La veggente indecorosa di Mariano Tomatis
Davide Astegiano
A volte, quando capita qualcosa di spiacevole, mi piace sedermi e pensare a come le cose sarebbero potute andare se le circostanze si fossero evolute in modo diverso. Mi piace, in sostanza, immaginare piccole ucronie personali. Al di là dell’utilità del gesto – ma invece magari è proprio il pensiero ad alterare il mondo e a creare universi alternativi –, saper pensare ucronie è anche un modo per dare nuove forme a una realtà che lascia spesso l’amaro in bocca. Pensare un’ucronia è quello che fa Mariano Tomatis nel nuovo Book Block di Eris, La veggente indecorosa di Lourdes.
Tutti conosciamo la storia di Bernadette e delle apparizioni mariane che la videro protagonista. Nel 1858, la quattordicenne vide la Madonna in una grotta vicino alla cittadina rurale di Lourdes. Oggi il luogo è diventato un santuario della cristianità ed è uno dei più visitati, se non il più visitato, al mondo. Pochi sanno però che, qualche tempo dopo la visione di Bernadette Soubirous, la Madonna apparve a un’altra giovane, la diciassettenne Joséphine Albario. Il 17 aprile 1858, Joséphine si inoltra nella grotta e, raggiunta una stanza ovale all’interno della cavità naturale, appare di fronte ai suoi occhi la Sacra famiglia. La visione è accompagnata da una crisi, durante la quale Joséphine alterna risa e pianto.
Ma perché non ricordiamo un avvenimento simile? Perché non fa parte, perlomeno, della mitologia cattolica? Il motivo è semplice, Joséphine non viene presa sul serio dalla Chiesa. E questo non perché ci siano dubbi sulla sua visione, ma piuttosto per la natura delle apparizioni e per il comportamento della ragazza. La Chiesa ritiene che le apparizioni testimoniate da Joséphine siano diaboliche. La giovane è l’opposto di Bernadette: «Joséphine non è addomesticabile, e al destino della santa preferisce la libertà delle cattive ragazze». Joséphine viene mandata in convento dalla famiglia, ma lei sceglie di scappare. Preferisce una vita di stenti a una simile prigionia.
Questo avvenimento, cancellato dalla storia, porta con sé, come sul lato B di una musicassetta, una Lourdes alternativa, una vera e propria ucronia. Perché che cosa sarebbe successo se l’immagine di Bernadette e l’interpretazione cattolica della ragazza come supremo esempio di pia devozione fossero stati soppiantati da una visione anarchica, perfetto esempio di disobbedienza e ribellione come è incarnato dall’esistenza di Joséphine Albario?
A un isolato dal cachot c’è un piccolo negozio di antiquariato che affaccia su rue Baron Duprat. A gestirlo è una signora sorridente, che mi indica su una scatola una vecchia credenza: se cerco delle immaginette, è lì che devo guardare. Come sospettavo non c’è traccia dei “santini ucronici” che ho passato in rassegna la notte scorsa, durante un sogno particolarmente vivido. Devo affidarmi ai ricordi perché, purtroppo, immagini del genere non sono mai esistite nella linea temporale in cui mi trovo.
Eccolo il cuore di questo breve saggio dalla potenza tutta narrativa. La resistenza di Joséphine al potere ecclesiastico e alla famiglia è il filtro che ci consente di immaginare una Lourdes diversa. Una Lourdes che non si è trasformata nell’epitome dell’ibrido religioso-capitalista che oggi rappresenta, ma una cittadina rurale che rivendica i proprio spazi e la propria terra resistendo con un fuoco interiore anarchico e transfemminista.
Non ricordo molto di quel mio viaggio da bambino a Lourdes tanti anni fa (parte di un’educazione cattolica che mi sono lasciato alle spalle da tanto, tantissimo tempo). L’unica cosa che riaffiora alla mia memoria è una sensazione di sgomento, di nausea, simile a quella provata dall’autore all’inizio del suo racconto. Ma all’immagine sbiadita dei miei ricordi, mi piace l’idea di sovrapporre quella della distesa di ailanti evocata alla fine di La veggente indecorosa. Espressione vegetale e fisica di quel margine di cui tanti e tante facciamo parte, che si ribella, non è addomesticabile, e lotta per difendere i propri spazi e autodeterminare il proprio corpo. In questo senso, Joséphine Albario e la sua storia ucronica sono la speranza in quello che potrebbe essere stato e in quello che potrebbe essere ancora se saremo capaci di immaginare mondi alternativi.