L’idea che meraviglia e stupore siano uno stimolo per la conoscenza risale almeno al 4° secolo a.C. Teetèto fu uno dei più grandi matematici dell’antica Grecia. Il suo maestro Teodoro l’aveva introdotto a Socrate con un certo entusiasmo:
Teodoro: Un giovane che sia così ben disposto ad apprendere, quanto è difficile in un altro, e che sia così segnatamente mite di carattere, e, oltre a ciò, coraggioso contro qualunque avversità, io non pensavo che esistesse, né vedo che ne esistano.
Nel corso di una conversazione con Socrate, il giovane matematico confessò di provare un sentimento di vertigine per la maestosità dei temi affrontati dal grande filosofo:
Teeteto: Oh Socrate, io sono enormemente meravigliato da queste visioni e talvolta, guardandole intensamente, soffro le vertigini. (1)
Socrate rispose individuando nella meraviglia il principale stimolo alla conoscenza e all’indagine filosofica:
Socrate: Caro amico, Teodoro aveva ragione su di te. La sensazione di cui mi dici si addice particolarmente al filosofo: il meravigliarti. Non vi è altro inizio della filosofia se non questo, e chi affermò che Iride era figlia di Taumante (come sembra), non fece male la genealogia. (2)
La metafora proposta si basa sull’assonanza tra la parola thauma (“meraviglia”) e il dio marino thaumas (“Taumante”); come nella mitologia Taumante era padre di Iride, messaggera degli dèi e simbolo della conoscenza, così la meraviglia è madre dell’amore per il sapere.
1. Platone, Teeteto, 155d.
2. Ibidem.
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