Mariano Tomatis, 15 agosto 2010
Il Santo Graal a Torre Canavese
Quindici anni fa, la visione di Indiana Jones e l’ultima crociata mi aveva “iniziato” alla ricerca del Santo Graal, la mitica coppa di Cristo. Interessato ad approfondire le origini storiche del mito, mi ero messo alla ricerca dei libri che ne parlavano. Mi aveva subito colpito la varietà delle teorie sul luogo ove oggi riposerebbe. Non potevano essere tutte contemporaneamente vere: quante coppe sarebbero state necessarie per trovarsi a Valencia, Glastonbury e Rosslyn contemporaneamente?!
Avevo quindi deciso di contribuire alla confusione generale con la mia personale versione dei fatti, e poiché doveva trattarsi di un esercizio di stile, volevo “dimostrare” la cosa più assurda che mi fosse venuta in mente. Scelsi di collocare la coppa di Cristo a Torre Canavese, un piccolo villaggio di campagna ai piedi delle Alpi piemontesi.
Torre Canavese
Nell’aprile 1996 pubblicai un libretto intitolato Il Santo Graal a Torre Canavese. Con un gioco di citazioni, tutte opportunamente referenziate, raccontavo il percorso che la reliquia avrebbe seguito dalla Terrasanta al Piemonte: il viaggio sarebbe avvenuto per mano di Guglielmo VI di Monferrato, che nel 1225 l’avrebbe sottratta ai Cavalieri Templari per custodirla in un primo tempo a Ivrea, nella chiesa di Sant’Ulderico. Da qui, il Graal sarebbe stato trasferito a Torre Canavese all’inizio del XV secolo, e nascosto sulle colline dietro il paese.
Il parroco del paese don Leandro Cima (1918-1999), sacerdote, poeta e scrittore, colse tra le pagine del libro la forza archetipica della coppa. Iniziò dunque a parlarne durante le omelie domenicali, citando la teoria del “giovane storico (?) torinese” che era presentata come verosimile in diversi articoli del bollettino parrocchiale. Ecco un estratto da quello pubblicato nel marzo 1997:
Col titolo di “Il Santo Gral a Torre Canavese” ci è giunta una pubblicazione: il nome dell’Autore Mariano Tomatis a tutta prima ci sorprende: è quello del nipote di Emilio Antoniono di Torre e dimorante in Torino. Il suo modo di esprimersi è squisito e non meno la linea che come storico viene tracciando per ovvie deduzioni da avvenimenti di primo piano, quali ebbero seguito dal momento in cui Gesù pronunziò, dopo che sul pane, sul calice del vino, nell’ultima cena, le parole: «Questo è il mio sangue!». Questo calice chiamato nei secoli, fino ad oggi il “Santo Gral” viene ricordato nel Vangelo di Nicodemo... testimone della Passione e Crocifissione del Divin Maestro e fu tenuto da lui gelosamente in 30 anni di carcere fino alla distruzione di Gerusalemme da parte di Vespasiano e Tito e passato in altre mani dopo la sua liberazione cui seguì assai presto la morte... Fu custodito in luogo sicuro... Ma nel corso delle diverse crociate per la liberazione del S. Sepolcro di Cristo, fu cercato, conteso, posseduto... E di qui hanno origine le deduzioni che Mariano trae... per poter ammettere sicuramente che per tenacia di due famosi Crociati Corrado e Bonifacio I conti di Monferrato e Canavese, a perseguire un loro scopo preciso il santo Gral finito nelle loro mani, del Piemonte più non varcò i confini... Fu trafugato dai loro discendenti in qualche luogo della nostra terra canavesana nei dintorni di Ivrea! E qui il nostro caro Mariano che ama Torre, paesino ameno ma quasi nascosto in mezzo al Canavese assottilizza le sue ultime deduzioni... C’è una regione nella vasta area di questo Comune detta Caraver. C’è nel cuore di essa nel folto del bosco un pilone corroso dal tempo raffigurante fra i segni della Passione, un calice da cui si eleva un serpente azzurro...
Il pilone cui faceva riferimento don Cima, molto danneggiato, ritraeva una deposizione di Cristo con san Giovanni che reggeva una coppa tra le mani:
Particolare dall’affresco della deposizione sul pilone di Caraver, realizzato da Pietro Peller di Nomaglio.
Proseguiva il sacerdote:
Ma al sommo della collina torrese a spartiacque fra Castellamonte ed Ivrea c’è l’antichissima cappella di San Giacomo, con accanto la casa dell’Eremita... un uomo che veniva pagato a custodire la chiesetta... Ma sono tanti gli indizi che egli rileva nel suo paesino per dire a conclusione della sua documentata, esauriente ed anche simpatica pubblicazione che merita di essere letta, meditata e presa come richiamo ad ulteriori ricerche... Non c’è nulla di ingenuo, nulla di temerario in essa perché a coronamento del suo proposito dice: “Quel questa ricerca ha voluto raggiungere è stata l’evidenza dei fatti: la prova storica che il santo Gral si trova a Torre Canavese”. (1)
Elio Guglielmetti, il vecchio sindaco del paese, raccontava di aver ricevuto diverse richieste di autorizzazioni per effettuare rilievi e scavi sulle colline intorno al paese, utilizzando dei metal detector.
L’11 ottobre 1998 Alleanza Cattolica e il Centro Studi Nuove Religioni organizzarono presso il castello di Torre Canavese un convegno dal titolo “Alla ricerca del Graal”, che coinvolse studiosi come Franco Cardini e Massimo Introvigne.
Nel 2000 il pittore G. Luciani regalò al comune di Torre Canavese un quadro a olio intitolato “Torrrre”, su cui sono ritratti i tre più importanti monumenti del paese, sormontati dal pilone del Graal — ormai diventato luogo simbolo del turismo esoterico torrese:
“Torrrre” di G. Luciani Clicca qui per vederlo su StreetView di Google.
Più di recente, su Il Giornale del 15 aprile 2004, Ilaria Dotta ha parlato di me come di
...uno studioso attento e audace, ma con un piccolo difetto: la troppa onestà. Già, perché alla fine è lo stesso Mariano Tomatis Antoniono a confidare che «è tutta una bufala». Un affascinante e ben costruito “falso storico”, frutto di un complesso gioco con la storia. «Leggendo i vari libri che narravano la storia del Graal e constatando che tutti risultavano estremamente affascinanti e assolutamente credibili, mi sono reso conto che c’era del “losco”. O meglio, che non si trattava altro che di un bellissimo gioco. E così, a un certo punto, ho deciso di giocarci anch’io». (2)
Il Giornale, 15.4.2004
Il 30 dicembre 2004 Torino Cronaca, in un articolo tra il serio e il divertito, apriva così:
Hanno messo l’Arca dell’Alleanza in Etiopia, Atlantide in Cile e la perduta Avalon in Inghilterra... Noi piemontesi potevamo essere da meno? (3)
Torino Cronaca, 30.12.2004
il 12 gennaio 2005 La nuova provincia di Biella ha dedicato al mio lavoro un lungo articolo, in cui si leggeva tra l’altro:
Lo studio di Tomatis si basa su una tradizione consolidata, secondo la quale, da oltre un secolo, si racconta che sulle colline di Torre Canavese sia nascosto un favoloso tesoro. Un argomento che indubbiamente ha dato forza e credibilità alla sua teoria, [...] che è stata una delle più solenni burle, entrata a pieno diritto nel novero delle leggende metropolitane degli ultimi anni. [...] In effetti il Graal e la sua storia appartengono alla mitologia e dovrebbero essere interpretati con questi strumenti anziché con quelli della storia. In questa sfasatura risiedono gli equivoci che hanno alimentato molta saggistica. (4)
La nuova provincia di Biella, 12.1.2005
Il 1° agosto 2005 La Voce del Canavese ha riportato l’ipotesi privandola di tutti gli elementi parodistici e senza citare il mio nome: la leggenda è ormai matura, e pronta a camminare da sola. Le domande diventano affermazioni:
La storia dice che i Marchesi del Monferrato sottrassero la reliquia ai templari, in Gerusalemme, durante una crociata. [...] L’oggetto viene quindi custodito dai Marchesi ad Ivrea. [...] Tra il 1412 e il 1426 quindi il Graal raggiunge Torre Canavese. La prova più importante a favore di questa tesi è il famoso pilone votivo in zona Caraver. La parte dell’immagine che il tempo ha risparmiato mostra San Giovanni. In mano regge proprio il Santo Graal. (5)
Il 28 aprile 2008 La Voce fa un passo indietro: Stefano Bongi sottotitola il suo lungo articolo “Uno degli scherzi più riusciti della storia. Decine di novelli Indiana Jones cercarono il sacro calice armati di pala e piccone”:
La precisa narrazione degli eventi, supportata da anni di studi sull’argomento, portano più d’una persona a considerarla seriamente. Il primo è l’allora parroco don Leandro Cima. Per caso si imbatte nel libro di Tomatis. Lo legge con attenzione non credendo ai propri occhi. Tutto gli sembra verosimile e corrispondente ai fatti storici risalenti a secoli e secoli fa. Don Leandro la domenica successiva decide di parlarne ai fedeli durante la predica. Apriti cielo. La leggenda si diffonde in tutto il paese alla velocità della luce. Anche nei comuni vicini non si parla d’altro. Insomma, diventa l’argomento clou. Quello che apassiona tutti: giovani e vecchi, istruiti ed ignoranti. Dal bar alla bocciofila, dalla biblioteca all’oratorio non c’è luogo in cui qualcuno non azzardi ipotesi sulla coppa divina. Insomma, alla ricerca di Mariano, si era aggiunta anche la benedizione di santa romana Chiesa, o perlomeno di un suo rappresentante canavesano. Quell’articolo è il sigillo finale su uno scherzo che stava diventando piano piano qualcosa di più. Una leggenda destinata a durare per anni e fors’anche per decenni. Si dice che qualcuno si fosse addirittura messo di buona lena a cercare il sacro calice. Più d’un novello Indiana Jones viene sorpreso a scavare, con tanto di pala e piccone, negli angoli remoti del comune. (6)
Questo è il pilone di Caraver, così come appare oggi:
Note
1. Leandro Cima, L’amico — Lungo la via, marzo 1997.
2. Ilaria Dotta, “Il sacro calice è nascosto nel Canavese”, Il Giornale, 15.4.2004.
3. Valerio Grosso, “Il Santo Graal è a Torre Canavese”, Torino Cronaca, 30.12.2004.
4. “Il Graal nel Canavese: tra il mito e la storia, vince la burla contro le mistificazioni” in La nuova provincia di Biella, 12.1.2005.
5. Tommaso Pimpinella, “Simboli massonici” in La Voce del Canavese, 1.8.2005.
6. Stefano Bongi, “Il Santo Graal è a Torre Canavese?” in La Voce del Canavese, 28.4.2008.