la signora Mary è molto arrabbiata: ritiene che il marito abbia subìto un torto, e scrive alla sezione bellunese del CAI per accusare i colleghi romani, che

hanno fatto i giochi dei bussolotti per cacciarlo fuori. (15) 

A una lettura superficiale, i due autori sembrano offrire della magia un’immagine di endemico inganno. Ma il quadro si capovolge a pagina 331, dove appaiono i primi esponenti di una magia luminosa. Sono guaritori, cantastorie e indovini etiopi. Custodi delle narrazioni, si prendono cura delle malattie del corpo e dello spirito. Primi a meritare davvero l’appellativo di “mago”, muoiono nel giro di una riga. Sterminati dal gerarca fascista Rodolfo Graziani(16) 

Dal “sim sala bim” ai bussolotti si respira la mefitica aria dell’inganno e del sopruso contro il più debole, l’ingenuo e l’inerme. A tale magia, Point Lenana ne oppone una più autentica e vitale; ironicamente, nasce in seno a quegli Etiopi che una lunga propaganda ha ritratto come baluba ignoranti e selvaggi.

Le strepitose pagine su Graziani ne raccontano la probabile evirazione da parte di una bomba, le irriferibili reazioni e il mare di sfighe che il monumento a lui dedicato attirò nel 2012 sulla cittadina di Affile. (17) 

Vettore di efficaci contronarrazioni, Point Lenana celebra l’uso della parola per incidere sul mondo. Se non è magia questa…


Note

1. “6 domande a Wu Ming 1”, 20lines, settembre 2013.

2. Wu Ming 1 e Roberto Santachiara, Point Lenana, Einaudi, Torino 2013, p. 32.

3. Ibidem.

4. Wu Ming 1 e Roberto Santachiara, op. cit., p. 16.

5. Wu Ming 1 e Roberto Santachiara, op. cit., p. 26.

6. Wu Ming 1 e Roberto Santachiara, op. cit., p. 27.

7. Samuel Henry Sharpe, Art and Magic, The Miracle Factory, Los Angeles (California) 2003, p. 183.

8. Felice Benuzzi cit. in Wu Ming 1 e Roberto Santachiara, op. cit., p. 93.

9. Si veda la vasta bibliografia in Dacher Keltner e Jonathan Haidt, “Approaching awe, a moral, spiritual, and aesthetic emotion”, Cognition and Emotion, 17, 297-314, 2003.

10. Felice Benuzzi cit. in Wu Ming 1 e Roberto Santachiara, op. cit., p. 499.

11. Si veda ad esempio questo post irritato di un collega mago: Francesco Addeo, “Dynamo magie impossibili (anche per lui)”, 28.2.2013.

12. Nella sua forma teorica più chiara, ne esplora alcune applicazioni Max Maven nel suo DVD “Multiplicity”.

13. Wu Ming 1 e Roberto Santachiara, op. cit., p. 16.

14. Wu Ming 1 e Roberto Santachiara, op. cit., p. 53.

15. Wu Ming 1 e Roberto Santachiara, op. cit., p. 280.

16. Wu Ming 1 e Roberto Santachiara, op. cit., p. 331.

17. ...anvedi cosa capita a toccargli la bacchetta magica!

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