Per eseguire codesto effetto occorrono alcuni gettoni nei quali sia stata praticata una cavità nel mezzo e che devono essere incollati insieme in quantità sufficiente da formare un contenitore in cui infilare un dado da giuoco. Sulla parte superiore della pila si incolla poi un gettone integro. Occorre anche una scatoletta di latta lucida per contenerli, ma più alta della pila di gettoni incollati. Questa scatola deve anche avere un coperchio. Per prepararla si mettono nella scatola tre gettoni sfusi, poi la pila di gettoni incollati con la cavità rivolta verso l’alto, poi si mette all’interno il dado, e infine altri tre gettoni sfusi, e la si chiude. Si prende la scatola e si racconta così: «Signori, qui c’è una scatola di monete d’oro, m’è stata lasciata in eredità da un amico deceduto a condizione che la utilizzassi degnamente e onestamente. Orbene, Signori miei, trovandomi in viaggio mi capitò d’attardarmi ed esser costretto a cercare alloggiamento; così fu per caso che dovetti fermarmi presso una casa di piacere dove, chiamata l’Ostessa, tirai fuori le mie scorte e domandai cosa dovessi pagare per cibo, bevande e alloggio per la notte.» «Caro amico» disse quella, «dovete darmi tre corone francesi»; così aperta ch’ebbi la mia scatola, la misi sul tavolo (ciò deve essere fatto di modo che l’apertura della scatola sia rivolta verso il basso), tolsi tre monete dalla scatola prendendo quelle di sopra e gliele diedi dicendole: «Eccole a voi.» Se si solleva appena la scatola dal tavolo tenendola con le dita, le tre monete sfuse appariranno in vista. Poi guardandomi intorno vidi una bella fanciulla che scendeva le scale: «Dolcezza» le chiesi, «quanto mi costa stare con voi questa notte?» Lei rispose: «Signore, vi costa tre corone francesi.» Allora le svuotai davanti la scatola e le diedi le altre tre monete, dicendole: «Eccovele qua!» «Orbene» dissi alla mia Ostessa, «che direste se con un trucco di mia conoscenza facessi attraversare il tavolo a codeste sei corone, e di sotto le riprendessi?» «Signore mio» disse l’Ostessa, «avreste la vostra cena, le bevande e l’alloggio gratis, e la ragazza pure dormirebbe con voi allo stesso prezzo.» Allora si toglie il coperchio della scatola dicendo: «Prima vediamo se ci sono ancora oppure no», e mostratele si ricoprono nuovamente. Poi (prendendo altre sei monete come fossero quelle avendone altre sfuse tenute in grembo a portata di mano) si bussa con la mano sotto al tavolo, pronunciando le parole: «Virtute Lapidis, Miracolosi Lapidis, Jubeo Vade, Celerite Vade.» Quindi mescolando le monete come se stessero cadendo attraversando il tavolo, si esclama: «Ecco le monete!» Si solleva poi la scatola, premendo sui lati con l’indice e il pollice (questo impedisce che la pila di gettoni incollati esca) e lasciando poi scivolare segretamente in grembo le monete incollate si dice: «Non v’è nulla eccetto che un dado da giuoco», e gettando sul tavolo la scatola ora vuota si conclude così: «Chi ha vinto tutto, io o la mia Ostessa?»
A è la figura della scatola, BB il coperchio della scatola, C la pila di gettoni incollati insieme, E il buco per il dado, e D il dado. (1)
Questa è la prima descrizione in letteratura magica di un guscio di monete finte (shell coin), antesignano della più moderna Okito Box.
La formula pseudo-latina citata significa: “Pietra virtuosa, Pietra miracolosa, ti ordino di sparire, Presto svanisci!”. Non essendoci alcuna pietra coinvolta nel gioco, in questo contesto la frase è un puro accessorio nonsense.
1. Traduzione di Mauro Ballesio.
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