Esistono tecniche narrative specifiche per evocare inquietudine e terrore?
L’Almanacco di Martin Mystère 2012 in edicola in questi giorni dedica un lungo e ricco capitolo a Dino Buzzati (1906-1972) e al suo “realismo magico”. Solo una settimana fa l’amico Daniele Nigris mi confidava che il racconto più terrificante dello scrittore veneto è probabilmente “La goccia”. Concordo: ogni sua rilettura mi dà le vertigini per il modo in cui le prospettive sono deformate attraverso l’ingigantirsi dei risvolti ontologici di una minuscola goccia.
Il 22 novembre 2011 Errol Morris ha distribuito sul sito del New York Times un cortometraggio intitolato The Umbrella Man (guardalo qui) che esplora le stesse regioni oscure, magnificando un trascurabile dettaglio di uno scenario di inestricabile complessità – quello dell’assassinio di Kennedy. Morris ha montato frammenti di un’intervista a un divertito Josiah Thompson, interrogato a proposito di uno dei testimoni più bizzarri dell’attentato: il cosiddetto “uomo con l’ombrello”. Il breve documentario si riassume in una domanda: che diavolo ci faceva un uomo con l’ombrello aperto in un giorno di sole nel punto esatto in cui il presidente venne colpito?
I sedici secondi più comici, inquietanti e grotteschi del cortometraggio sono quelli che vanno dal 2:57 al 3.13, quando Thompson esclama – con una risata che non ha nulla di umano:
The only person under any umbrella in all of Dallas, standing right at the location where all the shots come into the limousine... can anyone come up with a non-sinister explanation for this? Mmh?!
Thompson smonta con ironia la tesi complottista, riportando l’incredibile verità giudiziaria, ma svela lo scenario “normalizzato” solo dopo aver condotto lo spettatore attraverso oscure e inquietanti possibilità; e aver descritto la tecnica narrativa già usata da Buzzati per la sua goccia:
If you put any event under a microscope, you will find a whole dimension of completely weird, incredible things going on.
Gli scettici vi leggeranno un monito (che apprezzo) contro le dietrologie: lo stesso Thompson definisce la sua narrazione una “cautionary tale”. Ma a un livello più profondo, agli occhi di chi è interessato a portare a galla gli aspetti più sorprendenti e bizzarri della realtà, le stesse parole suonano come un utile set di istruzioni.
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