Giorno dell’Epifania del XI anno E.F. Accanto al trafiletto “La Befana fascista”, un giornalista de La Stampa racconta il suo incontro, in via Maria Vittoria a Torino, con un cartolaio appassionato di illusionismo: A. Boccardi. “Cultore di studi spiritici”, il mago svela molti dei suoi segreti ai lettori del quotidiano.
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In una cartoleria di via Maria Vittoria troviamo un appassionato cultore di studi psichici che alcuni anni or sono ci fornì alcune originali informazioni sulla fotografia del pensiero. A. Boccardi è un collaboratore assiduo di riviste quali Mondo Occulto di Napoli, il Messaggero della Salute di Chicago, la Revue Metapsychique di Bruxelles e il Journal du Magnetisme et du Psychisme di Parigi; ma l’uomo che si è dedicato a scrutare i misteri dell’al di là, che presiede a molte sedute spiritiche, controlla fenomeni di apporti, di materializzazione e di esteriorizzazione, si occupa durante il giorno di problemi affatto trascendentali: quelli impostigli dal suo commercio di cartolaio.
Col Boccardi noi avviamo il discorso sui trucchi bene spesso praticati dai «medium», ed egli, pur riconoscendo che in molte occasioni il «medium», quando non è opportunamente e severamente controllato, è spinto all’inganno, ha preferito parlarci di cose assai più terra a terra. Svelarci cioè i curiosi trucchi di cui si servono molti pseudo-spiritisti e illusionisti per stupire dal palcoscenico il pubblico. Si tratta di esperimenti di trasmissione del pensiero, di autocatalessi, di lettura con occhi bendati di ciò che sta scritto in terra o su di una lavagna a cui l’operatore volta le spalle, esercizi di autoimposizione e di fachirismo impressionanti, quali quelli di coricarsi a dorso nudo su di una tavola irta di chiodi, trapassarsi la gola e le guancie con acuminati spilloni, maneggiare oggetti infuocati, ingoiare aghi, farsl legare solidamente ad una sedia con una robusta corda e liberarsi poi dai lacci con somma e incomprensibile facilità, far ballare tavolini senza l’intervento degli spiriti, ecc.
Ognuno di questi stupefacenti esercizi – secondo [quanto] afferma il nostro interlocutore – può venir eseguito da chiunque disponga di pazienza, di volontà, e soprattutto sappia creare attorno a sè, con opportuna mimica, un’atmosfera che arieggi di soprannaturale. Il Boccardi narra di essersi egli stesso prestato, molti anni addietro, a scopo di beneficenza, a inscenare spettacoli che avevano per base il trucco, e in tutto simili a quelli sbalorditivi che vengono da professionisti presentati sul palcoscenico. Nell’autocatalessi, ad esemplo, che è uno dei più impressionanti esercizi, riuscì sempre a dare l’illusione della verità del fenomeno. Quando l’operatore è ben sicuro che le due persone scelte fra il pubblico a sorvegliarlo non lo metteranno ad alcun rischio – egli ci dice – l’uomo comincerà a respirare affannosamente, irrigidirà il corpo ed infine si lascerà cadere nelle loro braccia. I due lo deporranno con ogni riguardo sulle due sedie preparate prima a conveniente distanza, una per la testa l’altra per i piedi. Sembra a tutta prima una posizione assai faticosa e solamente possibile per un ginnasta, ma un po’ d’esercizio basterà a far sì che qualunque persona possa farlo. Il petto va tenuto in avanti – consiglia il Boccardi – la schiena inarcata verso l’esterno, e in tal modo l’esperimentatore potrà sostenere su di sè, con tutta facilità, il peso di una o anche di due persone. Il… risveglio non deve avvenire subito ma per gradi; l’uomo che finge di uscire dalla catalessi apparirà trasognato, stordito, quasi traballante. Questa messa in scena è sempre di sicuro effetto.
Il nostro interlocutore ci svela poi il mistero della trasmissione del pensiero col contatto della mano o senza; avvertendoci che anche senza bisogno del compare – collaboratore non solamente necessario, ma a volte indispensabile per gli illusionisti – può venir effettuata da chiunque. L’operatore premette sempre che la riuscita dell’esperimento dipende solamente dalla forza di volontà di chi saprà pensare grado per grado tutte le azioni che egli dovrà compiere. Ora l’uomo prescelto non vorrà mai ammettere di non possedere una grande forza di volontà, e d’altra parte ad ogni incertezza servirà a stimolare il richiamo del soggetto: «pensi più fortemente». La mano del guidatore allora si farà così espressiva, con spinte, pressioni, o allentamenti, da sostituire addirittura la parola. Se si tratta di trasmissione senza contatto, la mimica non sarà diversa. Basta ricordare il giocatore di bigliardo che dopo un colpo di stecca segue la palla, ritorcendo il corpo nella direzione in cui vorrebbe quella che andasse, per farsi un’idea dei movimenti che inconsciamente il guidatore farà per indicare all’operatore la giusta via o l’azione che desidera egli compia.
La lettura di uno scrìtto tracciato sulla lavagna è cosa anch’essa semplicissima: uno specchio collocato sulla ribalta lo riflette e allo spiritista non resta che leggere. A volte l’uomo si fa bendare, ma se non si tratta di una benda preparata addirittura in modo da lasciare la possibilità di chiaramente vedere, si tratta sempre di un tessuto speciale le cui maglie, con più vien stretto il nodo dietro la nuca, si allargano sugli occhi, in modo che la vista non ne resti impedita. «Sembra impossibile che un uomo possa passarsi un ferro rovente sulla lingua senza bruciarsi» esclama il Boccardi col tono di chi si prepara a stupire l’uditorio «ed invece con una praparazdone di sapone e di allume che forma un conveniente intonaco, l’esperimento avviene senza alcun dolore.»
In linea generale tutte le manifestazioni di fachirismo sono quelle che maggiormente mandano in visibilio il pubblico. Il Boccardi afferma di aver insegnato molti di tali giuochi al figlio di un noto banchiere di Torino, il quale la sera del 16 aprile [1932] ha potuto, alla Casa del Soldato, per una recita di beneficenza, stupire il pubblico e raccogliere molti elogi. Trafiggersi il collo e le guancie con uno spillone è un giuoco che non ha nulla a che vedere con le manifestazioni dei fachiri autentici. Vi sono muscoli che in certi punti si possono trafiggere impunemente senza fuoruscita di sangue, e senza dolore. Anni or sono vi era a Torino un tale Pietro Gatti, che si magnificava del titolo di «fenomeno fachiro mondiale, visitato da celebrità mediche – come dicevano i foglietti reclame distribuiti – di tutti i paesi d’Europa e d’America». Il Gatti, comunemente conosciuto a Torino col nome di Gucia, si faceva richiudere in una botte irta di chiodi, e – novello Attilio Regolo – ruzzolare per la via, uscendone poi incolume. La spiegazione che il Boccardi ci dà di questo fenomeno è un po’ prolissa. Egli afferma che se un chiodo solo buca inesorabilmente la pelle, una fitta serie di chiodi, come quelli di cui sono costellate le tavole su cui si adagiano i fachiri che si presentano sul palcoscenico, non la lacera più. A volte i fachiri che non son nati sulle rive del Gange e non hanno mai veduto l’India, hanno apparecchi convenientemente preparati per la loro incolumità.
Anche grandi illusionisti quali Vautrin, che ebbero fama mondiale, incontrarono a volta insuccessi, poiché, dovendo dipendere per i giuochi di luce, tende, e specchi da compari, non sempre li trovarono fedeli. Una sera a Firenze in un teatro – ci dice il Boccardi – il celebre Vautrin si preparava a tagliare la testa ad un suggetto. L’esperimento riuscì appieno: il capo del nuovo San Giovanni cadde sul vassoio, come era stabilito, ad occhi chiusi. Ma ecco che ad un tratto fu vista la testa mozza riaprire gli occhi, stralunarli, poi iniziare una serie di starnuti che non finivano più. Un aiutante di Vautrin, per vendicarsi di un rabuffo, aveva cosparso di pepe il vassoio, vuoto solamente nel centro per il passaggio della testa, e se il sipario non fosse calato, si sarebbe visto un fenomeno ancor più strabiliante: cioè il vassoio alzarsi dal tavolo, sotto cui stava rannicchiato il finto decollato, e formare un collare attorno al collo del disgraziato.
«Questi giuochi impressionantissimi sono veramente giuochi» – conclude il Boccardi. «Vi sono delle Case di Germania e di Francia che preparano e vendono un’infinità di apparecchi meravigliosi: scatole e bauli a doppio fondo, cappelli a cilindro o di feltro dai quali a volontà si fanno scaturire le più disparate cose, e perfino quelle famose bare, nelle quali con tanto angoscioso interessamento il pubblico vede inchiodare famosissimi fachiri.»
Che il trucco arrivi fino a questo punto? Noi facciamo su ciò le dovute riserve tanto più che la cronaca registrò una volta il caso di un fachiro morto durante uno di questi originalissimi esperimenti. Se il feretro fosse stato convenientemente preparato l’uomo non sarebbe rimasto asfissiato. Di una di queste Case abbiamo effettivamente visto un catalogo dove figurano le cose più spettacolose quali i nodi scorsoi per gente che desidera impiccarsi tutte le sere davanti a numeroso pubblico ed altri curiosissimi apparecchi; ma almeno sul catalogo le bare – benchè esse dovessero rappresentare il più impressionante e prezioso prodotto della ditta – non ci sono.
Per ragioni di spazio non abbiamo potuto dilungarci a svelare tanti altri trucchi quali ingoiare degli spilli, seguire la linea di Pickman ad occhi bendati, ciò che non può eseguire – afferma il Boccardi – se non chi è dotato di vista acutissima, e molte altre manifestazione dall’apparenza soprannaturale e che svelati si riducono ad un giuoco di società. (1)
1. U.P., “A colloquio con un cultore di studi spiritici. I trucchi dell’illusionismo.”, La Stampa, 6.1.1933, p. 6.
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