I due protagonisti del film Inception, Dom Cobb e il suo socio Arthur, sono in grado di entrare nei sogni delle persone per carpire i segreti celati nel loro subconscio. Grandi esperti di onironautica, possono plasmare a loro piacimento i mondi onirici, popolandoli con architetture complesse e, a volte, addirittura impossibili. Come quando Arthur crea una scala che sale sempre: una “scala di Penrose”.
Percorrendola insieme ad Ariadne, Arthur spiega:
«Nei sogni puoi ingannare l’architettura realizzando forme impossibili. Questo ti permette di creare dei circuiti chiusi come la Scala di Penrose, la scala infinita: il paradosso. Un circuito chiuso come questo ti aiuta a dissimulare i confini del sogno che crei»
L’idea che si nasconde dietro a questa realizzazione è complessa. Sempre ispirandosi alla scala di Penrose, nel 1960 Maurits Cornelis Escher (1898-1972) aveva realizzato Ascending and descending:
In questa litografia, l’artista olandese offriva allo spettatore soltanto l’inganno. Christopher Nolan, il regista di Inception, fa un passo in più: non si ferma al paradosso, ma ne mostra la meccanica. Svela il trucco che ha consentito ad Arthur di produrre la scala impossibile, che si rivela “altro” rispetto a quanto appariva dalla prospettiva iniziale. La telecamera si sposta, cambia il punto di vista, e ci si accorge che la scala non è chiusa; quello che sembrava un anello, era in realtà un trucco prospettico.
Inizialmente il film sembra suggerire che il mondo onirico sia caratterizzato dalla possibilità di violare le regole della logica. La visione di una scala che sale sempre ci fa intuire di trovarci dentro un sogno. Il disvelamento del trucco, però, ci fa ripiombare nel dubbio: anche dentro il sogno di Arthur c’è bisogno di un sotterfugio per creare un effetto paradossale? Vacilla, a questo punto, il criterio di demarcazione che credevamo distinguesse il mondo reale da quello onirico. E a svelarci la meccanica dell’inganno è lo stesso che ha scelto, come totem personale, non un semplice dado, ma un “dado truccato”.
La creazione di architetture e oggetti impossibili è un’attività diffusa anche nel nostro mondo. Proprio come all’interno dei sogni ritratti in Inception, un oggetto impossibile nasce con l’intento di evocare mistero e stupore, offrire una chiave interpretativa alternativa del nostro mondo e riproporre la domanda di Alice e del Re di Cuori nel romanzo di Lewis Carroll (1832-1898): viviamo dentro un sogno? Siamo forse il sogno di coloro che, nei nostri sogni, si addormentano?
Non ci si improvvisa creatori di oggetti impossibili, né tale attività si deve confondere con quella dei prestigiatori. Mentre gli illusionisti producono “effetti” impossibili, così effimeri da lasciare al massimo una traccia nei ricordi, gli artigiani degli impossibilia si concentrano sulla realizzazione di oggetti fisici la cui stessa esistenza, durevole nel tempo, genera stupore e incredulità. (1)
Pur con tutte le sue abilità, neppure Gustavo Rol era in grado di creare impossibilia. Basta dare un’occhiata al vasto numero di “apporti” che i suoi seguaci custodiscono per ritrovarvi esclusivamente banali oggetti comuni, facilmente reperibili su qualsiasi banco dei mercatini delle pulci. (2) Al di fuori del contesto narrativo da lui offerto nel corso dei suoi esperimenti, gli oggetti non contenevano nulla che potesse indurre allo stupore per un autentico impossibile.
Un classico esempio di impossibile è la scala eternamente ascendente realizzata da Andrew Lipson con i Lego.
La fotografia è autentica, e l’effetto si basa su un trucco prospettico identico a quello sfruttato da Nolan in Inception. Il gioco funziona soltanto in fotografia; per realizzarlo dal vivo, sarebbe necessario collocare la costruzione in una scatola opaca con l’interno illuminato. Aprendo un minuscolo buco nel punto in cui il gioco prospettico funziona, si può consentire a un osservatore di guardare dentro la scatola e ammirare l’effetto. Guardando con un solo occhio, non si percepisce la profondità e il punto di vista è forzato come nella litografia statica di Escher e nel primo fotogramma di Nolan.
Edgey Edgey ha usato un semplice foglio di carta per produrre, sulla sua disordinata scrivania, una scala di Penrose. Se mettete in pausa il filmato al primo secondo, l’effetto funziona; con lo scorrere del tempo, il trucco si rivela:
In questa fotografia è ritratto un chiodo conficcato in un pezzo di legno.
Il chiodo è un pezzo unico, ed è stato inserito in qualche modo attraverso i due denti centrali. Ma come? Anche il pezzo di legno è unico, e non è frutto dell’incollaggio di due parti separate. Non c’è spazio a sufficienza per collocare il chiodo in quel punto. Questo chiodo che attraversa il legno è un vero e proprio impossibile, che sfida ogni legge fisica.
Qui di seguito, una guida per realizzarlo a casa propria:
L’arte degli impossibilia ha esplorato a fondo il tema della bottiglia di vetro contenente oggetti che non passano attraverso il suo collo.
Dalla classica nave in bottiglia, si è passati ai mazzi di carte: il prestigiatore canadese Jamie D. Grant chiama “Anything-is-Possible Bottle” le sue bottiglie contenenti ognuna 52 carte da gioco sigillate in un pacchetto regolare.
Ogni bottiglia è in vendita a 100 dollari. Jamie ha colto perfettamente lo spirito degli impossibilia: da qualche tempo sta disseminando le città con le sue bottiglie impossibili; sul suo blog ha scritto:
Spero che le bottiglie vengano trovate, custodite e apprezzate da persone bisognose di un po’ di meraviglia. Questa è la mia speranza, il mio obiettivo, la mia passione.
Bob Durbin ha aperto un sito web che raccoglie moltissime bottiglie impossibili, fornendo un elenco dei tipici oggetti che vi vengono introdotti: lucchetti e chiavi, monete, palle da tennis o da baseball, scatole di fiammiferi o di pennarelli, pacchetti di sigarette, libri, forbici, saponette, peluche, dadi, confezioni di chewing gum, cubi di Rubik... La regola è che qualunque oggetto non possa passare attraverso il collo della bottiglia.
Anche Bob conosce bene lo scopo di questa arte. Sul suo sito si rifiuta di spiegare alcuna delle sue tecniche, scrivendo:
La ragion d’essere delle bottiglie impossibili è una e una soltanto: indurti a riflettere.
In questo video, Mattias mostra come un cubo di Rubik può essere assemblato in un piccolo barattolo di vetro la cui imboccatura è più piccola del puzzle:
Jeff Scanlan vende attraverso il suo sito bottiglie piene di svariati oggetti. Ecco la sua bottiglia piena di palle da tennis:
Per inserire in una bottiglia di vetro della frutta, è necessario infilare il collo della bottiglia nel ramo su cui sta crescendo il piccolo frutto, e attendere che sia cresciuto. Si prestano bene a questa operazione le mele, le pesche e le pere, ma anche i pomodori. Chi ha provato, si è reso conto che la crescita è veloce perché la bottiglia funge da piccola serra.
Qui una breve guida per mettere la frutta in bottiglia. Sulla biografia del noto prestigiatore inglese David Berglas, si racconta di come il mago avesse sempre una scorta di bottiglie contenenti della frutta, con cui stupire gli ospiti che lo venivano a trovare; Berglas calava una bottiglia vuota dalla finestra, lanciava all’esterno un frutto, poi ritirava su la bottiglia: il frutto si trovava magicamente all’interno! In realtà, un complice dal piano di sotto aveva sostituito la bottiglia vuota con quella “impossibile”. (3)
Sfruttando il fatto che una pigna immersa nell’acqua si chiude, mentre se è asciutta si apre, è facile mettere una grossa pigna in una bottiglia.
Il più noto costruttore di bottiglie impossibili è stato Harry Eng (1932-1996), che una volta riuscì addirittura a mettere una normale moneta in una bottiglia. Mark Setteducati ha dedicato a Eng un bellissimo articolo, pubblicato nel libro curato da David Wolfe e Tom Rodgers Puzzlers’ tribute: a feast for the mind. (4) Il trucco per introdurre la moneta della bottiglia è spiegato da Gary Foshee nel capitolo successivo a quello di Setteducati (“The Eng Coin Vise”).
Un altro tema tipico dell’arte degli impossibilia è l’intreccio. Qui è riprodotto uno degli oggetti impossibili più diffusi: la pallina di ferro troppo grande per passare attraverso i sei fori del cubo di legno:
Questa guida spiega come realizzare un oggetto simile – ovvero un cubo di legno all’interno di un altro cubo di legno:
L’idea è, naturalmente, quella di intagliare il cubo più piccolo direttamente all’interno di quello più grande. Molto più impossibile (quasi esistesse una classifica) e decisamente meno spiegabile è la lampadina nella struttura di legno:
Il Kirigami, una variante dell’origami che consente di tagliare la carta, è stata esplorata per produrre intrecci impossibili – ad esempio tra due pezzi di carta o tra un pezzo di carta e un foglio di alluminio. Nella fotografia qui sotto, di Martin Taylor, due anelli di carta e alluminio sono incredibilmente intrecciati:
Sul suo blog Dan Stockwell spiega come ottenere, da una singola carta da gioco, un intreccio apparentemente impossibile.
E voi conoscete, possedete o avete costruito altri oggetti impossibili?
Secondo il recensore pazuzu, il film stesso Inception sarebbe un oggetto impossibile:
Inception è un gioco di prestigio, un’illusione, un labirinto di specchi. [...] Inception è un film che affronta la ragione e la sconfigge sul suo stesso terreno, che racconta una storia impossibile rendendola credibile grazie ad una messinscena di (im)precisione matematica. [...] Inception è la rappresentazione filmica della Scala di Penrose, un circuito bidimensionale in grado di dare l’illusione visiva della perfezione salvo rivelare la propria irrealizzabilità fisica al momento del passaggio alla terza dimensione. Il salto nel vuoto a cui Inception conduce non è un banale buco di sceneggiatura tale divenuto per difetto di senso, ma, al contrario, è il senso stesso del film.
1. In parapsicologia si parla di PPO (Permanent Paranormal Object).
2. Divertenti le parole con cui il parapsicologo Occhipinti conclude, osservando gli oggetti manipolati da Rol, che essi escluderebbero la presenza di trucco nelle sue esibizioni: “Siamo stati assai soddisfatti che il prof. Zeglio abbia potuto far circolare per la sala le medesime carte ottenute dagli esperimenti svolti in sua presenza. Bastano queste prove per escludere l’ipotesi che siano stati vittima di illusionismo.” Tratto da Occhipinti (et al.), “Dibattito sui fenomeni provocati dal dott. G. A. Rol”, Metapsichica, gennaio-giugno 1970, p.28.
3. David Britland, The Mind and Magic of David Berglas, Hahne, 2002, pp.387-389
4. Mark Setteducati, “Harry Eng: A Tribute” in David Wolfe e Tom Rodgers Puzzlers’ tribute: a feast for the mind, A.K.Peters, 2002, pp.3-6.
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