Mariano Tomatis

La croce e la targa

Una croce di 15 metri si erge sul Musinè dal 10 novembre 1901. Sulla base della croce una piastra evoca la battaglia di Costantino contro Massenzio del 312 e la scritta che sarebbe apparsa in cielo:

IN HOC SIGNO VINCES – A perpetuo ricordo della vittoria del cristianesimo contro il paganesimo riportata in virtù della croce nella valle sottostante in principio del secolo IV.

Don Francesco Pautasso (1851-1928), parroco di Caselette, aveva progettato di innalzarla sul punto più alto del monte, dove si incrociavano i confini di Caselette, Almese, Rivera e Valdellatorre, ma all’ultimo la posizione fu cambiata: il monumento si sarebbe visto meglio da un punto più basso.

Il piccolo spostamento ebbe conseguenze drammatiche: trovandosi interamente nel territorio di Caselette, gli abitanti degli altri tre comuni si rifiutarono di finanziare i lavori.

Sabbia e cemento furono portati a spalle da decine di persone, 25 chili a testa («A smijavo ’d formije» (1) , ricordano i vecchi dell’impresa Visetti). Arrivati in cima, una bilancia verificava che nessuno ne avesse abbandonata una parte lungo il tragitto. Gli uomini erano pagati il doppio rispetto alle donne.

Dai propri parrocchiani don Pautasso raccolse poco più di metà delle 9 mila lire spese per l’impresa (circa 30 mila euro).

Il futuro presidente del Consiglio, onorevole Paolo Boselli, organizzò un banchetto di raccolta fondi, coinvolgendo gli amici e colleghi più benestanti; la colletta non raggiunse le 6 lire.

Per non pesare sulla collettività, il sacerdote trascorse i successivi trent’anni della sua vita a saldare il debito della Grande Opera. Oggi tanta delicatezza non va più di moda: non sarà don Pautasso a pagare le 600 mila croci che ci costerà la linea ad Alta Velocità Torino-Lione.

Il punto più alto del monte ospita, invece, una piccola targa metallica con una scritta enigmatica:

QUI È L’UNA ANTENNA DEI 7 PUNTI ELETTRODINAMICI CHE DAL PROPRIO NUCLEO INCANDESCENTE VIVO LA TERRA TUTTA RESPIRA EMETTE VITA. QUI OPERANO LE ASTRALI ENTITÀ CHE FURONO: HATSHEPTUT, ECHNATON, GESù IL CRISTO, MAOMETTO, CONFUCIO, ABRAMO, IL BUDDHA, GANDHI, MARTIN LUTHER KING, FRANCESCO D’ASSISI E ANCHE TU SE VUOI ALLA FRATELLANZA COSTRUTTIVA TRA TUTTI I POPOLI. PENSACI INTENSAMENTE, 3 MINUTI PENSIERO È COSTRUZIONE.

Nessuno sa chi l’abbia realizzata. Installata tra il 1974 e il 1977, è stata più volte rimossa e rimpiazzata.

Rilievo della palina su cui si trova la targa (Archivi Paolo Fiorino).

Il testo rimanda alla dottrina di Eugenio Siragusa (1919-2006), un uomo in contatto con entità extraterrestri che diede vita a un curioso culto sincretistico – la Fratellanza Cosmica.

Il 14 marzo 1991 Giorgio Galuzzi, un seguace di Siragusa, annunciò su Stampa Sera il ritorno di Absu Imaily Swandy.

Giorgio Galuzzi, “«Fratellanza» e il ritorno di Absu Imaily”, Stampa Sera, 14 marzo 1991.

Sedici anni prima, il 6 febbraio 1975, Galuzzi scriveva a La Gazzetta del Popolo di far parte di un fantomatico “Gruppo Musinè”.

La Gazzetta del Popolo, 6 febbraio 1975

Sulle colonne dello stesso giornale l’ufologo Arduino Albertini ne svelava le magagne, sostenendo che Galuzzi fosse un nome falso e che la foto di Absu ritraesse in realtà l’ottantottenne Gaetano Durante.

Appunto di Arduino Albertini sul retro di una fotografia di Absu Imaily Swandy (Archivi Paolo Fiorino).

Il complicato gioco di specchi e false identità creato dal SIC è ancora oggi un mistero irrisolto – il più perturbante tra quelli che si possono incontrare sul Musinè.

Approfondimenti

• Schema di costruzione della croce sul Musinè dell’impresa Visetti, 1900 (vedi)

• L’articolo di Giorgio Galuzzi “«Fratellanza» e il ritorno di Absu Imaily”, Stampa Sera, 14 marzo 1991 (vedi)

• Circolare del Sidereal Intercontacts Centre su cui compare un riferimento al “Gruppo Musinè” e il simbolo della Fratellanza Cosmica di Siragusa (vedi)

• Misure della palina militare su cui è fissata la targa esoterica del Musinè (vedi)

• Fotografia di un disco volante nei pressi del punto elettrodinamico del Musinè (vedi)

Note

1. “Sembravano formiche” in dialetto piemontese.

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