Mariano Tomatis

Il mio libro di magia

Tlon, Roma 2024

Hai mai pensato di poter creare qualcosa dal nulla? O di sfogliare un libro che si trasforma davanti ai tuoi occhi? E magari di riuscire a prevedere il futuro?

Mariano Tomatis ci invita in un vero e proprio laboratorio di prodigi, dove ricreare gli antichi trucchi tramandati dall’illusionismo classico.

Attraverso dieci lezioni e trenta giochi di prestigio scopriamo però che il trucco non serve solo a stupire, ma può costruire una “magia gentile” che sfida convenzioni e stereotipi, libera dall’asfissia machista delle norme di genere e promuove un illusionismo conviviale e antifascista.

L’arte magica può essere più di una performance e diventare un gesto politico. Vuoi utilizzare la manipolazione per ingannare il pubblico o per renderlo felice? Il mio libro di magia ci guida a decostruire il rapporto tra illusionista e pubblico, trasformandoli in complici di un gioco che ispira meraviglia, connessione e cura.

Mariano Tomatis, Il mio libro di magia, Tlon, Roma 2024, 144 pp., B&N (14×21 cm).

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Trenta prestigi gentili che coinvolgono carte
da gioco, dadi, caramelle, fiammiferi, calamite,
puzzle, origami, rompicapi, ecc. illustrati in dieci
lezioni ricavate da antichi libri di prestigiazione
meritevoli di tornare in circolazione per
contaminare la modernità e ispirare una
magia conviviale e antifascista.

«Ah, il tempo della vita è breve,
e se viviamo, viviamo per calpestare i re.»

William Shakespeare, Enrico IV

Prologo

Londra, 1635. Tra le attrazioni della fiera di San Bartolomeo c’è anche un mago. Si chiama Hocus Pocus, come la formula magica. In mano ha una pallina e invita uno spettatore a prenderla. Mentre costui sta per afferrarla, l’illusionista chiude la mano e lo guarda negli occhi: «Prima, però, mi assicuri che sarai svelto?».

È una domanda a trabocchetto: serve a distrarre lo spettatore e a fargli allontanare lo sguardo dal pugno chiuso; nel gergo magico, è un’azione di misdirection, “direzione sbagliata”. L’uomo ci casca, alza gli occhi e dice di sì sorridendo. Nel frattempo, Hocus Pocus ha fatto cadere la pallina in tasca e riportato il pugno nella posizione iniziale: è la mossa segreta in vista del prestigio. Il mago sussurra in latino: «Vade couragious, celeriter vade» (“vai con coraggio, vai velocemente”). Lo spettatore crede che sia un invito a far presto; non sa che Hocus Pocus sta ordinando alla pallina di sparire e di farlo in un battibaleno. Il mago apre lentamente la mano e la pallina è sparita!

Il pubblico scoppia a ridere: se la gara consisteva nel dimostrarsi più veloci dell’altro, Hocus Pocus ha vinto nel modo più spettacolare. L’uomo guarda mortificato la mano vuota, ma l’umiliazione non è finita; il mago rincara la dose con una pesante allusione:

Se sei altrettanto lento a prendere la donzella che hai accanto, anche quando ce l’hai già tra le braccia, non scommetterei un centesimo sulle tue doti amatorie.

Lo spettatore si allontana pieno di malumore. Gli avevano detto che la magia è l’arte dell’incanto e della meraviglia; mai avrebbe immaginato di tornare a casa con un peso sullo stomaco. Non sapeva che la bacchetta magica si potesse usare come un randello.

La vittoria per ko ha galvanizzato gli altri spettatori: anche loro vogliono usare la magia per sconfiggere gli avversari. Hocus Pocus ha quello che fa per loro: un manuale di illusionismo che non si limita a insegnare i trucchi del mestiere; far sparire una pallina non basta, se non sai trasformare il prodigio in un’esperienza dolorosa e frustrante per la tua vittima.

Hocus Pocus fornisce chiavi in mano il copione giusto, le battute di spirito con cui accompagnare i giochi di prestigio. Il libro che vende alla fine dello spettacolo si intitola Anatomia della prestigiazione (1635) e riporta le parole pronunciate pochi minuti prima (in inglese antico Lasse significa “donzella”):

If you can hold a pretty Lasse no faster, when you have her, I will not give a pin for your skill. (link)

L’insegnamento del mago è semplice: se vuoi divertire il pubblico, scegli una vittima e usa la magia per umiliarla, mettendo in dubbio le sue doti amatorie e intellettuali. Dal Seicento a oggi, la lezione di Hocus Pocus si è affermata dappertutto: molti giochi di prestigio offrono strumenti per prevalere sugli altri, fornendo randelli sempre più potenti. L’illusionista ostenta il suo potere al pubblico, dimostrando di saper fare l’impossibile; chi osa sfidarne la figura ne esce con le ossa rotte.

Nessuno l’ha detto meglio di Jerry Seinfeld:

Tutta la magia si può riassumere in: “Ecco una moneta, ora è sparita. Sei uno sfigato. Eccola riapparsa. Sei un idiota. Lo show è finito”.

Se il comico ha ragione e quell’approccio ci mette a disagio, perché occuparci di prestigiazione? Non dovremmo lasciarla a chi ha un carattere prevaricante, rifugiandoci nella pittura ad acquerello o nel lavoro a uncinetto? In realtà, l’alternativa esiste ed è esaltante. A suggerircela è il poster di David Devant – forse il più bel manifesto illusionistico di sempre.

Il mago è ritratto di spalle mentre i volti meravigliati del pubblico riempiono la scena. Il primo messaggio è chiarissimo: al centro non ci sei tu ma chi partecipa allo spettacolo. Il secondo è scritto in un angolo ed è la chiave per fare la rivoluzione:

Tutto fatto con gentilezza.

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