Approfondimento

Torino magica, luci e tenebre

La verità è il risultato ottenuto sommando i pensieri della gente. Più questi pensieri sono prodotti frequentemente e vengono espressi da personaggi di alto prestigio, più la verità è attendibile. Analogo discorso vale per Torino, che è magica poiché i suoi abitanti, soprattutto i più rilevanti, hanno desiderato che lo diventasse.

A proposito di verità proferite autorevolmente, abbiamo un esempio che vale la pena di menzionare. Mariano Tomatis, una delle menti torinesi più prolifiche e geniali, allo scopo di voler dimostrare che le storie possono essere vere, o diventare tali se create con acume e talento, fece credere che il Sacro Graal fosse custodito a Torre Canavese. Ne costruì una tesi più che mai credibile, avallata da riferimenti storici ben elaborati, complice la sua incredibile capacità di smascherare frodi così come di inventarle, sia chiaro, a mero scopo didattico e senza alcun fine illecito.

Essendo Tomatis un personaggio estremamente colto e conosciuto, molti credettero alla sua verità. Ne nacquero dibattiti e convegni. Se non fosse stato lui ad attribuirsi l’invenzione della storia, molti continuerebbero a crederci ancora... E non è detto che continuino a farlo, motivando la «confessione» dello studioso con chissà quali paure – come, ad esempio, la minaccia di qualche templare adirato.

A Torino l’aggettivo magica è anche favorito dalla sua posizione geografica. Come dicevano, o forse lo dicono ancora, i libri di geografia delle scuole elementari, «Torino è una città cinta dalle Alpi e attraversata dal fiume Po». Un luogo chiuso che, come tutti i luoghi chiusi, agevola la crescita e lo sviluppo di leggende, le quali custodi scono sempre, al loro interno, particelle di verità reale.

Altro aspetto importante da tenere in debita considerazione quando si parla di Torino magica, è di natura prettamente storica: i Savoia erano molto legati all’occultismo. Spesso davano incarico agli alchimisti di produrre qualche «intruglio magico» all’interno di laboratori dedicati a tale operato, le grotte alchemiche appunto. Le grotte alchemiche, si creda o meno, ci sono state davvero ed una sembra essere emersa nel 2017 ai Giardini Reali, a pochi passi da Piazza Castello, la zona bianca e di luce delcapoluogo piemontese. La zona oscura è invece in Piazza Statuto, dove si nasconderebbe la Porta dell’Inferno. Per non parlare dei due triangoli, quello bianco – che vedrebbe legata Torino a Lione e Praga – e quello nero, con Londra e San Francisco, seppure la ricercatrice e saggista torinese Laura Fezia invece di San Francisco ipotizza Chicago. Quasi ci scordavamo: esisterebbe anche il triangolo Ufo, come scriveva Giuditta Dembech in Torino Città Magica:

Unendo con un segno sulla carta geografica Torino, Bergamo e La Spezia, otterremo un triangolo rettangolo con uno scarto di 3,14: il numero magico contenuto nella Grande Piramide.

È doveroso citare la Dembech, che da poco ci ha lasciati. Lei è stata, e rimane, la più grande divulgatrice letteraria della magia di Torino. Dai suoi libri, decine di furbetti dell’inchiostro hanno attinto e indecorosamente copia-incollato a beneficio delle loro opere,tutt’altro che originali nei contenuti.

La prima edizione di quella che è la “Bibbia” per gli amanti della produzione letteraria sulla Torino della magia, appunto Torino

Città Magica, è del 1978, ma prima c’erano già stati alcuni riferimenti degni di nota alla soprannaturalità di Torino. Ne parlò abbondantemente Renzo Rossotti, e tanto scalpore fece un articolo comparso nel 1972, sul periodico torinese 45° Parallelo: si menzionano i triangoli prima citati e si attribuisce alla stessa città la sede di congreghe sataniche. Curioso pensare che 45° Parallelo era un periodico serio e gestito nientemeno che dall’Associazione Stampa Subalpina e dal Circolo della Stampa.

Anche la stampa straniera dedicò dell’inchiostro all’esoterismo sotto la Mole: ne parlarono The Washington Post e Usa Today. Sulla copertina di Time del 17 gennaio 1969 appare Giovanni Agnelli (famiglia imprenditoriale torinesemente “magica”) e sono molti gli esperti dell’occulto che, proprio sulla stessa copertina, affermano trovarsi dei simboli che, accuratamente celati, riconducono all’esoterismo torinese. A dire il vero, l’abbiamo guardata un’infinità di volte e non li abbiamo mai individuati. Dal 1980 sono stati scritti tanti, troppi libri sul tema, alcuni dei quali, lo abbiamo già sottoli neato, assolutamente imbarazzanti per l’assenza totale di originalità Altri, per fortuna, più interessanti.

L’argomento dell’insolito ha sempre attratto chiunque e sicuramente non poteva che accattivarsi l’interesse anche del popolo torinese, da sempre considerato freddo e riservato. Lo sguardo all’insolito è il mezzo più efficace per combattere la conformità della realtà, e sapere che c’è qualcuno che possa predire il futuro, riesca a vedere le anime dei defunti o parlare con gli alieni, non può che scatenare un entusiasmo anti-noia.

Ogni essere umano ha vissuto un’esperienza paranormale o, i più scettici, un’esperienza di cui non riesce a fornire, soprattutto a sé stesso, una spiegazione razionale. Come esistono i cosiddetti creduloni, che considerano veritiera qualsiasi diceria si racconti loro, ci sono quelli che tendono a non credere a nulla, un po’ per eccesso di razionalità, altre volte perché il paranormale li spaventa e preferiscono allontanarsi dalla questione piuttosto che avvicinarcisi, non per combatterla bensì per tentare di elaborarla.

Bisognerebbe cominciare a sostituire l’aggettivo paranormale con non consueto. La storia ci ha insegnato che molti fenomeni che un tempo non riuscivamo a comprendere, attribuendone l’origine a fonti soprannaturali, risultavano poi interpretabili scientificamente.

Molte delle esperienze di precognizione, psicoscopia d’ambiente, chiaroveggenza, telecinesi, oggigiorno trovano, da una parte, scienziati censuratori e denigratori e, dall’altra, sostenitori aprioristicamente accondiscendenti sul loro accadimento. Molto probabilmente in un futuro, neppure troppo lontano, troveranno una spiegazione che ne farà capire del tutto l’evoluzione.

Di sicuro l’approccio alla visione della quantistica dell’universo sta cambiando radicalmente i nostri modi di intendere il tempo, lo spazio e la materia. E la magia si esprime proprio attraverso questi tre fattori: tempo, spazio e materia. Basta seguire le conferenze del fisico Claudio Rovelli o dell’ingegnere elettronico Antonio Manzalini per accertarsi di come avvenimenti di cui prima non riuscivamo a capacitarci nascondano una verità presumibile se non persino dimostrabile. Malgrado questi presupposti che fanno ben sperare, desidereremmo andare oltre.

Un termine che ci aggrada molto è quello del possibilismo: non dare per scontato che una cosa “è” o “non è”. Nulla è più sensato che affermare che una cosa “può darsi che sia”.

La magia di Torino, e non soltanto quella, non si misura tanto dalla bizzarria, dalla stranezza e dalla presunta non replicabilità delle manifestazioni magiche, bensì dal fascino che tali manifestazioni riescono a esercitare agli occhi di chi le osserva e alle orecchie di chi, in seguito, ascolterà, affascinato, il resoconto dei testimoni diretti dell’evento.

La magia di un racconto s’impregna del bagaglio emozionale ed emotivo di chi l’ha sentito e riportato a qualcun altro. Non esiste una storia, una leggenda, una fiaba che sia la stessa rispetto al momento in cui è nata. Le parole tramandate si colorano dell’anima e del vissuto esperienziale di chi se ne fa tramite. Così vale anche per i cosiddetti personaggi magici di Torino.

Parliamo di Rol, uno tra i più grandi sensitivi del Novecento, torinesissimo. Nel nostro libro non ne parliamo, l’hanno già fatto tutti e molti con incauto e insano intento opportunisticamente commerciale, essendo un personaggio che ha (più che giustamente!) attratto l’attenzione per la sua capacità di creare situazioni surreali, come trasformarsi in un uomo alto tre metri per poi diventare minuscolo, far passare gli oggetti attraverso i muri, leggere i libri chiusi, predire con precisione il futuro, diagnosticare malattie a chi incrociava lungo il suocammino e tanto tanto altro ancora.

Eppure adesso, a una trentina d’anni dalla sua dipartita, anche di lui esistono seguaci fedelissimi quanto incalliti de trattori. Non solo: quei molti che l’hanno conosciuto ne danno un rendiconto diverso l’uno dall’altro, palesemente influenzati dal proprio vissuto. Noi, autori di Torino soprannaturale. Tra sensitivi, faccendieri della magia e il Santone delle Vallette (Intermedia Edizioni), siamo convinti sostenitori del labile confine che separa il consueto dal non consueto.

Abbiamo la fortuna di conoscere Elio De Grandi (in arte Alexander, anch’egli torinese), il più noto ed esperto mentalista d’Italia. Che cos’è il mentalismo? Il mentalismo è quel ramo della magia che intende replicare fenomeni paranormali avvalendosi di stratagemmi, come tecniche di prestidigitazione, trucchi ben congegnati e soprattutto con l’ausilio della Pnl, la Programmazione Neuro Linguistica. Parlandone con lui, abbiamo notato che la porta che separa il vero e proprio trucco magico dal paranormale è semiaperta.

Ci spieghiamo meglio con un esempio pratico: a forza di indovinare i pensieri delle persone attraverso tecniche di Cold Reading (lettura a freddo), dove i mentalisti esperti riescono a cogliere informazioni senza che lo spettatore si accorga di fornirle, può darsi che col tempo si riesca a farlo senza avvalersi di questi stratagemmi psicologici. Esperire all’infinito delle azioni fa sì che poi queste diventino automatiche. Per farla breve, tutto è magia, sia se prodotta artificialmente sia spontaneamente.

Torino, di questo aspetto, è diventata capitale. Come disse Giorgio De Chirico,

Torino è la città più profonda, più enigmatica, più inquietante non d’Italia ma del mondo.

Probabilmente, il grande pittore metafisico avrebbe annuito, leggendo la quarta di copertina del nostro lavoro:

Il grande fuoco, autentico e fatuo, che ardeva in taluni personaggi torinesi ha reso misteriose le notti subalpine, tutt’altro che fredde, men che meno grigie, squisitamente incastonate in questa città crepuscolare che sa sorprendere senza far baccano.

Ed è quanto troverà il Lettore in questo tour squisitamente subalpino...

Torino Soprannaturale accompagna il lettore torinese – in compagnia di chi torinese non è, ma è ugualmente affascinato dalla capitale sabauda – attraverso una kermesse di umanità oggi estintasi. Una umanità che era andata perduta, perché la maledizione di scrivere copia-incollando sta proprio nel ri prodursi sterilmente senza recuperare dal baule della nostra microstoria dei personaggi e delle situazioni che vanno assolutamente riportati in vita!

Le pagine di Torino Soprannaturale consentono l’accesso a una Camera del Tempo squisitamente subalpina, dagli anni Trenta ai Novanta del Novecento, con atmosfere in bilico tra realtà e fascinazione.

Un percorso insolito lungo vie, portici, appartamenti, personaggi noti e meno noti legati alla magia, alla chiromanzia, alla sensitività. Il tutto condito con qualche storiella “esoterica” collaterale, non di rado ai limiti della legalità, in grado di trasmetterci profumi e battiti d’antan. Per questo abbiamo indicato, nel titolo, i faccendieri della magia.

In questa inusuale corsa nelle notti torinesi l’accenno a Rol, lo abbiamo detto, è intenzionalmente fugace, tant’è la sua fama all’ombra della Mole. Di Rol si è detto e scritto ampiamente, sia in vita che dopo. È stato e rimarrà uno dei simboli più alti della zona del crepuscolo della nostra città e dell’Italia intera. In Torino Soprannaturale è invece presente il resto di una Torino notturna – in penombra anche quando il sole è allo zenit – che gli autori hanno recuperato, se non riesumato, da personali passeggiate tra nebbie e riflessi lunari cittadini, vecchi e polverosi articoli di giornale, archivi cittadini e una serie di interviste esclusive ai protagonisti di quegli anni.

I lettori scopriranno che un certo Carlo Bustico è stato fra noi, nell’elegante quartiere Crocetta e sui divani della buona società subalpina in cerca di mistero.

Su di lui poco sappiamo, malgrado le tracce recuperate qua e là, incluso il rapporto intercorrente tra il nostro e la Torino occulta degli anni Trenta, primi Quaranta, attirato com’era dal suadente mondo salottiero che strizzava l’occhio all’esoterismo. Un uomo affascinante che apre il nostro libro e al quale ci siamo affezionati. Riposa al Cimitero Monumentale.

Dopo l’incontro iniziale con Bustico, il viaggio di Torino Soprannaturale prosegue con una serie di personaggi un tempo noti e sui quali non deve calare il sipario: Germana Grosso, Giorgio Pontiglio, Maria Pia Daleth, Luciano Proverbio, il pittore Alessandri, Giuseppe Trappo e altri ancora.

Chi erano? Perché bisogna ricordarli? Non intendiamo certo anticipare il contenuto del nostro lavoro. Diciamo che erano uomini e donne, alcuni ordinari, altri decisamente straordinari se non inquietanti, che hanno donato alla nostra città un ventaglio d’anime custodite gelosamente e discretamente in appartamenti decorosi se non eleganti di una città ìl cui fascino è parte integrante del loro misterioso operato.

Ciò che emerge da questo saggio sulla Torino esoterica del tempo che fu va in controtendenza con l’immagine stereotipata, e inflazionata, che vuole il capoluogo subalpino come opaco. Torino è stata una fucina di umanità tutt’altro che fredda, men che meno grigia, seppur caratterizzata da tratti sfuggenti che l’hanno resa una città crepuscolare che sapeva sorprendere senza far baccano.

In Torino soprannaturale si parla anche di due librerie storiche, l’Arethusa e il Tesoretto. Ma non intendiamo varcare la soglia dei due luoghi di Sapere. Non qui,almeno...

In chiusura del nostro libro, una storia del tutto inedita, che soltanto in apparenza è radicalmente differente dalle altre. Si tratta della biografia del Mago Gabrìel, al secolo Salvatore Gulisano. Con lui si accede a una dimensione unica, bizzarra e magica, che affonda le proprie radici nella storia cittadina legata al fenomeno dell’immigrazione meridionale.

Con l’arrivo dei meridionali e dei veneti a Torino, anche la magia si trasforma. Il mago Gabriel, siciliano, è stato un personaggio unico nel panorama televisivo, inizialmente sulle emittenti locali torinesi, poi nazionali grazie a Mai dire TV, dove veniva preso di mira dalla mitica Gialappa’s Band per via del suo italiano sconquassato, per non parlare degli improbabili esperimenti Eso e Terici.

Ma Gabriel non é stato soltanto questo: prima del successo televisivo, Torino lo ricorda come il Santone delle Vallette, popolare quartiere cittadino, dove il mago ha saputo raccordare, a modo suo, tradizioni della terra d’origine, superstizione e magia. Grazie ai ricordi familiari siamo in grado di andare oltre il personaggio, così da incontrare l’uomo nella sua storia di vita. Ci avviamo alla conclusione di questa pennellata di fascino subalpino – arricchita dalla bizzarria di un personaggio tutto da scoprire – tornando alle origini...

Ci riferiamo al personaggio che apre Torino Soprannaturale, Carlo Bustico, il fascino di un uomo sfuggente. Anticipiamo al lettore di Mistero ciò che era, ed è, chissà in quale dimensione, il nostro Charlie...

Bustico aveva mani lunghissime, da pianista. Di bell’aspetto, pelato, ricordava un po’ Umberto II. Ex maestro di sci a Clavière, conosceva Marianini e sua moglie. Partecipava alle processioni della Consolata. Era un bon vivant, un salottiero che ricordava i personaggi di Tolstoj in Anna Karenina, un uomo che poteva, ad un’analisi superficiale, apparire un “né arte né parte”.

Dispensava consigli, otteneva ringraziamenti, era ben introdotto nei salotti borghesi torinesi. Il fascino di Carlo Bustico sta proprio nell’assenza di una memoria storica su di lui.

Bustico, attraverso un artifizio letterario, lo abbiamo incontrato in Largo Moncalvo, un piccolo slargo decisamente magico, a tratti sinistro, indubbiamente carico di un fascino precollinare che abbiamo descritto in diretta, frequentandolo spesso, nelle nostri notti in cerca di silenzio, di ombre, di suoni distanti e ancora di silenzio, quello abitato, tutto torinese perché, lo abbiamo scritto,

di notte Torino è un’arcana successione di possibilità in divenire, alimentate dalla luce dei lampioni, riflettenti – sulle facciate di palazzi barocchi, liberty e razionalisti – quel familiare color giallo che chiamiamo, riandando alla tradizione, sabaudo.

Non ci resta che augurarvi buona lettura di una Torino ricca di Umanità, di questa e di quell’altra Dimensione... (1) 

Note

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