Iniezioni di meraviglia e Sibille da riscattare

Luca Castelli

Tomatis e il suo saggio femminista sulle donne che hanno «incantato» l’Europa.

Mariano Tomatis si autodefinisce «wonder injector», iniettore di meraviglie. Leggendo il suo ultimo libro si intuisce il perché. Incantagioni, che l’illusionista scrittore torinese presenta stasera alle 19 alla libreria Nora Book & Coffee, è un viaggio fantastico in universi reali, nel quale si intrecciano diversi piani di lettura. Il primo è recitato dal sottotitolo: «Storie di veggenti, sibille, sonnambule e altre fantasmagoriche liberazioni». Prendendo spunto da un crudele aneddoto rinvenuto su un libro francese di inizio Ottocento, in cui un ventriloquo si prende gioco di una contadina, con il risultato che lei viene malmenata dagli abitanti del paese mentre lui se ne va sghignazzando, Tomatis individua le esperienze liberatorie di sei donne che — attraverso la magia, la veggenza e l’inganno — attraversano e «incantano» l’Europa di quel secolo.

L’approccio dell’autore è volutamente femminista/riscattatorio, fin nel desiderio di dare un nome a persone a cui la storia spesso non concede nemmeno questo diritto (nell’aneddoto-scintilla il ventriloquo si chiama Louis Comte, la contadina chissà...).

«Per anni sono stato nel Cicap, l’organizzazione che verifica le manifestazioni del paranormale», racconta Tomatis, «ma mi sono reso conto che limitarsi a smontare una storia senza considerare altri aspetti — per esempio le discriminazioni di genere e di classe — ha senso dal punto di vista scientifico, ma non basta. Per le protagoniste del libro, usare certi trucchi era l’unico metodo possibile per recuperare punti sociali. Non nascondo le loro bugie, ma spiego che avevano ragioni sacrosante».

Tra gli esempi più emblematici c’è quello di Carlotta Bongioanni in Cerrino, la cuoca che nel 1834 riuscì a convincere il re Carlo Alberto di essere in contatto con lo spirito di Maria Clotilde di Borbone-Francia, moglie di Carlo Emanuele IV di Savoia, morta nel 1802 e in odore di beatitudine. L’illusione non durò molto e Carlotta fu imprigionata nel carcere di Pallanza dove morì nel 1837.

«Pensiamo ai punti in comune tra la sua esperienza e quella di Gustavo Rol», dice Tomatis. «Entrambi simularono contatti con il mondo degli spiriti, raggiungendo le massime sfere della società. Eppure mentre Rol oggi è ancora oggetto di una sorta di culto laico, Carlotta Cerrino fu imprigionata e dimenticata. Come mai? Ho il sospetto che c’entrino proprio la classe sociale e il genere».

Da un altro punto di vista, Incantagioni è un’appassionante storia ottocentesca del mentalismo più teatrale e dei suoi trucchi. Alcuni di questi vengono riprodotti da Tomatis durante le presentazioni del libro, «senza mai svelarli!» (stasera toccherà a quelli del capitolo sulla «sonnambula»).

Infine, c’è Torino. Incantagioni è un salto all’indietro che ci mostra una città che, già un secolo prima di essere definita magica, è stata «la porta attraverso cui il mentalismo è arrivato in Italia». La mappa tracciata sul libro comprende luoghi ormai scomparsi — come il Vauxhall, un teatrino in via della Rocca che ospitava le esibizioni degli illusionisti — e coincidenze che sono davvero iniezioni di meraviglia.

Come il fatto che la palazzina di via Arcivescovado 7 che nel 1852 ospitava lo studio di Rosalie Lefèvre (la «sibilla moderna» del libro) sia la stessa in cui oltre mezzo secolo dopo Antonio Gramsci avrebbe scrutato nell’avvenire e scritto La città futura. O che il luogo dell’ultima esibizione torinese della Lefèvre, il Teatro Carignano, sia stato scelto da Dario Argento per una delle scene più iconiche di Profondo rosso. «Guarda caso, proprio quella in cui un’altra sibilla moderna, Helga Ullman, entra in contatto con lo spirito del killer del film. E non credo che il regista romano fosse al corrente del precedente».

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