Questa recensione a cura di Massimo Polidoro è apparsa sul numero 15 di Magia ed è qui riprodotta su autorizzazione dell’autore.
Quando avevo 15 anni ero completamente imbevuto del fascino che trasudava dal mondo del paranormale: Uri Geller, il triangolo delle Bermuda, le teorie degli antichi astronauti di Von Daniken, gli extraterrestri buoni di Spielberg… In mancanza di Internet leggevo tutto quello che trovavo e conducevo vere e proprie spedizioni presso le bancarelle di libri usati alla ricerca di qualche perla capace di schiudere una nuova porta su quel mondo meraviglioso. Ma ogni lettura che facevo, anziché aiutarmi a capire che cosa c’era di autenticamente dimostrato in questo mondo fantastico, se c’era, contribuiva solo ad accrescere la frustrazione, aumentando gli interrogativi e a spostare sempre più in là i confini del possibile. Si parlava degli UFO? Ecco libri su libri che raccontavano in maniera romanzata gli avvistamenti e gli incontri ravvicinati più inquietanti. Ci si chiedeva quali erano le prove di questi racconti? I casi non venivano analizzati a fondo, ma piuttosto altri libri rispondevano che gli extraterrestri li vedevano anche i nostri antenati, come proverebbero le incisioni rupestri e le “piste di atterraggio” di Nazca. E così via a fantasticare e a immaginare realtà sempre più incredibili e sempre più impossibili da verificare.
Ad aprirmi la mente e a presentarmi un modo ben più ragionevole, utile e logico nell’affrontare questi interrogativi fu la lettura di un libro, Viaggio nel mondo del paranormale di Piero Angela. Quel libro fu la molla che mi portò a intraprendere la strada che tutt’ora seguo ogni giorno della mia vita.
Questo lungo preambolo per dire che, se avessi oggi 15 anni, viste le curiosità che avevo a quell’età, non potrei non essere completamente soggiogato da serie come The Mentalist o Lie to me, dove mentalisti ed esperti di comportamento non verbale sembrano in grado di risolvere crimini e scoprire verità nascoste semplicemente grazie ad abilità e a sensibilità straordinarie, sviluppate utilizzando raffinatissime tecniche psicologiche alla portata di pochi o allenando all’inverosimile percezioni ai confini dell’umano. E a sostegno di tali idee ecco le performance televisive di moderni mentalisti. che non tirano più in ballo per spiegare i propri “miracoli” datate facoltà ESP o contatti spiritici, ipotesi del resto ormai indigeribili per gran parte del pubblico moderno. Piuttosto parlano di PNL e suggestione, induzione ipnotica e via fantasticando.
Ebbene, se volessi approfondire tali argomenti potrei leggere decine di libri che continuerebbero ad alimentare ogni tipo di falsa credenza pseudoscientifica, senza però mai consentirmi di giungere a riprodurre quello che si vede fare in TV. Solamente se fossi molto fortunato, e mi capitasse per le mani Te lo leggo nella mente di Mariano Tomatis, potrei vivere la stessa esperienza di scoperta, sorpresa e illuminazione che ebbi da ragazzo con il libro di Angela.
Perché questo è il testo di Mariano, un viaggio affascinante, incredibile e capace di aprire nuovi orizzonti al vero appassionato di mentalismo.
Chi oggi volesse dedicarsi a questa forma di illusione, infatti, ha tantissime possibilità per trovare sempre nuovi trucchi di magia mentale: libri, dvd, interi corsi dedicati sul web… C’è addirittura un’abbondanza di materiale a cui l’esordiente è esposto in maniera del tutto incontrollata, impedendogli di fatto di sviluppare per gradi uno spirito critico e un percorso di crescita artistica creativo.
Ben pochi, infatti, sono gli studiosi che lasciano da parte il “come” e si concentrano piuttosto sul “perché”. Mariano Tomatis, per nostra fortuna, appartiene al secondo gruppo.
Nel suo libro non si troveranno giochi da eseguire e anche i pochi effetti che sono discussi lo sono unicamente per chiarire meglio certe idee e certi concetti. Tuttavia, Te lo leggo nella mente può rivelarsi un compagno preziosissimo per chi si avvicina a questo mondo (ma anche per chi ci vive da anni) e non abbia ancora le idee chiare su quali siano (o possano essere) i propri obiettivi.
Come scrive Mariano,
Idealmente lo scopo del mentalismo è creare esperienze teatrali fuori dall’ordinario capaci di offuscare il confine tra realtà e finzione e mettere in discussione gli schemi classici con cui si interpreta la realtà.
Una definizione abbastanza vaga, dietro cui si nasconde quello che Mariano chiama “l’obiettivo segreto di molti mentalisti”, che scorgono nei metodi di quest’arte
una facile scorciatoia per acquisire lo status di supereroi dotati di facoltà psichiche straordinarie, senza dover affrontare il duro allenamento che tali capacità richiederebbero. Per loro il mentalismo è uno strumento come Photoshop per appiattire il ventre senza sottoporsi a diete faticose: in un mondo dove l’immagine conta più del contenuto, si tratta di una sirena al cui canto seduttivo è difficile sottrarsi.
Ed è facile riconoscere questo approccio muscolare ed egocentrico nelle presentazioni di molti mentalisti e prestigiatori contemporanei. Modello decisamente contrapposto a quello proposto da Sam Sharpe, preso a esempio da Eugene Burger nei suoi scritti e citato da Mariano:
Scopo ultimo della magia non è ingannare il prossimo ma incoraggiare un approccio verso la vita e il cosmo pieno di meraviglia.
Ma come diventare artisti originali e unici, capaci di stimolare questo approccio di stupore di fronte al meraviglioso? Dove trovare gli effetti più nuovi e più esclusivi capaci di rendere possibile l’impossibile? La risposta non è nell’ultimo ebook di Luke Jermay, per fare un esempio a caso, leggendo il quale si entra infatti a far parte di quel migliaio di mentalisti che nei mesi a venire ne presenterà gli effetti in pubblico. Il suggerimento di Mariano è piuttosto quello di guardare al passato. Hofzinser, per esempio, non aveva tatuaggi e si esibiva durante il Risorgimento, ma il suo approccio minimale è del tutto in linea con il mentalismo moderno:
Studiando le sue tecniche si entra a far parte di un club straordinariamente esclusivo, visto che ormai quasi tutti hanno dimenticato l’illusionista viennese.
Prezioso il racconto che Mariano fa del suo incontro serendipico e inaspettato, a New York, con Marco Tempest e, soprattutto, l’esposizione della “tecnica dei tre aggettivi” che il visionario illusionista spiega al nostro autore. Un sistema pratico e utilissimo da usare come riferimento, nei propri ragionamenti creativi, per porsi continuamente le domande giuste.
Per non parlare della rivalutazione di un testo prezioso e spesso dimenticato come Scarne on Card Tricks, che Mariano indica quale suo “libro feticcio”: 155 giochi con le carte che, combinati con opportuni stimoli narrativi, può fornire a un mentalista materiale per una vita.
Potrei continuare ancora a lungo a decantare le meritatissime lodi del libro di Mariano (che a questo punto mi chiedo come mai non siate ancora usciti per andarlo a comprare in libreria. Ah, giusto, lo avete appena ordinato su Amazon). Ma non credo ce ne sia troppo bisogno, se lo leggerete scoprirete da soli quanti stimoli e idee farà nascere in voi e questo, di conseguenza, non potrà che trasformarvi in artisti migliori.
Mi limiterò, per chiudere, a una riflessione che Mariano propone ricordando le parole sussurrate ai generali romani durante la loro incoronazione: Hominem te esse memento, ricorda che sei solo un uomo:
Indovinare i pensieri del pubblico con un trucco non vi autorizza a proporvi come psicologi. Dimostrare di distinguere verità e menzogna non fa di voi dei credibili consulenti di marketing. Ritrovare una chiave nascosta usando un pendolo non giustifica una vostra collaborazione con la polizia per individuare persone scomparse. Esibirvi di fronte a chi è disposto a credervi non vi legittima a prendervene gioco.
Non avrei potuto dirlo meglio.
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