Di strane “teste parlanti” separate da un corpo umano si parla sin dalla notte dei tempi.
Nel II sec. d.C. il profeta Alessandro di Abonotico si presentava come il portavoce del dio Glicone, incarnatosi in forma di serpente e nato tra le sue mani. La pubblica nascita del dio – da un uovo che Alessandro teneva tra le mani – aveva entusiasmato la folla, che insisteva per rendergli omaggio. Alessandro aveva quindi predisposto una piccola stanza nella quale i pellegrini erano accolti uno alla volta; qui potevano toccare con mano il dio serpente. Come in un più moderno sideshow, il locale in penombra custodiva, ben camuffato, un piccolo rettile a cui era stata applicata una finta testa di stoffa dalle fattezze umane; la testa apriva e chiudeva la bocca grazie a sottilissimi crini di cavallo azionati dall’esterno. Sul suo libro L’Alessandro o il falso profeta Luciano di Samosata sottolineò la grande illusività del meccanismo, scrivendo a proposito dei pellegrini in visita:
È logico che a costoro – una volta dentro – il tutto sembrasse un miracolo.
I primi libri a descrivere il segreto di una testa che si muove da sola risalgono alla fine dell’Ottocento e si collocano nell’ambito della nascente dottrina dello spiritismo. L’utilizzo di un teschio umano venne descritto da Edwin Sachs in Sleight of Hand (1885) con il titolo “The Animated Skull” (p.390); anche qui la testa era animata attraverso dei fili azionati da un assistente.
Edwin Sachs, Sleight of Hand, 1885.
L’anno successivo Henri Garenne dedicò all’argomento un capitolo del suo libro The Art of Modern Conjuring: “The Spiritualistic or Animated Skull” (p.179).
Il prestigiatore viennese Josef P. Freud “Joseffy” (1873-1946) perfezionò l’effetto introducendo alcuni meccanismi all’interno del teschio per poterlo usare senza un assistente; veniva presentato come “Balsamo, il teschio vivente” e venne descritto da David P. Abbott (1863-1934) nell’articolo The Marvelous Creations of Joseffy (1908).
A sinistra: Joseffy. Al centro il teschio “Balsamo”. A destra: Padre Carlos María de Heredia (1872-1951).
Abbott realizzò una propria versione del teschio che faceva uso di un filo e di un elettromagnete; i due metodi, usati alternativamente, rendevano del tutto impenetrabile il suo segreto. L’effetto fu descritto tra gli “Electrical Mysteries” su un manoscritto pubblicato postumo da Walter Graham nel 1977 con il titolo David P. Abbott’s Book Of Mysteries.
Nel 1997 “Balsamo” venne accuratamente restaurato da John Gaughan e presentato alla comunità magica a un secolo dalla sua creazione nel corso della quinta Los Angeles Conference on Magic History. Insieme a Gaughan, alla conferenza di partecipazione intervenne anche Max Maven.
Balsamo (Foto courtesy Michael Carbonaro).
John Booth, che ha dedicato un capitolo della sua autobiografia a Gaughan, descrisse il teschio in dettaglio:
L’aspetto geniale stava nel piccolo motore che si basava su un lungo schema codificato e incorporato nel teschio, che registrava i movimenti della mandibola e il loro timing. Joseffy aveva registrato nel meccanismo il corretto numero di secondi di ritardo che servivano per porre ciascuna domanda e per produrre come risposta i movimenti mandibolari (uno o due). Non esiste più grande dimostrazione d’amore per la propria arte se non quello di dedicare centinaia, forse migliaia di ore a progettare e costruire un dispositivo come questo, che solo poche centinaia di persone saranno in grado di vedere durante il suo ciclo di vita.
Recentemente Gaughan ha spiegato che Balsamo non ha bisogno di alcuna azione esterna, perché il “motore” è totalmente contenuto nel teschio ed è controllato da quattro meccanismi a orologeria. Il primo gli fa ruotare il collo, il secondo controlla la mandibola, il terzo governa i primi due meccanismi e il quarto è un pre-motore che dà il via alla routine.
La Chambers of secrets in cui John Gaughan lavora e custodisce la sua ricchissima collezione di automi e giochi di prestigio è nascosta in un capannone dall’aspetto anonimo a Glendale, quartiere di Los Angeles. Il 3 aprile 2012 ho potuto visitarla con la guida di Eugene Burger, ritrovandovi veri e propri tesori: dall’albero di arance di Robert-Houdin al biglietto da visita di Georges Méliès, dall’automa a grandezza naturale di Houdini (che firma un autografo) a una riproduzione a grandezza naturale del Turco che gioca a scacchi (funzionante!).
Da sinistra: Michael Carbonaro, Eugene Burger, Erika Larsen, Marcella Ruble e io.
Il reperto che mi ha fatto più sussultare è stata la “rapping hand” semovente di Joseffy: una mano utilizzata durante le sedute spiritiche che rispondeva alle domande con dei colpi sul tavolo.
Poche settimane prima ne avevo descritta una versione semplificata, realizzata dal mentalista padovano Ottorino Dalla Baratta, in un capitolo del libro La magia di Odaba; a differenza della sua incarnazione italiana, la mano di Joseffy si muoveva da sola (come “Balsamo”) grazie a un groviglio di ingranaggi che faceva mostra di sé attraverso una vetrinetta della collezione Gaughan:
A sinistra, la mano di Ottorino Dalla Baratta (Odaba). A destra, la “rapping hand” di Joseffy.
Ispirato dagli oggetti che si muovevano da soli, nel 1974 – sul numero 2/3 di Magia moderna – Ottorino Dalla Baratta (1909-1983) propose la testa semovente più improbabile e bizzarra: quella di Paperone!
Ottorino Dalla Baratta (Odaba), “Paperone divinatore” in Magia moderna 2/3, 1974.
Questo l’esemplare in cartapesta che il mentalista padovano utilizzava durante i suoi spettacoli:
La testa di Paperone di cartapesta creata da Ottorino Dalla Baratta (Foto courtesy Alex Rusconi)
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