Mariano Tomatis, 30 maggio 2012
L’elettromagia e il mio debito creativo verso Alfredo Castelli
Passando in rassegna i miei fumetti, sarebbe difficile fare una stima di quante migliaia di vignette io abbia letto negli ultimi 35 anni. Un compito più facile è quello di individuare quella che ha maggiormente influenzato la mia carriera in ambito creativo. Eccola.
Le chine sono di Giancarlo Alessandrini, ma la concezione dell’immagine è di Alfredo Castelli, uno degli autori più importanti nella definizione del mio universo narrativo di riferimento.
Tratta dal racconto “Space Invaders”, pubblicato sul numero 65 di Martin Mystère, la vignetta faceva riferimento a un concetto dal fascino irresistibile ai miei occhi di giovane mago e studente di informatica: l’elettromagia. Henry, lo strampalato protagonista dell’episodio, raccontava di sé:
Io ho sempre avuto due hobby […] l’elettronica e la magia. Rimuginando su questi due argomenti, mi sono reso conto di una cosa apparentemente molto banale. Tutte le apparecchiature elettroniche che hanno rivoluzionato questo secolo sono state anticipate dai maghi del passato. Pensate un po’… che cos’è la sfera di cristallo di cui si servivano i maghi del passato se non un televisore? Un televisore che funzionava senza bisogno di filo o di altri componenti di alcun genere… E adesso provate a pensare a uno specchio magico. Bastava rivolgergli una domanda e questo rispondeva. Quel leggendario oggetto probabilmente vi ricorderà un apparecchio moderno… un computer. Gli viene posta una domanda — in questo caso a voce, e non per mezzo della tastiera — ed esso risponde su uno schermo, lo specchio. E anche in questo caso non ci sono collegamenti elettrici, o microchip al silicio. Pensate al Golem, creato dalla magia ebraica. Il rabbino lo attivava scrivendogli il tetragramma sacro sulla fronte — qualcosa di molto simile a un normale interruttore — dopodiché prendeva vita ed eseguiva gli ordini del suo creatore. Come un robot, ma senza complicati servomeccanismi. Il corpo del Golem era formato da argilla come quello di Adamo. […] La bio-cibernetica […] sta studiando il modo di utilizzare materiale organico, proteine, al posto del silicio. Ebbene, io mi sono chiesto se era possibile sviluppare una nuova scienza, l’elettromagia, come l’ho battezzata. Utilizzare le forze sconosciute che animavano quegli antichi oggetti e adattarle a usi moderni. Per esempio creare un dispositivo elettronico che permettesse di sintonizzare una sfera di cristallo come un televisore, oppure realizzare uno specchio magico in modo da poterlo programmare come un computer, il tutto con grande risparmio di spazio e di componenti. I miei apparecchi sono praticamente vuoti. Ho collegato gli elementi essenziali secondo schemi precisi: pentacoli, amuleti, oggetti che avevano subìto un rituale particolare.
L’oggetto ritratto nella più importante vignetta della mia vita creativa era una sorta di Ipad ante litteram: uno schermo ultrapiatto e leggerissimo, in grado di sintonizzarsi su una miriade di canali televisivi; scoperchiato, rivelava un pentacolo, una fettuccia rossa e due valvole che contenevano rispettivamente capelli e un liquido scuro indeterminato.
La mente razionale era ben consapevole dell’impossibilità di tale disciplina, ma una parte di me trovava l’idea irresistibile: se nel mondo ci fosse stato spazio per una tecnologia tanto folle, avrei voluto dedicarle tempo ed energie intellettuali, tanto era allineata ai miei interessi professionali — la magia e l’elettronica.
Mi procurai tutti gli arretrati di Martin Mystère e divenni un fedele del “realismo magico” di Alfredo Castelli. Gli stimoli creativi, originati dalla lettura dei suoi fumetti, sono stati continui e innumerevoli.
• Nel 1997 ho dato alle stampe Sulle tracce di Atlantide, uno spin off del racconto di Martin Mystère “La quarta caravella”. Il mio romanzo si apriva con una lettera del 1440 spedita al papa Onorio II dal fantomatico pater Johannes — in realtà concepita da Castelli nell’ambito del suo racconto.
• Nel 2005 ho curato l’antologia Dietro il Codice Da Vinci, che — come riferisce lo stesso Castelli nel numero 285 di Martin Mystère:
con una nota in apertura […] ufficializza per la prima volta il termine “mysteri” (con la (“y”) coniato da [Martin Mystère] in contrapposizione a “misteri”, e ne fa uso per designare gli enigmi che riguardano ciò che è fuori dalla norma. (1)
• Nel 2008, incrociando l’idea dell’elettromagia con quella degli “oggetti fuori dal tempo” — altro tema ricorrente nella serie di Martin Mystère — ho individuato in un libro del Seicento alcuni riferimenti a fenomeni elettromagnetici e forse addirittura a un televisore. Degli stessi ho riferito nel corso di una relazione tenuta al 1° Simposio Magico Italiano, dedicata al libro Mercury or the Secret and Swift Messenger (1641).
• Nel 2009 ho realizzato il museo di Rennes-le-Château, includendo un pannello finale in lingua italiana che omaggiava la storia a fumetti “Dieci anni dopo”, dedicata all’enigma storico del villaggio francese e pubblicata su Martin Mystère 121.
Sulle tracce di Atlantide (1997) — Dietro il Codice Da Vinci (2005) — Musée Bérenger Saunière (2009)
Chiusi i conti con Atlantide e Rennes-le-Château, restava in sospeso l’assurda disciplina dell’elettromagia; se esisteva una strada per diventare un “tecnomago” senza comprare la tessera di una conventicola esoterica, l’avrei trovata. Compulsando a fondo la vasta letteratura sull’esoterismo e, in parallelo, quella sull’elettronica, mi imbattei in due fonti fondamentali.
La prima era un libro a cui, anni più tardi, avrei dedicato un intero capitolo del mio libro La magia della mente: si trattava de Il mattino dei maghi (1960), il manifesto del realismo magico firmato da Louis Pauwels e Jacques Bergier. Scrivevano i due autori francesi:
L’immortalità, la levitazione, la telecinesi, ecc. […] sono realtà? […] Guardiamo le cose con l’occhio dello straniero del Difuori che sbarca sul nostro pianeta: la levitazione esiste, la visione a distanza esiste, l’uomo ha il dono della ubiquità, l’uomo si è impadronito dell’energia universale. L’aereo, il radiotelescopio, la televisione, la pila atomica esistono. Non sono prodotti della natura, sono creazioni della mente umana. […] «Voi non siete serio! Ci parlate di macchine!» Così diranno tanto i razionalisti che invocano Descartes, quanto gli occultisti che invocano la “Tradizione”. Ma che cosa chiamiamo macchina? […] Alcune linee tracciate con l’inchiostro su una pergamena sono una macchina? Ora, la tecnica dei circuiti stampati, che l’elettronica moderna impiega correntemente, permette di costruire una ricevente di onde composta di linee tracciate con inchiostri contenenti l’uno grafite, l’altro rame. Una pietra preziosa è una macchina? Ora, la struttura cristallina di una pietra preziosa è una macchina complessa. E si impiega il diamante come segnalatore dele radiazioni atomiche. Cristalli artificiali, i transistor, sostituiscono nello stesso tempo le valvole elettroniche, i trasformatori, gli apparecchi girevoli elettrici come i commutatori per l’elevazione del voltaggio, ecc. La mente umana, nelle sue invenzioni tecniche più sottili ed efficaci, impiega mezzi sempre più semplici. «Voi fate giochi di parole» esclama l’occultista. «Io parlo delle manifestazioni dello spirito umano senza nessun intermediario di alcun genere.» È lui che gioca con le parole. Nessuno ha mai registrato una manifestazione della mente umana senza usare qualche macchina. Questa concezione dello “spirito in sè” è una perniciosa fantasticheria. La mente umana in azione utilizza una macchina complessa, messa a punto in tre miliardi di anni di evoluzione: il corpo umano. (2)
La seconda fonte chiave fu un articolo di Alexander K. Dewdney pubblicato nel 1986 su Scientific American. Contraltare pratico della spettacolare visionarietà dei due autori francesi, l’articolo si intitolava “Digital prestidigitation: the fine art of magic and illusion by computer” (3) e conteneva una breve raccolta di idee per produrre effetti magici con un personal computer.
A distanza di molti anni dalla scoperta di quella vignetta, l’elettromagia è diventata parte della mia vita professionale. Lavorando come consulente aziendale, sono stato coinvolto nella progettazione di svariati sistemi informatici che producono effetti “magici”. Oggi il mio portfolio raccoglie una ventina di progetti “elettromagici”, che coinvolgono i computer e il Web in esperienze interattive al confine tra la scienza, il paranormale e il sogno.
Nel 2011, insieme a Ferdinando Buscema — unico altro “tecnomago” italiano — ho partecipato alla Worldwide Partner Conference organizzata a Milano da Microsoft con un intervento dal titolo “La Magia dell’Informatica — Tecnologia al servizio della Meraviglia”.
Se l’elettromagia è uscita dalle pagine di un fumetto per diventare realtà, ciò è avvenuto grazie al suo padre spirituale, il genio creativo a cui devo una parte importante dell’ispirazione ricevuta in questi anni.
So di essere in buona compagnia: è di pochi giorni fa la pubblicazione di un volume intitolato Alfredo Castelli — Storie e mysteri di un grande narratore, curato dall’Associazione COMICON di Napoli. L’entusiasta tributo alla sua carriera dà un’idea della vastità dei suoi interessi e del livello di dettaglio con cui è in grado di affrontare le tematiche dell’insolito, in perfetto equilibrio tra il gusto fortiano e il disincanto scettico. La sua Enciclopedia dei Misteri di Martin Mystère (1994) è un corridoio su cui si affacciano centinaia di portali magici: ognuno conduce a universi narrativi dal fascino profondo, in cui è facile perdere l’orientamento, disseminati come sono di paradossi e di straordinari stimoli creativi. È un gioco divertente quello proposto da Castelli nei suoi fumetti, le cui storie mescolano di continuo elementi di fantasia e solide evidenze documentarie; ed è per stare al gioco che si organizzano pellegrinaggi nei luoghi da lui descritti (scoprendoli del tutto aderenti alle tavole di Martin Mystère) o si concepiscono “variazioni sul tema” — come il mio “Attraverso lo specchio” ispirato ai vaneggiamenti del su citato Henry.
Dall’album dei ricordi spunta una fotografia scattata a Padova il 7 ottobre 2006: quel giorno, io e Alfredo avevamo tenuto due relazioni consecutive nell’ambito del convegno Paranormale, Watson? organizzato dal Cicap — e nell’occasione avevo definito addirittura “godurioso” l’universo letterario da lui creato.
A distanza di sei anni, e con un piercing in meno, non posso che riconfermarlo.
Grazie Alfredo.
Note
1. Alfredo Castelli, Martin Mystère, 285 (2006).
2. Louis Pauwels e Jacques Bergier, Il mattino dei maghi, Mondadori, Milano 1960.
3. Alexander K. Dewdney, “Digital prestidigitation: the fine art of magic and illusion by computer”, in Scientific American, vol.255, 1986.