Roselina Salemi

Uomini cioè maghi

Conigli che saltano fuori dai cilindri e mazzi di carte dispettosi, nodi che spariscono e parole magiche (qualcuna ci riecheggia nelle orecchie da quando eravamo bambini: abracadabra, sim-sala-bim o anche biddibi-boddibi-bu) senza contare apparizioni e sparizioni, telecinesi e lettura del pensiero con eventuali sconfinamenti nel paranormale. La magia era sacra ed è diventata spettacolo di serie B, era mistica ed è finita nei teatri, arte minore, o nel peggiore dei casi, un imbroglio, come far seminare zecchini d’oro in un campo con l’idea che possa crescere un albero di monete. Eppure c’è chi si batte per restituirci il senso della meraviglia che l’esercizio della razionalità ci ha fatto dimenticare. Ferdinando Buscema, 39 anni, ingegnere meccanico, affilato, controllato, ha scommesso su un mestiere alquanto nuovo – o forse antichissimo – e non facile da spiegare senza l’ausilio di un filmato su You Tube: il magic experience designer, il creatore di esperienze che riportano lo stupore in un mondo così affollato dai miracoli della tecnologia che niente più ci sorprende.

L’hanno preso sul serio: invitato all’università di Stanford a parlare di leadership al dipartimento di Ingegneria e Design, collabora con il Fetzer Institute e Ferrari. All’idea di farci meravigliare, a metà tra il gioco, la performance, e la falsificazione del reale nel senso di Borges, ha dedicato un saggio pensato per otto anni, “L’arte di stupire” (Sperling & Kupfer, esce in questi giorni), firmato con Mariano Tomatis, 37 anni, “wonder injector”, scrittore, curatore del museo di Rennes-le-Château: autore, tra l’altro, di una biografia del mago-sensitivo-veggente Gustavo Rol. «L’arte di stupire spiega come portare magia nella vita di tutti i giorni, realizzando esperienze per amici e conoscenti ma anche in ambito aziendale, per incantare clienti e colleghi. Un percorso attraverso le stanze di un museo delle meraviglie», dice Buscema.

Magicamente, ovvio, L’arte di stupire ha trovato autorevoli endorsement: dal collettivo di scrittori Wu Ming a B. Joseph Pine II, che teorizza la “economia delle esperienze”, da Mihaly Csikszentmihalyi, fondatore della psicologia della felicità, a David Pescovitz, managing partner e co-editor di “Boing Boing”, il più importante blog tecno-culturale americano (cinque milioni di visitatori al mese). I nuovi maghi, secondo Wu Ming non saranno un’élite: «Saremo noi, noi tutti, nessuna casta sapienziale, nessun superuomo, magia al popolo! Fuori dagli spazi ristretti dei teatri e dei club, fuori dalla scatola sempre meno magica della tv, fuori dagli antri degli scuroveggenti e dei paragnosti figli di paragnosti, incanto e consapevolezza possono e devono unirsi, per arricchire di vita la vita».

Un incontro con Ferdinando Buscema, anche al tavolo di un bar affollato di Milano, è divertente, ma soprattutto spiazzante. Non solo perché pensi al numero che hai appena visto sulla faccia di un dado, e lui lo indovina tre volte su tre, ma perché i suoi riferimenti sono Kierkegaard, Erone di Alessandria (il matematico che aveva inventato l’apertura automatica delle porte di un tempio e i devoti la vedevano come espressione del divino) la Bibbia, Einstein e Steve Jobs, che «usava regolarmente la metafora della magia per presentare i suoi prodotti. Diceva: i computer non fanno altro che prendere numeri e mescolarli, ma lo fanno a una velocità tale che il risultato è magico».

Buscema ha cominciato i con i giochi di prestigio a sette anni, e a quindici teneva già spettacoli. La laurea in ingegneria e il breve transito in azienda non l’hanno distratto dalla sua vocazione. Si è assunto il compito di far uscire la magia dall’illusionismo pop del trucco-che-c’è-ma-non-si-vede, e riportarla nell’esistenza quotidiana, scompigliandone la prevedibilità. «Osservando gli impiegati sulla metropolitana, Chesterton si chiedeva perché fossero così tristi e annoiati», racconta: «È semplice: perché conoscevano la destinazione.

A Milano, superata Porta Garibaldi, la stazione successiva è Moscova. E se fosse inaspettatamente quella di Shibuya a Tokyo? Beh, è successo. Il 21 gennaio 2013, da Garibaldi il treno ha imboccato, diciamo così, un tunnel spazio-temporale ed è arrivato in Giappone: 9.700 chilometri di distanza in poco più di un minuto. È stata un’idea di Fastweb, che ha chiesto alla M&C Saatchi di progettare un’esperienza magica. Con una squadra di operai e un buon numero di comparse giapponesi, Moscova è diventata Shibuya: insegne, cartelloni pubblicitari e monitor con ideogrammi, una voce di donna che annunciava l’arrivo dei treni in giapponese e in inglese. L’evento è finito su YouTube, nello stupore generale. All’uscita, l’unico cartello in italiano associava l’esperienza a Fastweb, rivolgendo la domanda «La tua linea va così veloce?».

Buscema e Tomatis credono nell’economia del dono, non pensano cioè che l’evento debba essere finalizzato a un risultato misurabile (pubblicità, nel caso di Fastweb), basta che produca meraviglia. Per esempio far credere a un tassista newyorchese che, grazie a lui, due innamorati erano riusciti a ritrovarsi. L’idea è piuttosto filosofica: «Creare qualcosa di magico metterà in moto atteggiamenti, comportamenti e risultati che si tradurranno in ricordi memorabili». Mariano Tomatis racconta dello zio, che vedendo il suo stupore di bambino davanti all’uovo appena deposto da una gallina, metteva di nascosto altre uova nel nido perché lui le trovasse e ne fosse felice. Ferdinando Buscema ricorda quando ha creato per la sua compagna una situazione “magica”: lei era la milionesima cliente di un ristorante e riceveva una penna in regalo.

Sono in buona compagnia. «Ci sono stati Doug e David, i due burloni autori dei famosi “cerchi nel grano”, considerati di origine extraterrestre. Si sono autodenunciati, ma la loro opera è rimasta circondata da un alone di mistero, tanto che sono stati invitati a continuare. C’è Improv Everywhere, un gruppo il cui obiettivo è iniettare massicce dosi di divertimento in luoghi di solito grigi e tristi, coinvolgere perfetti sconosciuti in esperienze uniche e offrire loro storie originali da raccontare. Usano lo strumento dello scherzo benevolo: in sette sono saliti sulla metro in boxer fingendo di non conoscersi e hanno comprato un paio di pantaloni da una “venditrice” che non era lì per caso. Ci sono i Semagoediv che operano a New York, ma hanno scelto “il lato oscuro”. Nato nel 2002 da un’idea di Brock Enright, il gruppo organizza finti rapimenti su commissione, documentati con la telecamera ed esposti come installazioni artistiche».

Per chi vuole un’esperienza magica, il 12 aprile a Torino (Circolo dei Lettori) e il 28 maggio a Milano (Impact Hub) la presentazione-spettacolo del libro L’arte di stupire ha come primo obiettivo quello di non smentire il titolo. Una bella scommessa: «Oggi chi sale sul tram non sa come funzioni, ma sa che non è mosso da propulsioni mistiche. Il fulmine che cade non è dovuto alla furia di Giove, né i terremoti alle punizioni di una divinità. Insomma, il mondo contemporaneo ha perso l’incanto di un tempo perché si è “de-misterizzato”. Quelli come me tentano l’operazione contraria».

Così, anche una Moleskine può diventare magica, e Buscema-Tomatis l’hanno realizzata. «Riflettendo su una frase di Martin Luther King («Il Potere senza Amore è sconsiderato e aggressivo; l’Amore senza Potere è sentimentale e anemico») abbiamo fatto stampare sulla copertina tre immagini. Alle due estremità, l’icona del power («potere») e un cuore («amore»); al centro, un ibrido che li fondeva. A riposo, l’elastico è sul cuore. Per spostarlo sul simbolo del potere serve una tensione notevole. Per mantenerlo sul simbolo centrale, il giusto mix tra potere e amore, è necessaria una forza in Newton pari a 1,618, che guarda caso è il numero aureo, ideale di armonia e principio ordinatore di fenomeni naturali e artistici. Sarà un caso? Forse è davvero magia…

  Fonte Roselina Salemi, “Uomini cioè maghi”, L’Espresso, 4.4.2014, pp. 140-1.

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