Sin dall’antico Egitto esistevano individui in grado di leggere nei papiri chiusi. Il primo effetto di magia mentale noto in letteratura è la lettura di un libro sigillato descritta nel papiro Setne II.
Portato alla notorietà presso i prestigiatori italiani da Silvan nel 1977, (1) il testo risale al I sec. d.C. (2) ma racconta vicende accadute sotto il regno di Ramesse II, che visse tra il 1292 e il 1186 a.C.
Il papiro Setne, custodito al British Museum di Londra (qui)
Il papiro narra le vicende di Setne, figlio di Ramesse II. L’uomo aveva pregato a lungo gli dei per avere un figlio, quando una notte udì una voce che gli annunciò l’imminente nascita di un bambino: si sarebbe chiamato Siosiri. La profezia si compì, e sin dai primi anni di vita i genitori si accorsero che il figlio era un individuo dotato di capacità non comuni.
Accadde infatti che un messaggero dall’Etiopia si recò presso il palazzo del Faraone con un messaggio chiuso in un papiro. Senza neppure aprirne i sigilli, l’etiope sfidò gli egiziani: qualcuno di loro sarebbe stato in grado di leggerne il contenuto senza aprirlo? In caso contrario, il disonore sarebbe stato gettato sull’intera nazione.
Preoccupato, Ramesse consultò suo figlio Setne, chiedendogli di trovare qualcuno che fosse in grado di portare a termine un compito tanto insolito. Convinto che l’impresa fosse impossibile, Setne chiese dieci giorni di tempo per pensare ad una soluzione, ma senza farsi grandi illusioni. Fu allora che Siosiri si accorse della preoccupazione del padre, e gli chiese di parlargli della sfida. Al termine del racconto, Siosiri scoppiò a ridere. “Padre, vi preoccupate di una cosa del genere? Io sono in grado di leggere quel papiro senza neppure aprirlo”.
Per dimostrare quanto stava affermando, invitò il padre ad andare nelle stanze al piano terra della casa. “Qualsiasi libro prenderai dalla cesta, saprò dirti di che libro si tratta. E potrò leggerlo senza neppure vederlo, restando al piano superiore”. Incredulo, Setne si alzò e fece esattamente come suggerito dal figlio, che dimostrò di saper leggere tutti i libri che il padre prendeva dalla cesta, ancor prima di aprirli. Il ragazzo fu quindi condotto alla corte del faraone Ramesse II, che immediatamente convocò il messaggero etiope per mostrargli di quali prodigi fossero in grado i suoi sudditi. Siosiri rivelò quindi parola per parola il contenuto del papiro, salvando il suo popolo dal disonore.
Le parole nascoste all’interno del rotolo scossero i presenti: raccontavano una storia accaduta 1500 anni prima, quando il mago etiope Sa-Neheset aveva sfidato il mago egiziano Sa-Paneshe; lo scontro si era risolto a favore di Sa-Paneshe, e l’etiope era stato costretto a giurare sugli dèi che non sarebbe tornato prima di millecinquecento anni.
Al termine della lettura, Siosiri si era rivolto a Ramesse annunciando solennemente: “Il messaggero etiope al vostro cospetto è Sa-Neheset, ritornato dalla morte per vendicarsi. Ma non temete: anch’io sono tornato dalla morte: sono Sa-Paneshe, e lo sfiderò un’altra volta!”.
Lo scontro tra i due maghi durò diverse ore, e venne combattuto a colpi di incantesimi; l’uno cercava di annientare la corte egiziana, l’altro di difenderla. Come millecinquecento anni prima, fu Sa-Paneshe ad avere la meglio: un incantesimo di fuoco consumò il corpo di Sa-Neheset, e il vincitore sparì insieme al nemico, richiamato al mondo degli inferi da Osiride.
In un testo che narra vicende di questa natura, separare gli elementi fantastici da quelli storicamente attendibili è particolarmente difficile; in particolare in questa occasione ci troviamo ad analizzare resoconti scritti quasi quindici secoli dopo i presunti fatti. Molto più interessante risulta individuare i temi “archetipici” intorno cui ruota il racconto, identificando gli elementi più o meno esplicitamente legati alla magia mentale.
Nel corso del racconto, il mago Siosiri offre a suo padre una esibizione di magia mentale molto diffusa ancora ai giorni nostri: il cosiddetto book test. Secondo la definizione che ne dà il Dizionario enciclopedico del paranormale, si tratterebbe di un “fenomeno di chiaroveggenza per il quale un sensitivo, scelti a caso un libro, una pagina e una riga, riesce a leggere quella riga senza che il libro venga aperto”. (3)
Facendo propria l’ambiguità che costituisce tutti i fenomeni magici, la capacità di leggere nei libri chiusi si è sempre collocata al confine tra la sensitività e l’illusionismo. Il nome book test, che significa “prova del libro”, ha una connotazione sperimentale dovuta a William Crookes, ricercatore nell’ambito del paranormale che lo utilizzò la prima volta nel 1874. (4) La letteratura magica offre oggi centinaia di tecniche diverse per leggere all’interno di un libro chiuso: per una buona panoramica delle diverse versioni si può far riferimento alle ampie rassegne offerte da Theo Annemann (5) , C.L.Boarde (6) , Tony Corinda (7) e Karl Fulves (8) .
Max Maven, “Book Tests: the History” in Magicseen 11, novembre 2006, p.16.
Nel suo articolo “Book Tests: the History” (9) Max Maven offre un’ottima panoramica storica dell’effetto. (10)
Il primo book test si deve a Hofzinser, ed è stato pubblicato postumo come “The Library of German Poetry” sulla rivista Die Zauberwelt 7, p.166 diretta da Carl Willman (1849-1934). Con il titolo “The Word” è stato poi ristampato in Ottokar Fischer, The Magic of Johann Nepomuk Hofzinser, trad. inglese di Richard Hatch, 1985 (I ed. tedesca Zauberkünste, 1942), pp.95-102.
L’inesauribile successo dell’effetto ha origine negli elementi evocati sin dal papiro egizio su citato; per capire il contesto del racconto bisogna riflettere sul ruolo che i testi scritti avevano in quell’epoca.
Secondo la tradizione egizia, fu il dio Thoth ad inventare la scrittura in un’epoca lontanissima. Ciò gli consentì di compilare un libro che conteneva il Segreto dei Segreti, la Rivelazione suprema: la descrizione di un incantesimo che avrebbe trasformato l’uomo nel re dell’universo. Il libro di Thoth divenne, dunque, il testo base di ogni conoscenza iniziatica, un papiro dalla potenza inimmaginabile. Il libro di Thoth ha una storia rocambolesca e bellissima, che meriterebbe uno studio a sé; si racconta, tra l’altro, che una copia si salvò dall’incendio della Biblioteca di Alessandria e venne recuperata da alcuni autori che la tradussero in ventidue immagini, oggi diventati gli Arcani Maggiori dei Tarocchi.
La leggenda riguardava un’idea peculiare della cultura egizia: il fatto che la scrittura geroglifica fosse riservata esclusivamente alla sfera della sacralità. Gli egizi chiamavano la loro scrittura con un termine che significava “parola di dio, della divinità” ovvero “verbo divino”.
I due papiri Setne I e Setne II raccontano le vicende del figlio di Ramesse II, Setne Khamuas. Il primo ha come tema centrale il libro di Thoth e la maledizione che lo circonda. Avido collezionista di papiri, il protagonista del racconto viola addirittura una tomba pur di impadronirsi del sacro testo; è però costretto a restituirlo per evitare le mortali conseguenze del gesto. (11)
Il secondo papiro, invece, è maggiormente incentrato sul figlio di Setne, Siosiri. Il piccolo rivela presto una serie di tratti tipici degli sciamani: nei suoi primi anni di vita, ad esempio, fa da guida al padre per un viaggio nel mondo dei morti. La sua capacità di leggere nei papiri chiusi, però, si manifesta soltanto nel momento in cui il suo popolo è minacciato di disonore dal messaggero etiope. Il mago non ha, quindi, i caratteri dell’uomo di teatro che presenta i suoi “effetti magici” per intrattenere il pubblico; il papiro Setne II parla di Siosiri come di un individuo venuto al mondo per salvare il suo popolo con le sue doti straordinarie.
La lettura a distanza dei papiri avviene dapprima nell’ambito privato dell’abitazione di suo padre Setne, poi – in maniera più teatrale – dinnanzi al Faraone. Per cogliere meglio la sorpresa degli egiziani di fronte a tale abilità, e collocare nel giusto contesto la sfida del messaggero etiope, dobbiamo tener conto che i papiri, in quanto “supporti” della scrittura, acquistavano uno stato di sacralità ancora maggiore rispetto alle pareti di pietra su cui gli stessi geroglifici venivano incisi. Ciò era dovuto al fatto che, quando veniva sigillato, il contenuto del papiro non poteva essere conosciuto senza aprirlo, e diventava così un potente – ma soprattutto estremamente discreto – strumento di comunicazione e conservazione del sapere. E se già la conoscenza della lingua scritta definiva una ristretta élite culturale, il fatto che la conoscenza fosse protetta da un ulteriore sigillo rendeva ancora più difficile (e prezioso) l’accesso ad alcune informazioni. Il fatto di poter accedere, grazie a qualche capacità sovrannaturale, al contenuto di tali papiri senza rompere i sigilli costituiva la dimostrazione di una stretta vicinanza al mondo degli spiriti e insieme una minaccia a chi quei testi avrebbe voluto tenere nascosti. Se la scrittura era “parola di dio”, accedervi senza far uso dei cinque sensi costituiva una prova della possibilità di comunicare con gli dèi.
Leggendo il contenuto del papiro del messaggero etiope, il mago Siosiri offre al suo popolo e al messaggero una prova incontrovertibile della propria natura sovrannaturale, e dimostra finissime qualità teatrali quando, in un climax degno di un romanzo di cappa e spada, annuncia che i due personaggi di cui ha letto le vicende – occorse 1500 anni prima – sono oggi presenti dinanzi al faraone: lui e il messaggero non sono altro che le reincarnazioni moderne di due antichi sfidanti che si erano contesi l’onore delle rispettive nazioni. Il ruolo salvifico del mago Siosiri si riconferma nell’apocalittica lotta finale, durante la quale sconfigge il mago nemico e, completata la sua missione, ritorna nel mondo dei morti dove lo attende il suo vero padre – il dio Osiride. (12)
Sono stati diversi i tentativi di trovare conferme storiche dell’esistenza di Setne, (13) ma anche limitandosi ad un’analisi letteraria della figura di Siosiri, in lui si riconoscono subito i tratti dell’uomo divino, i cui caratteri sono insieme terreni e celesti: nasce da un uomo e una donna, ma è figlio del dio Osiride. I moltissimi tratti in comune con Gesù Cristo hanno fatto supporre ad alcuni studiosi un’influenza sull’ignoto autore del papiro Setne II di correnti ebraiche. (14) Anche Gesù fu annunciato al padre in sogno, e – come Siosiri – all’età di 12 anni fu notato dai sacerdoti del tempio per la sua saggezza, mostrando un eloquio e una conoscenza dei testi sacri non comune. Durante il viaggio nell’aldilà, inoltre, Siosiri mostra al padre un povero che, essendosi comportato bene in vita, viene ora servito e riverito, mentre un ricco è caduto in disgrazia ed è punito con continui tormenti; il racconto è identico a quello della parabola di Lazzaro e del ricco Epulone raccontata da Gesù. (15) Negli anni Settanta ha sollevato molte polemiche Jesus the Magician, uno studio dello storico Morton Smith che vedeva, nella figura di Cristo descritta nei Vangeli, il tipico profilo di un illusionista in grado di compiere prodigi e miracoli. (16)
Morton Smith, Jesus the Magician, New York, Harper and Row, 1978.
I punti di contatto con Siosiri sono effettivamente molti – non ultimo il fatto che entrambi sono “uomini divini” incarnati per volere di una divinità superiore e con un chiaro ruolo salvifico per il proprio popolo.
Siosiri non è l’unico mago di cui si abbia notizia nel mondo egizio. Nel biblico libro dell’Esodo, (17) Mosè trasforma il suo bastone in serpente per convincere la corte egiziana del potere del dio di Israele, ma il Faraone chiama i suoi maghi Iannè e Iambrè (18) per ripetere l’esibizione – e quindi svilirne in qualche modo il carattere straordinario.
Mosè trasforma il suo bastone in serpente davanti al faraone
Il papiro Westcar, che racconta avvenimenti accaduti sotto la reggenza di re Cheope e Sneferu tra il 2652 a.C. e il 2510 a.C., presenta diverse figure di sacerdoti maghi che presentano alcuni effetti di magia: Gedi, Ubainer, Giangiaemankh...
Storici e antropologi dubitano che all’epoca fosse netta la distinzione tra i giochi di prestigio e le dimostrazioni di abilità sovrannaturali: è possibile che esistessero maghi che si esibivano a scopo di intrattenimento, come i più moderni giullari di corte, ed altri che adoperassero tecniche illusionistiche nel corso di cerimonie religiose e in contesto sacro.
È interessante, però, notare come la prima testimonianza di un individuo che presentò un moderno effetto di magia mentale sia inserita in un contesto sacro e solenne, facendo del mago Siosiri, più che un semplice intrattenitore, un vero e proprio salvatore del suo popolo, grazie alla sua capacità di leggere all’interno dei libri chiusi.
1. Silvan, Arte Magica, Milano, Rusconi, 1977, p.29. Il testo è stato recentemente riproposto in forma integrale in Edda Bresciani (ed.), I testi religiosi dell’antico Egitto, Milano, Mondadori, 2001.
2. Il papiro Setne II è scritto sul retro di un documento greco databile al periodo del regno dell’imperatore Claudio (41-54 d.C.). Si veda Frances Llewellyn Griffin, Stories of the High Priests of Memphis – The Sethon of Herodotus and the Demotic Tales of Khamuas, Oxford, The Clarendon Press, 1900, p.41.
3. D(èttore) U(go) S.v. Lettura in libri chiusi in AA.VV., Paranormale Dizionario Enciclopedico, Milano, Armenia, 1986, pp.538-539.
4. William Crookes, “Notes of an Enquiry into the Phenomena called Spiritual during the Years 1870-1873” in Quarterly Journal of Science, gennaio, 1874.
5. Theodore Annemann, Practical Mental Magic, New York, Dover, 1983 (I ed. 1944), pp.53-76.
6. C. L. Boarde, Mainly Mental, Vol.2, 1950.
7. Tony Corinda, Thirteen Steps to Mentalism, New York, D. Robbins, 1996 (I ed. 1968), pp.197-221.
8. Karl Fulves, Self-Working Mental Magic, New York, Dover, pp.46-56.
9. Max Maven, “Book Tests: the History” in Magicseen 11, novembre 2006, pp.16-17.
10. Un classico effetto che coinvolge le carte da gioco è stato da me pubblicato in Raul Cremona e Mariano Tomatis, L’arte della prestidirigiri..., Milano, Rizzoli, 2008, pp.17-20.
11. Una buona sintesi del racconto si trova in Ian Rutherford, Kalasiris And Setne Khamwas: A Greek Novel And Some Egyptian Models in Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik, n.117, 1997, pp.203-209 e in Archibald Henry Sayce, “Review of ”Stories of the High-Priests of Memphis“ by Francis Llewellyn Griffith” in Folklore, vol. 12, n. 4, dicembre 1901, pp.497-500.
12. Siosiri significa in effetti “figlio di Osiride”.
13. Francis Llewellyn Griffith lo identifica con Sethos, un condottiero di cui parla anche Erodoto (Francis Llewellyn Griffith, Stories of the High-Priest of Memphis, Oxford, Clarendon Press, 1900). Archibald Henry Sayce con Seti, nipote di Ramesse II (Sayce, op.cit., p.499).
14. Sayce, op.cit., p.499.
15. Vangelo di Luca 16,19-31.
16. Morton Smith, Jesus the Magician, New York, Harper and Row, 1978.
17. Esodo 7, 8-12.
18. II lettera a Timoteo 3, 8.
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