È Benjamin Fargion il vincitore del concorso Masters of Mind 2013, che si è tenuto a Roma domenica 24 marzo 2013. L’illusionista si è esibito in un Teatro Alba gremito, nel corso di uno spettacolo presentato da Max Vellucci, sotto l’occhio di una giuria composta da Silvan, Tony Binarelli, Marco Fida e Aldo Aldini.
Benjamin ha alle spalle una carriera da prestigiatore in contesti di close-up, e per una volta ha voluto vestire i panni del mentalista, con un notevole riscontro da parte del pubblico e dei giurati, che hanno ritenuto la sua esibizione meritevole del primo posto. Ho chiesto a Benjamin di raccontarci qualcosa di sé e della sua esperienza al Masters of Mind 2013.
A differenza degli altri partecipanti al concorso, tu non hai un background da mentalista puro, ma ti sei formato nell’ambito della prestigiazione classica. Che cosa caratterizza nello specifico il tuo personaggio?
Sono anni che lavoro per definire un mio personaggio, quindi durante uno spettacolo non posso assomigliare a una brutta copia di nessuno. Anche sentendo i commenti di chi ha assistito al mio numero, credo che a portarmi alla vittoria siano state la semplicità e la spontaneità. In fondo, il mentalista ideale non ha bisogno che di carta e penna per stupire, no?
Racconteresti, per chi non c’era, come si è svolta la tua esibizione?
La mia performance era suddivisa in due parti. Nella prima ho indovinato dei numeri estrapolati da semplici calcoli effettuati da diversi spettatori con il proprio cellulare. Poi ho indovinato una cifra del numero di serie di una banconota pensata da uno spettatore.
In un’epoca dominata dal digitale, c’è ancora spazio per i libri? Ce n’è uno che consiglieresti a chi vuole avvicinarsi al mentalismo?
Libri? Beh, io a prescindere consiglierei di spegnere la televisione e il computer e di leggere praticamente qualunque cosa. Tra i miei libri preferiti sicuramente citerei i 13 gradini al mentalismo di Tony Corinda – che nell’edizione italiana ha anche ottime perle del grande Tony Binarelli – ma anche I cinque punti della magia di Juan Tamariz e L’arte nella magia di Nevil Maskelyne.
Poco fa ti chiedevo che cosa rendesse unico il tuo personaggio. Di fronte agli innumerevoli cloni di Derren Brown, attraverso quali strade il giovane mentalista in erba può uscire dal gregge per coltivare una poetica personale?
Per uscire dal gregge bisogna prima di tutto uscire di casa e dare spettacolo, provando, provando e riprovando. Già questo porta a enormi passi avanti nella scoperta di chi siamo. Visto che abbiamo parlato di libri, citerò una frase molto pertinente che mi disse Henry Evans: «Bisogna studiare con attenzione gli effetti magici e imparare a eseguirli esattamente così come sono spigati sul libro... per EVITARE di presentarli in quel modo!»
Esiste un artista da non perdere per nessuna ragione?
Gli artisti imperdibili sono tutti i professionisti di cui si possa vedere uno spettacolo a teatro, perché credo che la cosa più importante sia andare di persona a vedere gli spettacoli dei grandi. E mi riferisco a spettacoli rivolti al grande pubblico, non a quelli studiati per colpire i propri colleghi o quelli che si trovano in rete, ma quelli che si possono vedere solo dal vivo. Viaggiando molto, posso dire di avere avuto la fortuna di incontrare i più grandi esponenti del mentalismo e della magia in generale, e aver assistito ai loro spettacoli è stato di grande ispirazione. Come mi disse il grande René Lavand, «È stando insieme ai grandi maestri che si impara.»
A chi dedichi la tua vittoria?
Vorrei dedicare questo successo a tutti coloro che negli anni mi hanno sostenuto ed incoraggiato, a partire dal presidente del Club Magico Italiano Franco Silvi e dal mio Maestro e amico Mirco Menegatti.
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