Musinè
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Pic-nic al Musinè - Atto unico (Mauro Macario) - Verso la cima del monte Musinè
Pic-nic al Musinè - Atto unico (Mauro Macario)
Scenografia: un tratto del Musinè scabro e roccioso, senza vegetazione con grande apertura sul cielo. Un paesaggio quasi lunare (che poi è di tipo vulcanico) e basta.
Personaggi:
• Claudio, un uomo sui trentotto anni (un uomo comune e banale)
• Carla, sua moglie
• Un eremita, alto, magro
• L’essere venuto da un altro pianeta.
Musica d’apertura. S’apre il sipario. Siamo al tramonto. Con il corpo per metà nel sacco a pelo vediamo Carla che mangia della frutta. Il marito, Claudio, stranamente irrequieto, e a ragion veduta, sta armeggiando attorno ad una radio ricetrasmittente nel tentativo di mettersi in contatto con un radioamatore.
CLAUDIO — Accidenti! Ma è possibile che non riesca a comunicare con nessuno? Forse c’è qualcosa che blocca le onde oppure siamo in una posizione inadatta. (Guarda la moglie, poi stizzito) Bella avventura! Brava, Carla, complimenti!
CARLA — È colpa mia se ci siamo perduti?
CLAUDIO — Sì, proprio colpa tua e di chi sennò? “Voglio andare sul Musinè, il Musinè è misterioso…”
CARLA — Infatti è finalmente accaduto qualcosa di diverso nella nostra vita.
CLAUDIO — Se per salvare un matrimonio bastasse fare gli esploratori incoscienti, il Musinè diventerebbe meta di pellegrinaggio come Lourdes.
CARLA — Volevo sapere se era vero quello che dicevano su questa montagna.
CLAUDIO — Che ci sono gli ufo? Povera stupida! Non fossimo mai venuti! Non solo non ci sono i tuoi fantastici esseri di un altro mondo, ma nemmeno i comuni mortali che ci traggano da questo pasticcio!
CARLA — Potevi portare una bussola, non so, un qualsiasi strumento d’orientamento.
CLAUDIO — Con te perdo l’orientamento in ogni caso.
CARLA — Bel modo di tranquillizzarmi! Invece di dirmi: cara, stai calma, tutto si risolverà, stai lì a rimproverarmi, come non avessi voluto anche tu venire quassù!
CLAUDIO — lo non volevo.
CARLA — Per quale ragione?
CLAUDIO — (Dopo un attimo di esitazione) Perché... perché é una cosa infantile, troppo stupida per due persone adulte e vaccinate! Evidentemente contro l’idiozia non c’é nessun vaccino!
CARLA — Tu non volevi venire perché hai paura.
CLAUDIO — Paura? Paura di che cosa?
CARLA — Non lo so. Non me lo vuoi dire.
CLAUDIO — Tu sogni.
CARLA — I tuoi sogni sono invece agitati, mio caro, da un po’ di tempo a questa parte.
CLAUDIO — Problemi di lavoro, problemi con te... problemi dappertutto.
CARLA — Problemi anche... di qui?
CLAUDIO — Si, perché sto cercando di intercettare un radioamatore o uno qualunque per chiedere soccorso altrimenti passeremo la notte qui e domani saremo nelle stesse condizioni di oggi, se non peggio. E non risponde nessuno.
CARLA — Qui non troverai nessuno.
CLAUDIO — Cosa?
CARLA — Nessuno che ci possa aiutare. Forse qualcos’altro.
CLAUDIO — Non cominciare con la storia dei tuoi poteri extra-sensoriali, le intuizioni, le visioni. Ne ho abbastanza.
CARLA — Cosa è successo, Claudio?
CLAUDIO — È successo che ci siamo persi.
CARLA — No, voglio dire. Cosa ti è successo da qualche mese a questa parte. Sei irascibile, nervoso. Perché Claudio?
CLAUDIO — Sarà il nostro matrimonio probabilmente che non funziona.
CARLA — No, non è questo. È qualcos’altro che mi tieni nascosto. È come se tu fossi cambiato dopo l’esaurimento nervoso del luglio scorso.
CLAUDIO — Non so, mia cara, se ti rendi conto che siamo soli su una montagna non di certo accogliente, senza sapere la nostra posizione e probabilmente senza comunicare con qualcuno per farci tirare fuori da qui.
CARLA — Ebbene? Anche se dovessimo passare la notte qui, domani sicuramente ritroveremo la strada del ritorno.
CLAUDIO — Io non intendo restare qui questa notte.
CARLA — Allora lo vedi: hai paura!
CLAUDIO — No, sei tu che hai la calma dell’incoscienza, il gusto cretino dell’avventura misteriosa! Vai troppo al cinema, te lo dico io! Accidenti a questo aggeggio, pare proprio sordomuto. Dammi una sigaretta.
CARLA — (Gliela accende) Tutto questo era previsto. Non mi sorprende, sai.
CLAUDIO — Previsto, e da chi?
CARLA — Non lo so: non me lo disse.
CLAUDIO — Ti vuoi spiegare?
CARLA — La scorsa settimana partecipai a casa di amici a una seduta...
CLAUDIO — ... spiritica! Ci risiamo.
CARLA — No, ascolta. Non fare cosi. Incontrai una entità che non mi rivelò il suo nome, mi disse che già da vivo aveva attraversato delle esperienze che nessun essere umano aveva mai vissuto. Mi parlò degli spazi infiniti, del buio interstellare, degli abitanti di un altro pianeta che lo avevano raccolto e portato nel cielo in dimensioni che il pensiero umano non può raggiungere.
CLAUDIO — E allora?
CARLA — La cosa più incredibile è che mi disse che li avrei incontrati anch’io.
CLAUDIO — E dove, qui?
CARLA — Esattamente.
CLAUDIO — Scherzi?
CARLA — Se non scherzava lui, io non scherzo di certo. Ti riferisco.
CLAUDIO — Ed è tutto?
CARLA — Mi disse che qualcosa di atroce sarebbe capitato... qui.
CLAUDIO — Io me ne frego perché non ci credo, ma tu, tu che sei fermamente convinta di queste cose, mi hai spinto a questo ma questo picnic con lo spirito!
CARLA — Tu non credi agli eventi che accadono al di fuori della nostra volontà?
CLAUDIO — Generalmente no. Ma da quando stiamo insieme faccio solo quello che vuoi tu.
CARLA — ... allora io ho pensato che sarebbe stato bene andare incontro agli eventi prestabiliti, senza forzarne il loro accadare.
CLAUDIO — Coinvolgendomi.
CARLA — Non ci dissero: uniti nel bene e nel male?
CLAUDIO — E non sarebbe meglio scegliere la prima soluzione, il bene?
CARLA — Se fossimo noi a scegliere.
CLAUDIO — Fammi riprovare. (Alla radio) Pronto, pronto, se qualcuno ci ascolta e noi non potessimo udirlo, lancio un appello di soccorso, un uomo e una donna si sono persi sul Musiné, avvisata qualcuno, qualcuno che ci possa aiutare. Pronto pronto... (Entra l’eremita. È un tipo ascetico. Saggio, austero ma buono)
CARLA — (Lo vede per prima) Claudio!
CLAUDIO — (Voltandosi) Oh grazie al cielo, chi siete?
EREMITA — E voi?
CLAUDIO — Ho detto: chi siete?
CARLA — Claudio!
EREMITA — Scusate, ormai da tempo vivo quassù che ho fatto mie queste terre aride, scabre, rocciose, che paiono senza vita... ma è solo un’apparenza anche qui qualcosa si muove, vive, si rifugia...
CARLA — Cioè voi?
EREMITA — Anche, ma non solo.
CLAUDIO — C’è qualcun altro? Allora siamo a posto.
EREMITA — No, non intendevo qualcun’altro oltre di me... almeno... come dire... di forma umana...
CARLA — E allora chi è?
EREMITA — Beh, il vento, la pioggia, il sole, piccoli animaletti, non è questa anche vita?
CLAUDIO — Lasciamo da parte la filosofia buon uomo e diteci cosa possiamo fare per tornare al paese.
EREMITA — Caro signore, è molto difficile per me parlare in modo “diverso“, perché gli interessi qui sono di un’altra natura. Di che potrei parlare? Non ci sono discoteche, cinema, televisione, giornali. Pensi un po’ che è solo per intuizione che mi sono reso conto che siamo nel 1978... Comunque prima dell’alba è impossibile tornare in paese. Vi aiuterò domani.
CARLA — Ma di cosa vive quassù?
EREMITA — Faccio il contadino.
CLAUDIO — Ma qui non cresce niente...
EREMITA — Allora diciamo che coltivo il silenzio per il quale ci vuole un concime speciale...
CARLA — Quale?
EREMITA — L’abitudine. Non è facile prendere queste decisioni. E non è divertente.
CLAUDIO — Allora perché non torna a vivere in città?
EREMITA — Perché ne ho paura, a differenza di voi che invece provate disagio a restare qui anche per una sola notte.
CARLA — Ma ci sarà stato un episodio più determinante di un altro per indurlo a questa scelta?
EREMITA — No, nessun fatto importante. Mi è bastato in un giorno qualunque trovarmi a un qualunque semaforo. Non so perché, non so cosa ho fatto ma dal finestrino chiuso di un’altra macchina un uomo mi insultava e io che non udivo ciò che mi stava dicendo mi ero soffermato a osservare questa bocca che si apriva e si chiudeva contratta in una smorfia cattiva. Ho pensato a tutto il lavoro corrosivo che la società, la città aveva operato su di lui. Non ho voluto semplicemente diventare cosi. Parrà stupido ma in queste piccole cose quotidiane troviamo prima o poi la nostra goccia che fa traboccare un bicchiere già colmo d’altre, tantissime piccole gocce accumulate nel tempo...
CLAUDIO — Ma non potreste darci ospitalità per questa notte. Mica vorrete lasciarci dormire all’aperto, con questo freddo?
EREMITA — Domattina mi vedrete spuntare da questo promontorio. La mia casa è priva di conforto, e al mio silenzio poi sono troppo abituato. (Fa per andarsene)
CARLA — Mio marito ha paura.
CLAUDIO — Smettila, stupida! Lo faccio per te. (L’eremita si blocca)
EREMITA — Paura? È un sentimento che non cono sco più.
CARLA — Paura di ciò che non conosce, di ciò che non ha programmato lui!
EREMITA — Ma qualunque programma. il più delle volte, viene scomposto dagli eventi che non dipendono da noi.
CLAUDIO — Credo che sia il tuo spirito.
CARLA — Non fare lo spiritoso.
EREMITA — Egli parla cosi perché, come dice lei, ha paura.
CLAUDIO — E di che cosa, ad esempio?
EREMITA — La prima paura: il buio. Quel buio che da bambino ti fa piangere, ti fa gridare nel cuore della notte, ti crea ombre e figure che forse non esistono o chissà, ma ugualmente accendi la luce, ti spii attorno con gli occhi dilatati con le orecchie tese a percepire rumori felpati, ad ascoltare respiri provenire dagli angoli più oscuri della stanza o della tua mente...
CLAUDIO — Buffone!
EREMITA — Buffone si, ma che ha lasciato quei grande circo che è la vita là sotto dove la gente arranca, si dibatte (continua) lotta e muore per una serie di futilità di ordine pratico abbandonando il sentiero dell’imperscrutabile per la tangibilità degli oggetti firmati: felicità standard...
CLAUDIO — Ci risiamo con la filosofia. Se voglio un sermone, vado in chiesa, e non in cima a una montagna.
EREMITA — Io non parlo di Chiesa né di Dio, ma di altri fenomeni che...
CARLA — ... che hai visto qui?
EREMITA — Forse. Ma che aiutano anche a credere nel mistero, nel mistero in generale. Qualunque cosa ci accada se priva di spiegazione ci sgomenta, ci atterrisce, perché? Affrontarla questa esperienza che è l’ignoto, l’ignoto ci è amico se lo consideriamo tale, ma esso si vendica della nostra ignoranza se lo respingiamo con l’arma della beffa, un’arma che si torce contro di noi...
CARLA — Ma per parlare così, le sarà accaduto qualcosa certamente di inconsueto, un avvenimento rivelatore?
CLAUDIO — Carla. noi dobbiamo cercare di tornare a valle non di fare inchieste giornalistiche!
CARLA — Lasciami parlare.
EREMITA — Lei ha paura, lei nasconde qualcosa...
CARLA — Glielo ho detto anch’io!
CLAUDIO — Basta! Se non ci vuole aiutare, se ne vada!
EREMITA — Una persona la si aiuta in vari modi e secondo le proprie attitudini.
CLAUDIO — La sua attitudine è quella di innervosirmi.
CARLA — A me no, anzi sento una profonda quiete...
EREMITA — Voglio rispondere alla sua signora, poi andrò perché la notte qui é particolarmente fonda e temo di perdere anch’io la strada di casa. Lei mi ha chiesto cosa mai sia capitato qui di cosi strano, inconsueto, incredibile? Niente signora. Semplicemente che ciò che perseguita la fantasia della gente laggiù, qui si avvera e dopo un po’ ci si fa l’abitudine ma quanto spazio in più dentro di noi, quale arricchimento maggiore! Potrei parlarle di come ci si sente vicini a Dio, come lo si sente amico, potrei parlare delle voci indistinte che s’aggregano al vento nelle sere tempestose, potrei parlarle di figure trasparenti, già, trasparenti come ectoplasmi vaganti, che talvolta si aggirano fuori dalle mie finestre. Le parlerò invece di un fatto accaduto l’estate scorsa. Era di pomeriggio. Stavo sul tetto della mia piccola cascina quando una forte luce proveniente dal cielo mi abbagliò a tal punto che quella accecante rifrazione mi costrinse a coprirmi gli occhi con le mani mentre un sibilo perforante mi rese le orecchie ovattate per lunghi, lunghissimi istanti. Quando riaprii gli occhi vidi nella vallata sottostante una voragine. Mi dissi: una cometa, una meteora caduta, ma il fatto di non aver percepito un rumore simile a una esplosione mi allontanò immediatamente da questo pensiero. Ancora convinto che fosse qualcosa di assolutamente normale come, non so, un aliante, un elicottero caduto, mi precipitai verso il luogo dell’accaduto e vidi... vidi un grande oggetto di forma ovoidale dal metallo opaco dal quale proveniva una debole luce dal colore imprecisa che sembrava scandire la sua agonia in modo intervallato, come un cuore umano. Corsi ancor, senza paura, incontro a quella strana forma mai vista e malgrado l’emozione mi facesse lacrimare gli occhi e l’annebbiasse potei individuare due figure di altezza normale e dall’aspetto simile al nostro. Uno di loro era a terra, forse stava male, l’altro mi guardò proprio nell’animo in cui tentai di parlare e la voce non venne fuori dalla mia gola. Emozione, trauma, terrore? No, qualcosa che proveniva da quei poteri me l’aveva eliminata e anche le gambe non procedevano più e il corpo tutto era come paralizzato. Ma la cosa più inspiegabile è che vidi un altro uomo, per intenderci come me, che scappava, scappava... Dopo di che caddi a terra, in un lungo sonno profondissimo e forzato, innaturale. Quando mi risveglîai, trovai solo la voragine. Era notte. Ecco, signora, le ho risposto. A domani. (L’eremita se ne va)
CARLA — Mi sembra di leggerti nel pensiero in questo momento: l’unico uomo che incontriamo quassù deve essere proprio matto! Il colmo della sfortuna!
CLAUDIO — (Turbato) No, non è un matto. Ma è il colmo della sfortuna comunque.
CARLA — Non ti capisco. Un attimo fa deridevi le mie convinzioni e le sue parole. L’hai perfino offeso, maltrattato!
CLAUDIO — Quante cose cambiano da un attimo all’altro! Non dicevate entrambi che tutto ciò che si programma spesso viene stravolto? È cosi forse anche per il carattere di una persona no?
CARLA — Può darsi. Ma da cosa dipende? Da ciò che ha detto? Quel fatto raccontato è meraviglioso.
CLAUDIO — È terribile.
CARLA — Terribile, e perché?
CLAUDIO — Perché è l’ignoto, no?
CARLA — Ma lui ha detto che bisogna essere amici dell’ignoto per non provocarne la vendetta.
CLAUDIO — Non siamo amici nemmeno fra la gente che si conosce!
CARLA — Tanto più allora verso ciò che sfugge all’umana comprensione, se non altro, per favorire la speranza.
CLAUDIO — Speranza in che cosa?
CARLA — Nell’amore, in tutte le sue forme.
CLAUDIO — Amore?
CARLA — Certo, amore o comunicazione, mettila come vuoi.
CLAUDIO — Forse è tardi.
CARLA — Tardi per cosa?
CLAUDIO — Per farci perdonare la nostra incapacità di amare.
CARLA — Parli anche di noi?
CLAUDIO — No, non di noi... ma dell’ignoto.
CARLA — Quell’uomo ti ha colpito.
CLAUDIO — Si, è vero. Vorrei che fosse solo un ectoplasma, di quelli che dice di vedere nelle notti tempestose danzare alla sua finestra.
CARLA — Vieni Claudio, è meglio che dormiamo. Ormai per stasera e tutto inutile. Nel secco a pelo stiamo in due. (I due si infilano nel sacco a pelo. È calata la notte. Musica e poi, un lungo sibilo non avvertito dai due. Entra una figura. È l’uomo venuto da un altro pianeta. Si siede vicino a loro. In silenzio. È rigido ma umano. Veste un indumento attillato e incolore. Può essere scambiato per una persona qualunque. La luce della notte passa al giorno. È mattino. Il nuovo personaggio è sempre li. Carla si sveglia per prima, Claudio dorme ancora. Il personaggio pare non vederla. Carla gli si avvicina come calamitata. S’ode registrata, la sua voce affannata)
VOCE CARLA — (Mentre s’avvicina) Perché non grido, perché non sveglio Claudio, chi è quest’uomo, dov’è la mia voce, vorrei urlare e non ce la faccio, sento i muscoli delle gambe irrigidirsi, perdere la loro elasticità: un torpore limita i miei riflessi e condiziona i miei gesti. Non sono padrona di me, pur conservando l’autonomia dei miei pensieri, cosa vuole questa persona ed è da lui che dipendono le mie difficoltà?
EXTRA — Stai lontana del mio campo magnetico. Ti danneggerebbe.
CARLA — Da dove vieni?
EXTRA — La mia missione era un atto d’amore e di pace.
CARLA — Da quale mondo vieni?
EXTRA — Tu non hai paura.
CARLA — No, io non ho paura.
EXTRA — Il mio mondo non è visibile nè a occhio nudo nè con gli strumenti in vostro possesso. E nemmeno a me ormai perché sono condannato a terminare la mia vita galattica su questo pianeta.
CARLA — Come si chiama il tuo pianeta?
EXTRA — Non ha nome. I nomi non esistono. Voi date nomi. Ero venuto per introdurre questo pianeta nella corporazione del patto interstellare.
CARLA — Che cos’è?
EXTRA — Un’intesa cosmica atta eliminare le scorie di morte volontarie.
CARLA — Ossia? Non capisco.
EXTRA — C’è un punto morto nell’universo, un buco nero in verticale, incorporeo. Lì avremmo fatto esplodere gli strumenti di morte di questo pianeta.
CARLA — Le armi?
EXTRA — Si. Per arrivare all’armonia di tutti i sistemi in un programma di cooperazione multipla da tramandare in eterno.
CARLA — E poi?
EXTRA — Lo scambio genetico per salvare quei popoli del cosmo che stanno morendo. Un accoppiamento misto porterebbe a soluzioni biofisiche atte a eliminare ciò che voi chiamate malattie. Ma ora tutto è finito.
CARLA — Perché? Cosa è accaduto? (Extra tace. Carla si sente respingere da quel raggio d’azione e tornando indietro si rimette nel scemo a pelo. Mentre torna indietro si ode la sua voce registrata) Ecco lo sento, lui comanda la mia memoria, a poco a poco,mentre torno sui miei passi non ricordo più, non ricordo più ciò che ci siamo detti, chi è lui, ora torna anche il torpore, questa volta è sonno, sonno pesante. io non mi sono mai svegliata, l’ultimo incontro risale a ieri notte, l’ultima immagine è quell’uomo che se ne va, poi la bocca di Claudio che mi bacia, le sue braccia che mi stringono, mi dice buonanotte, il suo respiro batte lievemente sulla mia guancia, ecco chiudo gli occhi, è buio, è il sonno, gli attimi di sospensione dalla vita cosciente. Io non ricorderò più, non ricorderò più niente. (Si sveglia bruscamente invece Claudio che si accorge della nuova presenza)
CLAUDIO — Salve! (Extra non risponde) Carla, Carla! Svegliati, la montagna è più popolata di quanto pensassimo!
EXTRA — La tua compagna non si sveglierà.
CLAUDIO — Come?
EXTRA — È sotto il mio controllo, per ora.
CLAUDIO — Ma cosa significa? (La scuote) Carla! Carla! Ma ti vuoi svegliare?
EXTRA — Le ho procurato un sonno innaturale. È inutile ciò che fai.
CLAUDIO — Sei un amico di quella specie d’eremita di ieri notte?
EXTRA — Potevo esserlo. E anche di te.
CLAUDIO — Dì la verità: ti ha mandato lui perché ci indicassi la via del ritorno?
EXTRA — La via del ritorno ormai non esiste più: né per te né per me.
CLAUDIO — Siete tutti cosi misteriosi quassù o vi piace prendere in giro la gente?
EXTRA — È strano: io ti riconosco e tu no.
CLAUDIO — È mattino. Il santone dovrebbe arrivare da un momento all’altro. Ma cosa dicevi, che mi riconosci?
EXTRA — Anche tu mi riconosci, ma le tue difese cerebrali porgono una barriera fra la memoria e lo stato di coscienza.
CLAUDIO — Ma tu chi sei? Un altro che fa meditazione? E poi quando t’avrei incontrato secondo te?
EXTRA — Nel tempo del sole.
CLAUDIO — Nel tempo del sole? Ma come ti esprimi? E quando sarebbe stato questo incontro talmente importante che tu te lo ricordi e io no?
EXTRA — Nel tempo del sole, alcuni cicli fa. Tu eri alle falde del monte. Solo. Solo come adesso sei con me.
CLAUDIO — Non sono solo. C’è Carla.
EXTRA — La tua compagna dorme, non è cosciente, non sa, non ricorderà. Tu sei solo per il giudizio e l’esecuzione.
CLAUDIO — Che giudizio? E da chi? Perché? Di che esecuzione parli?
EXTRA — Dell’esecuzione che determinerà anche la mia condanna perché io ero venuto per suggellare un patto d’amicizia interstellare fra le popolazioni dell’universo.
CLAUDIO — Amico, se non mi sai o non mi vuoi indicare la via del ritorno in paese, a me non me ne frega niente. Carla! Carla, ti vuoi svegliare? Ma cosa le è successo?
EXTRA — La corporazione mi ha mandato per unificare questo pianeta a un programma d’armonia e di evoluzione, tu hai interrotto questo progetto.
CLAUDIO — Io? Io ho fatto, cosa?
EXTRA — Il suolo di questa montagna era rovente, io venivo da un lontano gelo, i comandi autonomi del mio velivolo allora non risposero più a una morbida discesa sul vostro pianeta. Tu eri vicino a noi, alle falde della montagna, per evitare di spegnerti con violenza infrangendo seppur involontariamente il nostro codice d’amore, scaricai la potenza propulsiva del discoide e nel terrifragio fallimentare salvai te ma perì il mio compagno di missione. Ti chiesi aiuto con il metodo del grido telepatico, tu scappasti terrorizzato, vedendomi fra le braccia il mio compagno agonizzante. Tu scappasti mentre avevo bisogno del tuo aiuto.
CLAUDIO — Io... io... sì... è vero... ora ricordo. Vidi un oggetto dalla luce accecante precipitare con velocità inaudita verso di me, poi improvvisamente, l’oggetto discese in verticale sprofondando nel terreno... credo si aprì una voragine... io volevo fuggire questo ricordo... questo rimorso... Mi ricordo di te; con il tuo compagno fra le braccia e un richiamo, un richiamo lancinante nella mia testa, un richiamo che non era un ordine, ma una implorazione, una implorazione umana…
EXTRA — L’implorazione può capitare ovunque, qui e altrove. All’implorazione non si può rispondere con la fuga.
CLAUDIO — Mi pareva che la testa scoppiasse! E... e... non erano delle vere e proprie parole, il messaggio d’aiuto era redatto attraverso moduli diversi che non so ricordare né decifrare...
EXTRA — Era un ipersuono nato dall’agglomerato di tutte le voci della corporazione, erano mille mondi d’amore che te lo chiedevano, milioni di vite unite per una sola vita che ti imploravano, e tu scappavi.
CLAUDIO — Son corso verso la macchina e mi sono incanalato nelle strade verso la città. E non ne ho parlato con nessuno. Potevano prendermi per pazzo, deridermi...
EXTRA — Finché ci sarà un essere incapace di affrontare la verità, altri moriranno. Morranno per il tuo silenzio, o per il silenzio di altri che ci hanno conosciuto e che si sono comportati come te: fuggendo la comunicazione. È da molti cicli che ti seguo all’interno della tua coscienza, sbattuto dai ritmi contorti dei tuoi sonni alterati. lo ti sono sempre stato accanto. Io ti ho riportato quassù.
CLAUDIO — Perché?
EXTRA — Hai respinto un atto d’amore.
CLAUDIO — E allora?
EXTRA — Io respingerò l’armonia della corporazione eliminandoti.
CLAUDIO — Non è amore.
EXTRA — Non giocare. Il mio compagno è morto. La vendetta è amore.
CLAUDIO — Dio ti punirà.
EXTRA — Dio? Di chi parli?
CLAUDIO — Di chi ha creato te e me, di chi ha creato l’universo!
EXTRA — Non capisco il tuo linguaggio.
CLAUDIO — Prima era il buio, poi fu la luce... poi inventò il mare, le montagne, gli animali e l’uomo, e... e sugli altri pianeti non c’è nessuno! Nessuno! Noi soli siamo i re dell’universo! Siamo andati sulla Luna: nessuno! I padroni siamo noi, gli esseri dalla suprema intelligenza!
EXTRA — Tu non sai i mondi che esistono al di fuori delle vostre possibilità di conoscenza. Tu non sai che dietro a quelle stelle che non vedete, altri mondi vivono, altra gente palpita.
CLAUDIO — E di Dio, perché di lui non mi dici niente, allora?
EXTRA — Dio forse poteva essere il nostro incontro. Dio è un atto che dipende dalle nostre coscienze e dalla nostra disponibilità a vedere oltre alle nostre percezioni.
CLAUDIO — Tu non sei di questo mondo!
EXTRA — No di certo.
CLAUDIO — Tu sei il demonio, il maligno, il re delle tenebre, venuto a punirmi per i miei peccati!
EXTRA — Peccati? Cosa sono i peccati?
CLAUDIO — Ciò che non si deve fare perché e ingiusto, immorale e infrange le leggi celesti!
EXTRA — Di nuovo non ti capisco.
CLAUDIO — Chi è in stato di peccato prova rimorso, si logora, si tormenta, si danna per l’eternità!
EXTRA — Allora tu hai solamente peccato nel non soccorrere il mio compagno che per te è morto.
CLAUDIO — No, io sono assolto perché ignoravo, non ero consapevole di cosa stava succedendo.
EXTRA — Troppo comodo. Queste leggi le avete fatte voi.
CLAUDIO — Tu bestemmi.
EXTRA — Non capisco.
CLAUDIO — Ci hanno insegnato ad amare il prossimo, questo è vero. Ma ci hanno anche detto che nel creato c’eravamo solo noi.
EXTRA — Questo rimette tutto in discussione, tutto, vero?
CLAUDIO — Sì. E questa volta io parlerò.
EXTRA — Non ne avrai il tempo. Sono condannato dalla Corporazione poiché ho condannato te, tramite la morte del mio compagno. (Carla si alza nuovamente come ipnotizzata. Avanza di qualche passo verso il proscenio, frontale agli spettatori, con una espressione improvvisamente indurita e gelida e lo sguardo perso in un punto indistinto del vuoto innanzi a sé)
CARLA — È giusto. Non esitare. lo ti aiuterò.
CLAUDIO — (stravolto) Carla! Ma sei impazzita? Cosa dici? Sono Claudio, tuo marito!
EXTRA — Lo stato ipnotico la libera dalle barriere inibitorie.
CLAUDIO — Ciò che dice sono i tuoi pensieri!
EXTRA — Ciò che dice sono solo i suoi pensieri! Noi non usiamo condizionare le genti, il rispetto delle volontà individuali sono alla base del nostro ordine interno ed esterno.
CLAUDIO — Non vorrai farmi credere che la mia donna auspica la mia morte?
CARLA — Non è lui che ho amato, ma l’idea di sé che mi ha dato. Non mi ha reso felice. Poteva amarmi meglio e di più di come ha fatto. Ha spento il sogno che avevo di lui regalandomi alla vecchiaia precoce, quella senza fede e senza speranza, spingendomi inconsapevolmente verso quell’aridità considerata da più parti: maturità. Io vedo correre la bimba che era in me verso di me, ma non mi raggiungerà più.
EXTRA — Vedi? Le nostre posizioni sono piuttosto simili. Lei è più vicina a me che vengo da un altro mondo che a te di cui fa parte.
CLAUDIO — Carla! Carla, non dire così. Certo, qualche volta abbiamo litigato, ma questo capita a chiunque... sì, ammetto d’aver sbagliato a non considerare quelle che erano... che erano le... le tue... le tue esigenze interiori... ma arrivare a volermi uccidere mi pare grottesco, veramente ridicolo... (Ride. Poi a extra) E tu cosa le hai fatto? Restituiscimela come è sempre stata!
EXTRA — L’ho liberata dagli insegnamenti avuti, dalle menzogne in cui era immersa. Anche questa era la mia missione. E tu la preferisci come era prima! Vuoi chiudere gli occhi su tutto. Ti preme più la tua tranquillità che la realtà della tua compagna. Sei un bambino mai cresciuto.
CLAUDIO — Non la riconosco più.
EXTRA — Come vedi i ruoli sono intercambiabili, e un certo equilibrio è riaffiorato. Lei non ti conosce più, tu non la riconosci più. Io ti ho riconosciuto, tu mi hai riconosciuto. Noi due, a differenza di te, ancora legato a fatti puramente conservativi ed emotivi, siamo in grado di giudicarti e condannarti. Ne abbiamo il distacco necessario.
CLAUDIO — La tua concezione di bene si scontra con la mia.
EXTRA — Parche la mia s’allinea con la giustizia e al controllo del comportamento, mentre ciò che tu intendi per “bontà umana” altro non è che una quieta indifferenza.
CLAUDIO — Tu preferisci un mondo in continua lotta punitiva per il poco amore?
EXTRA — Meglio un incendio cosmico, che il gelo di chi vi abita.
CLAUDIO — Strano amore il tuo, una sorta di Giudizio Universale!
EXTRA — L’amore non merita forse di esistere nella sua totalità? Renderlo parziale significa strumentalizzarlo al nostro spazio circoscritto. E se tu non resti sconvolto da un tipo di amore riduttivo che non sfrutta tutte le sue risorse, io sì, io non l’accetto. Offende me e anche tutta la Corporazione. Addio, allora, e con te, muoio anch’io. (Carla, dietro Claudio, alza il braccio, nella mano stringe un coltello da campo. Buio, Claudio crolla in silenzio. Luce verde su Extra, le mani protese verso il cielo)
EXTRA — (Al cielo) Sì... odo le voci della Corporazione... le voci del Cosmo... ho interrotto l’armonia di questo cerchio d’amore, voi non mi accoglierete più, come io non sono stato accolto dal rappresentante di questo pianeta... (Mentre Extra s’affloscia a terra udiamo la registrazione delle voci intergalattiche: “Omaggio a Joyce” (dalla musica di Berio) Carla invece si risveglia dall’ipnosi e non si rende conto di ciò che è accaduto)
CARLA — Claudio, Claudio, cos’è accaduto? Chi è stato? Ma perché? Perché? Che senso ha? (Appare l’eremita, calmissimo)
EREMITA — Vieni, ti porto via di qua.
CARLA — Come è potuto accadere, come è potuto.
EREMITA — Non riuscirai mai a capirlo. Resterai sola con le stesse domande, per anni. Nulla ti ha fatto presagire quanto è successo?
CARLA — Forse. Avevo un appuntamento quassù. E mi era stato detto che qualcosa di atroce sarebbe accaduto.
EREMITA — Il paese dista un’ora di cammino. Non perdiamo altro tempo. Ti accompagno fra la gente che non ama. Vieni. (Mentre i due personaggi escono di scena accompagnati da un breve commento musicale, la luce si attenua sempre più fino al completo buio. Solo una lucina illumina la radio di Claudio rimasta al centro del proscenio. Sbalzo temporale)
VOCE SPEAKER — (Proveniente dalla radio) Questa mattina sul monte Musiné è stato ritrovato il cadavere di un uomo ucciso dalla propria moglie. Un altro uomo, morto, pare per cause naturali, giaceva accanto alla vittima. Lo sconosciuto è sprovvisto di documenti. La donna, fermata dai carabinieri nega di essere l’autrice del delitto. Il suo stato di confusione mentale ha fatto decidere gli inquirenti per una perizia psichiatrica. Sport: domenica prossima, grande derby, la Juventus s’incontrerà con il Torino... (Sfuma tutto) (Buio completo. Lancio di un suono lancinante, elettronico e chiusura di sipario)
Mauro Macario, "Pic-nic al Musiné", Sipario: rassegna mensile dello
spettacolo, Anno 33, N. 385-386 (giugno-luglio 1978), pp. 107-112.