Mariano Tomatis, 17 novembre 2012
La bibbia dei cerchi nel grano
Se ogni disciplina ha la sua bibbia, è raro assistere alla pubblicazione di un libro già consapevoli della sua natura di “classico”.
I lettori impiegarono anni ad accorgersi che La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi — pubblicato in 111 edizioni dal 1891 a oggi — fosse “il” libro di cucina indispensabile. Gli illusionisti battezzarono “La Bibbia” il libro di Erdnase L’esperto al tavolo da gioco troppo tardi per scoprire chi fosse il suo vero autore, che si nascondeva dietro uno pseudonimo. Oggi l’Erdnase è considerato il testo fondamentale per avvicinarsi alla prestigiazione.
Cerchi nel grano — Tracce d’intelligenza (1) di Francesco Grassi, pubblicato in questi giorni per le edizioni STES, è un libro senza precedenti, che diventerà presto la bibbia di una branca quasi sconosciuta dell’illusionismo moderno: il circlemaking.
Affascinato dal fenomeno dei cerchi nel grano da oltre un decennio, Francesco lo ha esplorato dall’interno, facendosi ammettere nei circoli inglesi più esclusivi, scavando negli archivi più nascosti e seguendo le labili tracce di uno dei più affascinanti misteri moderni.
Apparsi per la prima volta negli anni Ottanta in Inghilterra e poi diventati un fenomeno artistico in tutto il mondo, i crop circles hanno trasceso immediatamente i confini dell’arte per evocare incontri ravvicinati con gli extraterrestri, perturbazioni meteorologiche misteriose ed energie mistiche.
Incarnando perfettamente la “sgangherabilità” della Bibbia più famosa, anche il volume di Francesco Grassi contiene molti libri in uno.
• È un libro di storia, che ripercorre nei dettagli la nascita e l’evoluzione del fenomeno, mettendo in luce entrambe le sponde dei cerchi: l’interno, dove operano i creatori delle formazioni, e l’esterno, dove si addensano coloro che le studiano, avanzando le ipotesi più diverse (e strampalate).
• È un’antologia ricchissima: l’appendice del libro copre oltre metà delle 500 pagine complessive, e raccoglie articoli tratti da riviste del settore, interviste ai protagonisti della prima ora e pubblicazioni scientifiche la cui lettura richiede conoscenze statistiche non comuni. Quasi tutto è materiale praticamente irreperibile, spesso stampato in forma ciclostilata e in un numero ridottissimo di copie, rintracciabile solo entrando in contatto — uno dopo l’altro — con tutti i personaggi chiave delle vicende e acquistando la loro stima e fiducia.
• È un saggio che tenta un approccio “filologico” ad alcuni autori del passato accostati ai crop circles — da Agobardo (VIII sec.) a Robert Plot (1686) fino a un anonimo del 1678. Ognuno dei testi analizzati sembra contenere riferimenti a cerchi nelle coltivazioni molti anni prima della nascita moderna del fenomeno. Francesco li analizza uno per uno, cercando di collocarli nel contesto storico in cui vennero elaborati.
The mowing-devil: or, strange news out of Hartford-Shire (1678).
• È un testo di divulgazione scientifica che rivela la fatica di chi affronta, con rigore e serietà, le indagini sul paranormale. Lo studio delle cosiddette “mosche morte” — indice, secondo alcuni, della genuina “misteriosità” di un cerchio nel grano — ha richiesto a Francesco un misto di serendipità, costanza, perizia tecnica, studio sul campo e ricerche d’archivio; il risultato dell’interminabile analisi non è solo impressionante, ma rivela la sproporzione tra la facilità di proporre una teoria strampalata e la complessità di “smontarla” con evidenze chiare e solide.
• È un corso pratico: per la prima volta, le tecniche per realizzare un cerchio nel grano vengono affrontate in maniera sistematica, con un preciso intento didattico.
Avendo divulgato la realizzazione di una tra le più belle formazioni apparse in Italia, Francesco Grassi mette a disposizione dei lettori tutti i segreti della sua arte, con un livello di dettaglio che testimonia una pratica notevole. Ogni fase del lavoro è descritta con dovizia di particolari: dalla scelta del campo alla richiesta di autorizzazione, dalla definizione del disegno alla valutazione del team necessario per l’impresa, dalla scelta dei materiali da portare con sé alle tecniche per nascondere le proprie tracce, dai metodi per fare emergere apparenti anomalie a quelli per nascondere messaggi in codice. Come in un qualsiasi altro manuale didattico, non mancano schede con esercizi geometrici ed esempi tratti dai veri cerchi nel grano. Nell’analisi più notevole, la spettacolare formazione di Milk Hill viene dissezionata nelle sue componenti, con un’abilità retroanalitica profonda e sorprendente.
• È il resoconto di un esperimento sociale unico al mondo. Nel 2011 l’autore ha reclutato una squadra di circlemakers con cui ha realizzato vicino a Torino la più complessa formazione mai apparsa in Italia:
Ispirato alla mitologia sumerica e ai suoi risvolti millenaristici, il cerchio nel grano ha scatenato la nascita di svariate teorie in chiave esoterica e parascientifica. Tali reazioni sono state monitorate per un anno e raccolte da Francesco a commento del racconto della notte tra il 18 e il 19 giugno 2011. Per la prima volta è possibile analizzare contemporaneamente il progetto di una geometria, i suoi intenti simbolici, le tecniche di realizzazione della stessa e le narrative che ha fatto emergere in chi le ha studiate.
• È un manuale per illusionisti che vogliono approfondire la (inconsapevole) nascita di una branca della magia che ha poco più di trent’anni — come cercherò di mostrare nei prossimi paragrafi.
Una moderna forma di illusionismo
I due artisti inglesi che diedero via al fenomeno non avevano affatto chiaro quali forze stessero evocando. Dopo aver visto una formazione circolare in una palude australiana, di ritorno in patria Doug Bower spiegò:
ci saremmo divertiti un sacco se avessimo potuto inventare un modo per lasciare un segno circolare tra quei campi. Avremmo destato interesse, […] la gente avrebbe pensato che durante la notte fosse atterrato un UFO. (2)
Sin dal primo momento, come veri e propri prestigiatori, l’intento dei due artisti era quello di realizzare qualcosa che evocasse presenze insolite e sorprendenti, che uscisse dall’ordinario e richiamasse dischi provenienti dallo spazio. Non avrebbero funzionato delle geometrie astratte. La scelta del cerchio aveva precisi scopi evocativi:
Non ha senso fare dei quadrati o dei triangoli o roba del genere perché non somigliano a nulla che venga dallo spazio profondo. (3)
La strategia funzionò ben oltre le loro aspettative, e sfociò in un vero e proprio sistema di credenze. Da una parte, loro agivano come illusionisti che — mascherando i loro trucchi, nascondendo le tracce del loro passaggio e operando in scala gigantesca — realizzavano qualcosa di apparentemente impossibile. Dall’altra parte, un vasto pubblico iniziò a speculare sulla loro origine, finanziando un sempre più vasto mercato di paccottiglia new age, fatto di gioielli, souvenir, poster, fotografie, spighe imbustate e pozioni magiche che facevano riferimento alle varie formazioni. Ilene, la moglie di Doug, spiegò che non si aspettavano tale reazione:
Ci faceva arrabbiare il fatto che la gente li usasse come un mezzo per far soldi a spese dei più creduloni. (4)
Il marito confermava il fastidio, rivelando che i risvolti spirituali emersi dal fenomeno erano del tutto inaspettati:
Io non riesco a capire perché la cosa è diventata così grossa, ma adesso vedo che è più o meno incontrollabile. (5)
I due presero un po’ sotto gamba una delle lezioni che erano venute, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, dal movimento letterario del New Romance.
Meravigliare senza ingannare
Nata in aperta contrapposizione al disincantamento del mondo teorizzato da Max Weber, e in alternativa all’approccio poetico-romantico, la corrente letteraria del New Romance produsse opere di fantasia che mimavano i trattati scientifici. Tolkien aggiungeva mappe e glossari ai suoi romanzi, creando mondi alternativi il cui rigore interno era garantito. Lovecraft faceva riferimento a precisi concetti fisici per fondare terrificanti cosmogonie, che non avevano nulla di esoterico ma si fondavano su forze elettronucleari o reazioni chimiche incontrollate. Conan Doyle dotava il suo Sherlock Holmes di una iperrazionalità i cui risvolti avevano effetti vicini alla lettura del pensiero. Tali opere miravano a stupire gratificando la ragione, senza pretendere — nel lettore moderno e disincantato — enormi balzi della fede. Nel 1909 Maurice Renard riassunse egregiamente l’approccio poetico del New Romance:
Il più delle volte, una singola bugia collocata all’inizio di un lavoro — una deviazione dalla norma — è sufficiente per preservare il doppio binario della meraviglia e della credibilità scientifica, senza che sia necessario introdurre ulteriori falsità. (6)
Ciò di cui si accorsero presto gli autori di tale corrente letteraria è che la sorpresa può avere conseguenze inaspettate: la stessa narrativa in grado di meravigliare può arrivare a ingannare chi la confonde con la realtà. Ne fece le spese Conan Doyle, quando si trovò a negare la vera esistenza di Sherlock Holmes, che diversi lettori iniziarono a credere “più vero” di Doyle stesso. Nel suo As If — Modern Enchantment and the Literary Prehistory of Virtual Reality (7) Michael Saler riassume il delicato dilemma nell’espressione “delight without delusion”. In che modo si può mirare alla meraviglia senza che essa sfoci nella credulità? L’autore analizza i modi in cui i tre più noti esponenti del New Romance (Conan Doyle, Lovecraft e Tolkien) mirarono a tale equilibrio, con esiti diversi. A quasi un secolo di distanza, i due creatori del circlemaking si trovarono ad affrontare lo stesso dilemma, senza intuire sin dall’inizio che quel tipo di stimolo meraviglioso avrebbe evocato — in modo del tutto spontaneo — la nascita di credenze parascientifiche.
Oggi il circlemaking è un’attività del tutto in linea con le poetiche del New Romance — e l’intera letteratura “credente” sull’argomento non è che fantascienza inconsapevole. Qual è la differenza tra la forza nucleare debole che darebbe origine al terrificante dio Azathoth di Lovecraft (8) e le Ball Of Lights da cui trarrebbero origine i cerchi?
A sinistra: il riflesso della forza nucleare debole che costituisce il dio Azathoth nell’interpretazione di Djie Han Thung (1998) — A destra: due Ball Of Light creano un cerchio nel grano nell’interpretazione di John Wabe (1996).
Si tratta, in entrambi i casi, di narrative estremamente verosimili, del tutto allineate con l’estetica e il raziocinio moderno, in grado di sorprendere senza chiederci una fede eccessiva nel sovrannaturale. La differenza più profonda sta nella consapevolezza dei loro autori. Gli esponenti del New Romance riempirono le loro opere di strizzate d’occhio ironiche, rivolte al lettore più smaliziato (“Ehi, dico a te che sai leggere tra le righe: te lo ricordi che è un gioco, vero?”). Gli autori che credono nell’origine misteriosa dei cerchi mancano totalmente di tale ironia, diventando essi stessi personaggi di una narrativa fantascientifica da cui non sono in grado di uscire. La “bibbia” di Francesco Grassi offre una buona via di fuga da tale trappola.
Proprio come avviene nel mentalismo, i circlemakers più sensibili all’etica si chiedono in che modo sorprendere senza ingannare. Svelare i trucchi distrugge il fenomeno: come spiega Francesco, i cerchi nel grano di cui si svela la paternità perdono interesse agli occhi degli appassionati. Al contempo, mantenere il segreto incoraggia la fede nelle spiegazioni più antiscientifiche.
Forse — come ci ha insegnato il New Romance — l’equilibrio si raggiunge soltanto con una giusta dose di ironia, rivolta a chi ha occhi per capire.
Un ringraziamento a Ferdinando Buscema per la consulenza.
Note
1. Francesco Grassi, Cerchi nel grano — Tracce d’intelligenza, Edizioni STES, 2012.
2. Francesco Grassi, op. cit., p. 48.
3. Francesco Grassi, op. cit., p. 49.
4. Ibidem.
5. Ibidem.
6. Maurice Renard, “Du Merveilleux scientifique et de son influence sur l’intelligence du progrès” in Le Spectateur, ottobre 1909.
7. Michael Saler, As If — Modern Enchantment and the Literary Prehistory of Virtual Reality, Oxford University Press, New York 2012.
8. Matthew H. Onderdonk, “The Lord of R’lyeh: A Discussion of the Supreme Contribution of Howard Phillips Lovecraft to the Philosophy of the Weird Tale” in Fantasy Commentator, n. 6, 1945, p. 110.