Mariano Tomatis, 5 gennaio 2013
Sherlock Holmes e il mentalismo, tra semplicità e body language
Qualche tempo fa scrivevo che il mentalismo costruisce parte della propria credibilità sull’ipersemplificazione del mondo e dei modelli psicologici.
Arthur Conan Doyle conosceva bene il meccanismo: per consentire al suo Sherlock Holmes di “dispiegare” la sua razionalità in modi tanto sorprendenti, lo scrittore aveva creato una Londra semplificata, retta da logiche rigorose e matematiche. Solo nel mondo dei suoi romanzi si poteva indovinare la provenienza di un individuo dal fango sulle sue scarpe.
Come i mentalisti contemporanei, Conan Doyle mirava a un’assoluta credibilità del suo personaggio; per soddisfare il palato ormai disincantato dell’uomo moderno, le imprese di Sherlock Holmes dovevano apparire meravigliose e verosimili al contempo. Ottenne risultati straordinari, se pensiamo che alcuni lettori si convinsero che — tra i due — fosse Conan Doyle il personaggio di fantasia. (1)
Ironicamente, le giovanissime Elsie Wright e Frances Griffiths resero altrettanto credibili alcune figurine di carta, convincendo Conan Doyle che si trattava di autentiche fate. (2)
Alcuni dei migliori mentalisti producono effetti simili. Dopo uno spettacolo di Francesco Tesei, l’appassionato di PNL Michele Bagnoli ha creato una pagina web in cui ritiene di svelare uno dei segreti dello show. Bagnoli racconta che il mentalista mostra al pubblico tre immagini e invita uno spettatore a sceglierne una, aggiungendo: «Per fare meglio la sua scelta faccia un passo in avanti cosi potrà vederle meglio.»
Commenta Bagnoli:
A quel punto la persona farà la sua scelta che ricadrà inevitabilmente sull’immagine numero 1 perché il mentalista ha detto «Faccia un passo in avanti». Se avesse detto: «Faccia due passi in avanti», la persona avrebbe scelto l’immagine numero 2. Se il mentalista avesse detto: «Faccia tre passi in avanti così potrà vedere meglio le immagini», la persona del pubblico avrebbe scelto la numero 3. In definitiva è il mentalista che suggerisce alle persone la scelta da compiere. (3)
Quello proposto dallo studioso di PNL è un modello semplice: il numero dei passi corrisponderà sempre (“inevitabilmente!”) alla fotografia scelta. Ma chi non ricorda la massima di Alfred North Whitehead?
Cerca la semplicità, e diffidane!
Il modello Bagnoli ha un unico problema. Non funziona. Ma l’aspetto interessante della vicenda risiede nella capacità, da parte di Tesei, di evocare tale spiegazione nella mente degli spettatori senza fornirla direttamente. Non è lui a offrirla in questi termini. Tale modello emerge spontaneo dalla capacità di Francesco di disporre gli elementi in uno scenario tale da evocare solo i modelli più stupefacenti (e nascondere l’unico autentico.)
La maggiore persuasività dei modelli semplici rispetto a quelli complessi è oggetto di importanti studi scientifici (4) , ed è un’arma potente al servizio degli storyteller — siano essi scrittori o mentalisti. Ma il mentalismo contemporaneo ricorda le imprese di Sherlock Holmes per un altro aspetto, di grande presa sul pubblico di oggi.
Denunciando i condizionamenti della tecnologia moderna sugli individui, Jaron Lanier fa notare che, grazie ai social network,
stiamo perdendo empatia per la vita interiore degli altri (5)
sostituendo i contatti umani con le comunicazioni virtuali. Tale empatia si apprende solo con il contatto diretto, ed è fatta di messaggi che gli esseri umani si sono scambiati per millenni:
Un gesto impercettibile, come una mano passata tra i capelli, sa dire molto più di una faccina sorridente su Facebook, a patto di essersi allenati a valutarla. (6)
Un secolo fa Sherlock Holmes basava su tali indizi le sue deduzioni più sorprendenti. Oggi, i mentalisti che, sempre più spesso, includono nelle loro narrative la “lettura dei segnali del corpo” fanno appello alla ricchezza di messaggi verso cui stiamo (stupidamente) perdendo interesse.
Seppur semplificandole per scopi teatrali, il mentalismo restituisce valore all’empatia e all’osservazione attiva, riportando l’attenzione sugli sguardi piuttosto che sulle emoticon. È un’indicazione preziosa nella nostra cinica epoca, in cui
ogni moderna relazione ci pone di fronte a una sfida: come risultare più interessanti dello smartphone del partner? (7)
Note
1. Michael Saler, As If — Modern Enchantment and the Literary Prehistory of Virtual Reality, Oxford University Press, New York 2012.
2. James Randi, Flim-Flam! Fandonie, Avverbi, Roma 1999, pp. 29-62.
3. Michele Bagnoli, “Come condizionare una persona a compiere una scelta guidata!” in http://www.michelebagnoli.it/index.php/mentalismo-sveliamo-un-trucco.html
4. Si vedano gli studi di Alex Bavelas citati in Paul Watzlawick, How Real Is Real?, 1977.
5. Jaron Lanier cit. in Paolo G. Brera, “Così le macchine cambiano i cervelli” in Repubblica, 5.1.2013, p.21.
6. Ibidem.
7. Alain De Botton, Tweet del 4 gennaio 2013.